In controluce alla storia recente dellarchitettura della memoria in generale, e di quella ebraica in particolare, lesito del concorso per il Meis di Ferrara segna un episodio di particolare interesse.
Il progetto svicola infatti dalla dicotomia tra gestualità a vario titolo decostruttivista e minimalismo asettico. La funzione museale ne risulta di conseguenza né aggredita né sterilizzata. Evocando il libro come chiave di volta del progetto, il progetto interroga apertamente i valori simbolici che il tema implica e li integra in un programma di valori duso centrato su flessibilità degli spazi espositivi e permeabilità del recinto museale, che ha convinto la giuria e che è mancato nella stessa chiarezza agli altri progetti premiati. Il museo viene visto come parte della città, aperto a tutti nei suoi locali di servizio e circondato da un giardino che diventa parte del verde pubblico urbano.
Di fronte al dilemma se larchitettura della memoria debba essere generatore o contenitore di significati la giuria ha scelto un progetto che non preclude nessuna delle due alternative. Rispetto allarchitettura contemporanea della memoria ebraica non è una scelta scontata. Se il museo di Daniel Libeskind e il memoriale di Peter Eisenman a Berlino sono esiti estremi della prima opzione, anche la scelta opposta – architettura come contenitore di significati – ha avuto spazio (e meno eco), per esempio nel museo dellOlocausto di Houston (1993-1996) di Ralph Appelbaum (se si prescinde dalle sei colonne in acciaio che evocano i sei milioni di uccisi) o nella sistemazione dellex campo di concentramento di Herzogenbusch (2000-2002) in Olanda, di Claus en Kaan.
Nellarchitettura contemporanea della memoria ebraica anche la simbologia del libro non è scontata, paradossalmente, e quando Zvi Hecker ha evocato la forma del libro aperto lo ha fatto in un edificio per linfanzia e in forma mediata, per generare la pianta della sua scuola Heinz Galinski di Berlino (1990-1996).
Nel progetto vincitore per il Meis il libro e la scrittura compaiono invece in alzato e senza mediazioni, con un ventaglio di accezioni che possono andare da quella descrittiva a quella evocativa. Di fronte alluso della scrittura come tema di prospetto è difficile trovare un archetipo alternativo alla biblioteca di Sainte-Geneviève, per le cui facciate Henri Labrouste redasse nellestate 1848 un elenco di 810 nomi di autori (aperto con Mosè) da scolpirsi a evocazione del contenuto delledificio e a sua consacrazione come luogo eletto del sapere aperto a tutti.
Analogamente, il progetto vincitore del Meis è un libro della memoria che, fatto architettura, può diventare luogo della memoria. Questo passaggio si compie proprio nella sintesi tra valori simbolici e valori duso compiuta nei setti-libro, che non solo scandiscono la linearità degli spazi interni ma sovrappongono funzione portante, funzione schermante e ospitalità al simbolo. Larchitettura che generano è «letteralmente» scritta, e quindi non urlata ma non afasica; simbolica e dunque monumentale come il tema richiede, senza tuttavia diventare un a-priori rispetto alla propria destinazione di contenitore.
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