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Written by: Inchieste

Il caso Cinque Terre

Nel dicembre del 1997 l’Unesco dichiara il territorio delle Cinque Terre patrimonio dell’umanità. Negli stessi giorni, nel tratto di costa antistante, il ministero dell’Ambiente istituisce l’Area marina protetta e, due anni dopo, nell’ottobre 1999, il Parco nazionale, che assume anche la gestione dell’Area marina. I tre riconoscimenti presentano significativi aspetti innovativi. Insieme alla costiera amalfitana è il primo sito italiano, e tra i primi nel mondo, riconosciuto dall’Unesco come «paesaggio culturale», categoria introdotta nel 1992 per tener conto di ambiti nei quali è impossibile distinguere tra fattori naturali e fattori umani. Il Parco nazionale, per la prima volta in Italia, è istituito su sollecitazione delle comunità locali e non contro di esse; inoltre è diverso dai precedenti per dimensione, poiché di gran lunga il più piccolo, e per significativa presenza umana. Nel suo complesso prospetta la possibilità d’integrare in maniera esemplare ambiente e paesaggio, terra e mare.
La concomitanza dei tre riconoscimenti segna il cambiamento dei destini del territorio e dei suoi abitanti. Si deve in gran parte alla capacità e alle modalità con cui sono state colte le opportunità che si offrivano se, in dieci anni, questo tratto di costa del Levante ligure, prima marginale e poco conosciuto, è uscito dall’anonimato ed è diventato attrazione a livello internazionale per la bellezza del paesaggio e, caso esemplare, per l’integrazione tra politiche di tutela paesaggistica e ambientale e politiche di sviluppo sociale ed economico.
Il caso delle Cinque Terre è interessante per i temi e i problemi che mette in campo, per le contraddizioni e le aporie che ha affrontato e superato. Nel passato ha mantenuto integri i valori ambientali e paesaggistici grazie alla chiusura al mondo esterno; sia per difficoltà di accesso da terra, a causa della dorsale montuosa che la separava dalle principali vie di comunicazione, sia per difficoltà di accesso dal mare, a causa della difficile esposizione costiera, pressoché priva di approdi sicuri. Oggi la sua apertura internazionale è garanzia non solo per lo sviluppo sociale ed economico, ma anche per la conservazione del paesaggio e dell’ambiente; patrimonio su cui si basa lo sviluppo.
Il Piano del Parco, adottato ma non approvato, ha efficacia di reale piano intercomunale, poiché integra i piani comunali, sostituendosi a essi, e di piano organico e globale, poiché rende complementari i piani di settore; ma ha anche efficacia di supporto alle attività socioeconomiche, di salvaguardia ambientale (leggi 394/91, 183/89, 180/98) e di tutela paesaggistica, richiesta dall’Unesco e in linea con la legge 42/04. I comuni hanno stipulato un’intesa con il Parco, in cui si sono impegnati a sostituire il Piano del Parco ai piani comunali con l’esclusione delle zone corrispondenti ai centri costieri. In tal modo il Piano del Parco vige in maniera indifferenziata in tutto il territorio dei comuni di Monterosso, Vernazza e Riomaggiore e nel territorio dei comuni di La Spezia  e Levanto che rientra nei confini del parco.
La gestione e il governo del territorio sono radicati nella governance locale, che proietta le prospettive economiche nel panorama del turismo globale e che di fatto, anche se non formalmente, corrisponde al piano di gestione richiesto dall’Unesco. Molte sono le ragioni per mettere in luce gli aspetti esemplari e innovativi dell’esperienza delle Cinque Terre, ma anche per non trascurare le eventuali ombre che possono esserci state. Il processo di sviluppo, non solo economico e sociale, ma anche comportamentale e culturale, è stato molto rapido; probabilmente le strutture organizzative e amministrative non hanno avuto un’evoluzione coerente a quello sviluppo, ed è ormai tempo che siano messe in grado di sostenerlo.

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Last modified: 13 Luglio 2015