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Written by: Inchieste

Concorsi in Italia. La parola ad Alfonso Femia e Gianluca Peluffo

Titolare dello studio genovese 5+1AA.Attraverso i concorsi, gli enti pubblici hanno perseguito non solo politiche territoriali ma anche di autopromozione. Sul totale dei concorsi banditi nell’ultimo decennio, un elevato numero è rimasto sulla carta. Attraverso la Vostra esperienza, quali potrebbero essere gli interventi per rendere effettiva la concatenazione tra bando, assegnazione dell’incarico ai vincitori, realizzazione dell’opera?
In Italia, nei fatti, il concorso di architettura non esiste. Ovvero non esiste come strumento per trasformare la realtà. Se il progetto si deve realizzare, il metodo ormai usato frequentemente è «l’appalto di servizi con l’offerta economicamente più vantaggiosa», i cui esiti sono spesso sanciti da ricorsi e/o che vivono con la spada di Damocle di punteggiatura, firme, calcolo fatturati, categorie lavori e certificati di buona esecuzione. Il tutto con quella grande «creatività» che contraddistingue il nostro sistema paese e che si traduce con modalità sempre diverse per ogni bando di gara, ma sempre con un unico scopo: la deresponsabilizzazione della pubblica amministrazione nel processo decisionale, attraverso numeri, percentuali, indici, interpretazioni fantasiose di norme europee.
Uno scandalo grigio e silenzioso.
Se il progetto ha poche probabilità di realizzazione, allora viene usato il concorso d’idee. Questa è la Fine dell’Impero? È il grado zero di decadenza possibile? Sì, dato che tutto questo sistema scandaloso ha come scopo l’annullamento degli aspetti qualitativi, della responsabilità del pubblico, delle speranze dei giovani. La pubblica amministrazione ha inesorabilmente delegato il suo ruolo, tramite leggi che hanno spostato il baricentro e lo sviluppo dell’iter progettuale, nelle mani del privato (appalto integrato), e con la liberalizzazione delle tariffe (dl Bersani) ha dichiarato inevitabilmente la morte dell’architettura e peggio ancora uno stato di decadenza per lo sviluppo del paese che non potrà non avere dei contraccolpi reali: l’affidamento d’incarichi con ribassi oltre il 50% (ormai la media) non può e non potrà mai garantire la qualità (in senso non estetico ma costruttivo e d’interesse pubblico) del risultato.
Così si è arrivati a bandi basati su preliminari fatti da un progettista, per gare di affidamento dei definitivi da delegare ad altri e progetti esecutivi spesso da affidare alle imprese… e in tutti questi passaggi tutto può succedere oltre a non comprendere quale progetto sarà realizzato e chi ne sarà il responsabile.
Cosa cambiare? Molto. Che cosa possiamo sperare?

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Last modified: 17 Luglio 2015