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Written by: Progetti

Ricetta un po’ insipida per il tonno Florio

favignana (trapani). Improduttivo e in stato di totale abbandono dalla fine degli anni settanta del Novecento, l’ex stabilimento Florio, acquisito dall’Assessorato ai Beni culturali e ambientali della Regione Sicilia negli anni novanta, riapre al pubblico. Si è concluso il restauro iniziato nel 2004 su progetto di Stefano Biondo, poi diretto e completato da Paola Misuraca con l’apporto della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Trapani. Finanziato con fondi europei del Por 2000-2006 (14.424.740 euro), l’intervento resta in attesa di fondi per il secondo lotto, relativo alle aree del mulino, della centrale elettrica, dell’officina meccanica.
Un recupero della memoria dei luoghi che va oltre la consistenza materiale dell’edificio e riguarda anche la storia di una comunità. Il legame tra l’isola e la tonnara è antico e già documentato da Tiburzio Spannocchi nella Descripcion de las Marinas de todo el Reino de Sicilia del 1578. Da questa data rappresentazioni cartografiche e documenti di diversa natura attestano con continuità il rapporto tra l’isola e la tonnara. L’ampia e distesa cittadella recintata che caratterizza il fronte del porto è ciò che resta a testimoniare questa storia secolare che culmina nella seconda metà dell’Ottocento con la gestione dei Florio. Quando Ignazio Florio, nel 1874, acquista le isole Egadi, incrementa uno dei settori dell’impresa familiare già impegnata nelle tonnare della costa palermitana. La nuova proprietà è suggellata dalla costruzione sul porto di una residenza progettata nel 1875 da Giuseppe Damiani Almeyda, allora architetto della famiglia. Sul versante opposto del porto, lo stabilimento produttivo, già imponente e segnato da addizioni e stratificazioni successive, viene ampliato in funzione della modernizzazione del sistema di lavorazione e conservazione del tonno. Se all’architettura della casa sono demandate istanze rappresentative, a quella dello stabilimento è invece richiesta funzionalità e per questo, probabilmente, i lavori vengono affidati al giovane ingegnere Filippo La Porta, allievo di Damiani Almeyda. All’interno di un grande recinto, su un’area di circa 35.000 mq, trovano posto edifici e spazi produttivi. Gli uffici per l’amministrazione sono collocati all’ingresso e attorno alla prima corte, secondo la tradizionale tipologia rurale del baglio (casa a corte); si susseguono, seriali e modulari, i grandi spazi flessibili per le diverse fasi di lavorazione dalla pesca all’inscatolamento.
Il progetto di restauro, preceduto da un’attenta ricerca storica, ha ricostituito l’integrità originaria dei luoghi con opere di consolidamento e ripristino. Il carattere conservativo dell’intervento si rispecchia nella scelta dei materiali usati: tufo, legno e intonaco tipici della tradizione costruttiva locale. Alla base del progetto è l’idea di ridare allo stabilimento una nuova centralità, non solo in relazione all’isola, attraverso la duplice destinazione di museo della tonnara e di luogo aperto allo studio e allo scambio culturale. Sono stati predisposti una sala conferenze, una foresteria, un ristorante, una caffetteria, una biblioteca e un centro documentazione, e definiti gli allestimenti permanenti dedicati alla memoria della tonnara: una collezione di fotografie e video sul tema della mattanza, proiettati su schermi oleografici negli spazi della stiva.
Tuttavia, funzioni e modalità di gestione (pubbliche, private o miste) degli ampi spazi restano ancora da definire. L’area di rimessaggio delle barche sarà destinata a una raccolta etno-antropologica, mentre il magazzino dell’inscatolamento a un’esposizione di archeologia subacquea e a una mostra sulla famiglia Florio. Numerose altre proposte sono state avanzate da soggetti diversi: un centro di produzione televisiva, un centro di ricerca dell’università o un acquario del Mediterraneo; ma il destino dello stabilimento dipende dalle scelte politiche. Non è difficile immaginare quanto abbia pesato sul lavoro dei progettisti un programma funzionale incerto e la sostanziale assenza della figura del committente. Ma il fascino di questi luoghi, con le ampie sale voltate in conci di tufo, le ciminiere in mattoni rossi e le antiche fornaci per la cottura del tonno, avvolge chi vi entra.

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Last modified: 17 Luglio 2015