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Antonio AngelilloWritten by: Progetti

Stadio di Braga +5

Ritornare dopo cinque anni nello stadio di Braga durante la partita di campionato della compagine locale contro il Benfica, decisiva per l’accesso alla coppa Uefa, è un’esperienza particolarmente emozionante. Non solo perché per la natura del tipo edilizio è l’evento stesso a permettere di apprezzare l’ingegno dell’autore, ma perché lo stadio di Braga è tra le opere più note e analizzate di Eduardo Souto de Moura, personaggio chiave dell’architettura portoghese dell’ultimo ventennio.
Certo, niente da paragonare con la complessità urbanistica dello stadio di Porto realizzato dallo studio Risco per gli stessi Campionati europei svoltisi in Portogallo nel 2004, né tanto meno con la capienza dei Mondiali di Francia o con l’esigenza rappresentativa delle ultime Olimpiadi di Pechino. Semmai, per le caratteristiche del sito, è più vicino al tema il progetto del complesso sportivo di Le Corbusier a Firminy (solo recentemente concluso con il completamento della chiesa): il recupero di una cava («pedrera») dismessa attraverso l’uso sapiente della sezione e soprattutto l’impiego del cemento armato a vista come elemento sobrio ed essenziale in rapporto con la matericità delle pareti rocciose. Eppure è proprio quel suo carattere freddo e anonimo che viene criticato per lo più dai cittadini di Braga, certamente abituati a stadi più appariscenti dai tratti spesso folklorici realizzati invece a Lisbona, dove più acuta si fa la competizione tra club per attrarre presenze paganti. Qui invece l’incremento degli spettatori registrato dalla costruzione del nuovo stadio è legato principalmente ai livelli di comfort raggiunti grazie alla copertura di tutti i posti a sedere con una coppia di pensiline tra loro solidali per via di cavi d’acciaio sospesi sul campo di gioco: un vero miracolo della tecnologia esibita, come del resto, nei doccioni metallici laterali che raccolgono l’acqua piovana. La chiarezza dei sistemi di accesso e circolazione ha permesso un migliore controllo dei flussi e una maggiore sicurezza nello stadio. L’avvicinamento di un pubblico normalmente escluso da tali eventi sportivi (donne, anziani e bambini) ha reso lo stadio un punto abituale d’incontro per compagnie e famigliole, creando di fatto una sorta di nuova piccola comunità che si ritrova in occasione delle partite casalinghe. A Souto de Moura, nativo di Braga, era ben noto che la disponibilità al dialogo e l’informalità nei rapporti dovuti alla tradizione di un mondo fatto di produzione e commercio qui, al nord, è la regola. Adeguati risultano allora essere, in quei 15 minuti in cui i giocatori discendono negli spogliatoi e il pubblico lasciando gli spalti occupa letteralmente lo stadio, tutti quegli ampi spazi di circolazione predisposti sotto le gradonate e attrezzati con servizi, bar e piccoli punti commerciali: ne scaturisce un pullulare d’incontri occasionali, saluti, contatti di lavoro e altro. Non a caso, una delle principali voci d’introito per la società sportiva è costituita proprio dall’affitto dei camerini ricavati tra le due gradonate, con vista privilegiata del gioco, sfruttati da società e imprese private durante gli eventi sportivi come vere e proprie sedi di rappresentanza, punti di riferimento per clienti e fornitori.
Peccato per la «sala ipostila» ricavata sotto la piattaforma in cemento armato che ospita il tappeto erboso del campo di gioco: lo spazio, pensato come piazza ipogea che avrebbe dovuto permettere il passaggio tra le due tribune, viene impiegato anche impropriamente come garage sotterraneo, sottraendogli parte del fascino e sicuramente rendendo impropria la sua principale funzione.
Ciò che sorprende sempre nei lavori di Souto de Moura è la reinvenzione del tema a partire dalle condizioni contestuali: lo stadio nell’epoca dominata dall’importanza della televisione non è solo un luogo che ospita un evento sportivo ma diviene esso stesso protagonista di una scenografia in cui gli spettatori giocano un ruolo decisivo. La scelta da molti criticata di trasgredire alla tradizione della pianta ellittica appare in questo senso ben motivata. L’esclusione delle curve ha permesso di concentrare sulla tribuna che fa da fondo alle riprese televisive la metà dei 30.000 spettatori previsti. Ciò ha consentito non solo di ridurre la fastidiosa visione di posti vacanti nelle partite meno importanti, ma di fare apparire lo stadio ben più grande e capiente di quanto di fatto sia. Inoltre le pareti rocciose laterali sostituiscono adeguatamente la presenza delle curve in quanto in termini di percezione conchiudono perfettamente il campo di gioco e condizionano acusticamente l’invaso. Si sa, il boato del pubblico coinvolge emotivamente i calciatori e condiziona lo spettacolo almeno quanto il gioco stesso.
È noto infine che la visione di un evento sportivo risulti decisamente migliore dalle gradinate più alte di una tribuna centrale piuttosto che da quelle che inevitabilmente sarebbero risultate basse in una curva di uno stadio di medie dimensioni. A proposito delle curve. Alla tifoseria ultrà, che qui in Portogallo non ha mai espresso eccessi violenti come in altre parti d’Europa, è stato riservato comunque un reparto specifico con accessi indipendenti e diretti per ognuna delle tribune.
Il pubblico si è rapidamente affezionato allo stadio per via dell’immediato esito positivo che ha ottenuto la sua immagine tra la critica sportiva e i mass media, e nonostante la collocazione rispetto al centro storico ha iniziato ad apprezzare le nuove attrezzature sportive di cui si sta arricchendo il parco nato per recuperare l’ex area estrattiva. Il successo di uno stadio moderno tra la popolazione locale ha favorito la stabilità della società sportiva che, anche grazie all’aumento delle sponsorizzazioni, ha dimostrato negli ultimi anni un particolare attivismo nel calcio/mercato e risultati invidiabili nelle classifiche nazionali (sempre entro le prime quattro squadre) e internazionali. Se, come sembra, lo stadio sarà indicato tra quelli che ospiteranno i prossimi mondiali della Penisola Iberica, forse Souto de Moura potrà apportare quelle correzioni per perfezionarlo alle esigenze sopraggiunte (spazi amministrativi e per gli allenamenti, vendita biglietti, museo, ecc.).
Per la cronaca, la partita è stata vinta dal Benfica per 3 a 1.

Autore

  • Antonio Angelillo

    Nato a Gorizia nel 1961, dopo la laurea in architettura a Venezia nel 1986 svolge un tirocinio con Alvaro Siza a Porto e dal 1989 al 1997 è redattore di «Casabella», pubblicando articoli e servizi sui fenomeni emergenti che attraversano l’architettura e la città contemporanea. Nel 1994 fonda il Centro Italiano di Architettura ACMA, di cui è direttore, e nel 2014 la piattaforma editoriale web paesaggio.it. Attraverso le svariate iniziative internazionali organizzate con ACMA e le frequenti pubblicazioni, in Italia ha contribuito a sensibilizzare alle problematiche connesse alle trasformazioni del paesaggio. Svolge attività di consulenza per enti ed amministrazioni. Per conto del MiBACT ha realizzato la procedura di selezione italiana per il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa. Dal 1986 svolge attività di ricerca e di docenza a contratto tenendo laboratori e corsi presso diverse università italiane (Venezia, Milano, Ferrara, Roma, Trento, Napoli, Cagliari, Perugia, Sassari). Dal 2008 è co-direttore del master in Architettura del Paesaggio della Universitat Politécnica de Catalunya di Barcellona organizzato da ACMA a Milano, nonché dei seminari internazionali estivi “Rifare paesaggi” realizzati in collaborazione con la Città di Lisbona.

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Last modified: 18 Luglio 2015