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Carlo OlmoWritten by: Forum

L’insostenibilità della parola sostenibilità. Non usiamola più!

L’insostenibilità della parola sostenibilità. Non usiamola più!
A proposito di lessico per l’architettura e per il progetto, commento e provocazioni di Carlo Olmo, fondatore de Il Giornale dell’Architettura

 

Penso di essere arrivato a non sopportare più l’uso e l’abuso del termine sostenibile. Parola davvero a disposizione di tutto e di tutti. La mia memoria mi ricorda che sino a tutti gli anni ottanta esisteva la parola ambiente (con tutti i suoi derivati) che portò alla quantificazione dell’impronta ambientale come misura della fattibilità di un intervento, a qualsiasi scala.

Quella parola è stata messa dolcemente in soffitta e sostituita da una parola senza padrone: sostenibilità. Si è sostenibili rispetto a uno scopo (economico, sociale, culturale), mai univoco e sottoposto a prova (come dovrebbe essere ogni parola che pronunciamo per non essere parola al vento). Così persino “The Line”, il progetto meno ambientale possibile, viene presentato come sostenibile, green, smart e governato dall’IA.

Ma lo sbaglio (clamoroso) è l’uso di una parola che è “adattabile a fini”. La sostenibilità economica nulla ci dice per quale economia è sostenibile. C’è chi, come il neo sindaco di New York Zohran Mamdani, ha rimesso al centro la sola sostenibilità sociale possibile oggi per una megalopoli: la città esiste se è accessibile ai più, se integra, se offre servizi, se fa incontrare, non se fa diventare merce ogni suo metro quadrato, uscendo da una rincorsa che esclude sempre più persone, attività, comunità dalla città stessa. La sostenibilità ambientale invece è una contraddizione in termini. L’ambiente è un valore assoluto, un valore che non ha una etero-finalità, mentre sostenibile è un compromesso tra valori e fini.

Forse fa parte di un machiavellismo che sta portando a una situazione sempre più grave. Basta guardare le diverse Agende che dovrebbero portare a emissioni zero che non solo non funzionano, ma non sono minimamente rispettate.

Si dovrebbe aggiungere che lo stesso vale per smart. La città nasce smart, rispetto a un mondo, e per una volta la sinteticità dell’inglese aiuta, che era wild. Certo non sono smart le smart city, perché l’intelligenza non è solo capacità di calcolo, concentrazione di strumenti di qualsiasi genere, ma è anche, e soprattutto, qualità delle relazioni non solo tra gli eguali, ma soprattutto tra diseguali. L’intelligenza è emotiva, e bisognerebbe capire che spesso l’intuizione nasce da un’emozione condivisa, da relazioni che non possono essere programmate.

Troppo a lungo abbiamo accettato le banalizzazioni, gli stereotipi, le parole slogan che sostituiscono la realtà. Sono tutte figlie di un rasoio di Occam volgarizzato.

 

Autore

  • Carlo Olmo

    Nato a Canale (Cuneo) nel 1944, è storico dell'architettura e della città contemporanee. E' stato preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino dal 2000 al 2007, dove ha svolto attività didattica dal 1972. Ha insegnato all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, al Mit di Boston e in altre università straniere. Autore di numerosi saggi e testi, ha curato la pubblicazione del "Dizionario dell'architettura del XX secolo" (Allemandi/Treccani, 1993-2003) e nel 2002 ha fondato «Il Giornale dell'Architettura», che ha diretto fino al 2014. Tra i suoi principali testi: "Le Corbusier e «L’Esprit Nouveau»" (Einaudi, 1975; con R. Gabetti), "La città industriale: protagonisti e scenari" (Einaudi, 1980), "Alle radici dell'architettura contemporanea" (Einaudi, 1989; con R. Gabetti), "Le esposizioni universali" (Allemandi, 1990; con L. Aimone), "La città e le sue storie" (Einaudi, 1995; con B. Lepetit), "Architettura e Novecento" (Donzelli, 2010), "Architettura e storia" (Donzelli, 2013), "La Villa Savoye. Icona, rovina, restauro" (Donzelli, 2016; con S. Caccia), "Città e democrazia" (Donzelli, 2018), "Progetto e racconto" (Donzelli, 2020)

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Last modified: 10 Novembre 2025