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Christian De IuliisWritten by: Progetti Senza categoria

Ri_visitati. Rezé, il Le Corbusier rimosso

Ri_visitati. Rezé, il Le Corbusier rimosso
Racconto dall’interno del secondo esperimento di Unité d’Habitation, alla periferia di Nantes. Dove l’utopia resiste, nonostante tutto

 

REZÉ (Francia). A 60 anni dalla scomparsa di Le Corbusier, visitiamo quella che è considerata, tra le Unité d’Habitation costruite, quella meno riuscita. 

 

Il passato

Nantes rappresenta un perfezionamento rispetto alla prima esperienza marsigliese”. Così nel novembre del 1955 scriveva “Domus” a proposito della nuova Unité d’Habitation, la seconda in ordine di tempo, realizzata da Le Corbusier alla periferia di Nantes, nella cittadina di Rezé. Un giudizio prematuramente benevolo per quella che, generalmente, viene considerata la meno riuscita delle 5 Unità di abitazione che l’architetto svizzero distribuì in Francia con uno sconfinamento a Berlino.

Oggi a 60 anni dalla morte del pioniere del Movimento moderno, il suo sogno visionario della Città radiosa mostra il fianco ma continua, con i suoi limiti e i suoi paradossi, ad incuriosirci. Di questo sogno l’Italia fu ispiratrice; si narra, infatti, che Le Corbusier iniziò a pensare ad un’Unità di abitazione visitando, allora soltanto ventenne, un monastero certosino sul monte Acuto dalle parti di Firenze.

Da allora l’idea di fondere architettura ed urbanistica gli danzò nella testa tanto da decidere di cogliere al volo la prima occasione utile, presentatasi molti anni dopo a Marsiglia, per realizzare il primo celebre modello, inaugurato nell’autunno del 1952. Pochi mesi dopo Le Corbusier posava la prima pietra nel cantiere di Nantes, affidandosi ad un programma di edilizia economica e popolare, una formula diversa e meno onerosa che lo costrinse a rivedere dimensioni e pretese: 294 appartamenti contro i 337 di Marsiglia.

Qualche centinaio di abitanti in meno a fronte dei circa 1500 che potevano essere ospitati nella prima unità d’abitazione. Per la nuova unità fu scelto il sito di Rezé, devastato dai bombardamenti alleati nel 1943, nei pressi di un bacino della Loira, area desolata e acquitrinosa. Tanto che i pilastri del lato nord furono piantati direttamente in uno stagno e gli abitanti accedevano all’edificio attraversando una sottile passerella in cemento.

Il presente

Siamo andati a visitare l’Unità per controllare la solidità della struttura oltre che del sogno, naturalmente. La verdeggiante Nantes ci accoglie con il suo clima mite, le macchine zoomorfe sferraglianti e le guglie del castello dei duchi di Bretagna, in una Étrange Été dedicata all’arte contemporanea: lungo la città si snoda una linea verde che unisce tutte le installazioni urbane, le mostre e gli eventi culturali. Fino a “Les Anneaux” i 18 cerchi di Daniel Buren (l’artista) e Patrick Buchain (l’architetto) sul porto vecchio, simbolo della rinascita della capitale dell’antico regno bretone.

L’enorme sagoma dell’Unità di Rezè sorveglia da sud, oltre i due rami della Loira, e si staglia così massiccia e altera che sarebbe impossibile non coglierne l’inquietante presenza. Le Corbusier sembra sparito dalla storia di Nantes, non ve n’è traccia nei tragitti turistici; nei bookshop scorrono le immagini dei bagnanti e degli antichi borghi, Jules Verne è l’eroe cittadino. Eppure noi siamo qui per il paladino del Plan libre e non ci faremo dirottare dalle avances della Ligne verte. Nella quieta piana di Rezé c’è una fermata del bus dedicata alla Maison Radieuse. Tanto verde, alberi di betulle nel prato, ma lo stagno è quasi sparito, come il ponticello. Resta un’essenziale scala rampante. L’effetto ottico dei colori primari, sul muretto del cortile, è immutato. Il gioco delle ombre pure. È silenziosa, prima e più che radiosa, questa fetta di città

La guida ci attende nell’atrio al piano terra, dove si svolgeva una sorta di mercato quotidiano e si potevano spedire pacchi e cartoline imbucandole in una fessura del lungo banco in cemento. Lo spiega mentre dagli ascensori spuntano condòmini di varia estrazione: una donna anziana, una famiglia di colore, un uomo dai tratti asiatici. Nel corridoio buio e piuttosto tenebroso di uno dei livelli, davanti alle cassette delle lettere gialle, rosse e blu, ricordiamo il principio delle case a pipa: numero civico pari si entra dal primo piano, dispari dal piano terra. In fondo sono case a schiera, con la doppia esposizione est-ovest, inserite in un blocco. L’uovo di Colombo lecorbuseriano per incastrare centinaia di appartamenti in un monolite di calcestruzzo.

Nell’appartamento 601, l’unico visitabile, tutto è rimasto come il primo giorno. Gli arredi, le pareti scorrevoli, il bagno come su una nave, la cucina d’antan; il modulor ci sorveglia mentre andiamo da un lato all’altro dell’abitazione tra mobilia in fornica e pavimenti in linoleum. Spazi minimi ma tutti a misura d’uomo, naturalmente. 

Saliamo sul tetto terrazza per scoprire che effettivamente non siamo a Marsiglia: niente verde ma solo tanto panorama e un asilo, ancora perfettamente in funzione, unico servizio pubblico presente nell’edificio. Nulla fa capire meglio ad uno studente di architettura, il principio della macchina da abitare che entrare fisicamente in una di queste Unità. Meglio di mille assonometrie, saggi, foto, spiegazioni.

E anche se, come ha sentenziato Luigi Prestinenza Puglisi (“L’Unità di abitazione di Nantes è come la seconda volta che prepari a casa uno stesso tipo di dolce. Non ti viene mai bene come la prima volta”), anche questo Le Corbusier merita la visita. 

Il futuro

Di Le Corbusier si possono dire molte cose, la metà delle quali anche molto brutte (la sua simpatia per Adolf Hitler ad esempio) ed anche sull’efficienza delle sue architetture (Villa Savoye era un colabrodo) o sulla spietata ideologia delle sue città alveari. Il giudizio della storia può essere molto crudele, ma il fascino del visionario continua a sopravvivere al tempo e ad evangelizzare gli architetti contemporanei.

L’Unité d’Habitation di Rezé dal 1971 ha iniziato a smantellare il sistema delle locazioni. Molte abitazioni sono diventate di proprietà e così praticamente tutte al proprio interno sono state modificate. Esternamente, viceversa, nulla è stato cambiato né lo si può fare.

Dopo un primo intervento di restauro del 1996, nel 2004 gli infissi e tutte le facciate sono state restituite all’originario aspetto. Dal 2001 è diventata Monument Historique; le visite guidate, due a settimana, sono sempre sold-out e vanno prenotate con grande anticipo, con buona pace della Ligne verte, che da qui nemmeno passa. 

 

Immagine di copertina: Unité d’Habitation di Rezé, Le Corbusier, basamento e pilotis (@Germana Buono) 

Autore

  • Christian De Iuliis

    Nasce, cresce e vive in costa d’Amalfi. Manifesta l’intenzione di voler fare l’architetto nel 1984, rendendolo noto in un tema in quarta elementare, raggiunge l’obiettivo nel 2001. Nel 2008 si auto-elegge “Assessore al Nulla” del suo paese. Nel 2009 fonda il movimento artistico-culturale de “Lo Spiaggismo”, avanguardia del XXI° secolo che vanta già diversi tentativi, falliti, di imitazione. All’attivo ha cinque mezze maratone corse e altrettanti libri pubblicati: “L’Architemario. Volevo fare l’astronauta” (Overview editore, 2014), “Vamos a la playa. Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens, 2016), "L'Architemario in quarantena. Prigionia oziosa di un architetto" (KDP Amazon, 2020), "L'architetto contro tutti" e "Il Nostromondo - le città invedibili" (2024). Ha ricevuto premi in diversi concorsi letterari. Premio PIDA giornalismo 2020 per la divulgazione dell'architettura. Si definisce architetto-scrittore o scrittore-architetto: dipende da dove si trova e da chi glielo chiede

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Last modified: 30 Settembre 2025