Il 3 ottobre, GENS Public Programme della Biennale di Architettura 2025 ospita nello Speakers’ Corner un convegno curato da Marco Visconti che ragiona sul progetto come esercizio etico che costruisce futuro, dialogo e responsabilità collettiva
“L’architettura corrisponde a organizzazioni formali dello spazio in equilibrio fra antico e contemporaneo”. Da questa riflessione di Giancarlo de Carlo traggono spunto i temi che verranno affrontati nell’ambito del convegno “Intelligenza e Democrazia in Architettura” (GENS Public Programme, Biennale Architettura 2025, Arsenale, Venezia, 3 ottobre, ore 11-17). Un dibattito animato in particolare da una constatazione di base: se è vero che l’economia di mercato ha logorato il sistema morale contemporaneo, compito dell’architettura è interpretare le ragioni della vita e del progresso all’interno di una cultura che vede l’uomo come protagonista del proprio tempo.
“La prima natura è data, la seconda natura è costruita dall’uomo” scriveva Goethe. Natura e opere dell’uomo sono strettamente collegate, mentre la tecnologia costruttiva adempie alle esigenze umane attraverso la trasformazione della natura.
L’edificio ideale deve porsi in profonda armonia fra uomo e natura, costantemente teso verso il futuro. Un’architettura democratica nasce quindi dal caso che dà forma al luogo in cui verrà realizzata la costruzione. Da tempo sappiamo che, come nell’evoluzione domina la scelta fra le opzioni più favorevoli, anche la forma spaziale interpreta il caso e si evolve in un processo di scelta ed anticipazione. Per caso, infatti, un edificio si trova in un certo luogo, e il progetto studierà la specifica circostanza per determinare un sistema ideativo in grado di rispondere ad un ambiente collocato in un vicino o lontano futuro.
Contribuendo a mettere in relazione i valori estetici del paesaggio esistente o integrato al nuovo, l’architettura deve mostrarsi intimamente attenta al bene comune: l’impiego etico della disciplina può infatti contribuire all’esercizio dei diritti civili, promuovendo un incontro fra saperi che si traduce in una equilibrata composizione delle loro migliori ragioni.
Ma il pensiero democratico corrisponde anche a un pensiero sostenibile, in cui si integrano e intrecciano paesaggio, cultura, etica, economia, energia e vita.
“Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante? Una vocazione anche nella vita di una Fabbrica?” S’interrogava Adriano Olivetti inaugurando nel 1955 lo stabilimento di Pozzuoli.
L’idea che ha guidato la progettazione della fabbrica Fiat di Melfi, ad esempio, è partita dall’interpretazione di un luogo definito dalle dolci colline che costituiscono il paesaggio circostante. Intendendo ridurre l’impatto visivo di edifici tanto vasti, le colline stesse sono state riportate nel cuore della fabbrica realizzando edifici curvi per uffici ristoranti e spogliatoi attraversati da luce zenitale.
Le forme dialogano secondo stratificazioni: i prospetti industriali sono stati disegnati come stratificazione di materiale, pannelli nervati color tufo alla base e fasce metalliche verdi alternate ad alluminio specchiante. Questo disegno di facciata riproduce la linea di orizzonte interrotta dai padiglioni industriali, e riprende nella zona frontale adibita a servizi la forma dell’antico anfiteatro costruito nella vicina città romana di Venosa. Il progetto ha doti di grande flessibilità e prevede che la fabbrica completata possa essere facilmente rimodulata all’interno o estesa all’esterno, in una logica di continuità formale.
Ad esempio le porzioni di “anfiteatro centrale” adibite a infermerie e spogliatoi sono spazi realizzati modulando la natura a raccordo di grandi piastre protettive a pianta curva. Abbiamo realizzato in origine una serie di lucernari opalini che illuminano in modo uniforme i vasti spazi interni; si tratta di una soluzione che, vista dalle vie perimetrali, risulta come una scansione grafica di elementi stampati chiari.
Oggi è allo studio il riutilizzo flessibile degli spazi per postazioni di lavoro. In questo caso la vista del cielo sarà fondamentale e le nuove “sfere di luce” attualmente allo studio in collaborazione con l’azienda Caoduro permetteranno di aumentare la riflessione naturale attraverso gli elementi specchianti di sommità. Il prototipo è realizzato tramite stampaggio di due porzioni sferiche in policarbonato trasparente fissate su riquadri metallici di raccordo alle solette. Lo specchio superiore anch’esso in plastica riflettente, è stato dimensionato secondo la media solare mentre una tenda oscurante copre il foro di base per impieghi al buio temporanei degli interni.
Immagine di copertina: ristorante aziendale dello stabilimento Ferrari a Maranello (Modena, foto di David Vicario)