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L’uomo che sussurrava ad Adolf Loos

L’uomo che sussurrava ad Adolf Loos
Una mostra al Ringturm Exhibition Center di Vienna svela e ricostruisce la figura storica, poco conosciuta, di Heinrich Kulka

 

VIENNA. Il Ringturm di Vienna ospita una interessante mostra che celebra la trascurata figura di Heinrich Kulka, architetto moderno atipico e riservato, noto agli specialisti soprattutto come autore del primo volume dedicato all’opera di Adolf Loos, suo maestro e mentore. Ma Kulka è stato qualcosa di più di un allievo e di un esegeta fedele del pensiero loosiano: è stato la mano destra del maestro di Brno e la sua ombra e, infine, quasi il socio professionale negli anni più difficili della sua tormentata carriera. 

 

Studente, assistente, socio

Alcuni dei capolavori loosiani più famosi – l’Haus Müller a Praga o l’Haus Kuhner a Payerbach, tanto per citarne due – probabilmente non sarebbero mai stati realizzati senza il suo silenzioso e paziente impegno. 

Lo stesso principio teorico del Raumplan, forse il più famoso concetto dell’architettura moderna europea, ci è noto principalmente per la descrizione che Kulka ce ne offre, per la prima volta, all’interno del suo prezioso volume dedicato al venerato maestro in occasione del suo sessantesimo compleanno. Nella brevissima introduzione a questo libro, Loos lo chiama “studente fedele e custode” dei suoi stessi pensieri, ringraziandolo per essersi assunto il compito, negli anni gravi della sua malattia, di rappresentarlo “sotto ogni punto di vista”. Basterebbe questo a giustificare la necessità di una approfondita indagine critica e storiografica sull’opera di Heinrich Kulka. 

La mostra, oltre a precisare il profilo, sin qui sfocato, del giovane assistente di Loos, si sofferma anche su alcuni progetti dove il suo apporto è particolarmente importante – l’abitazione modello nella Werkbundsiedlung a Vienna e la Siedlung Moller – oltre a presentarci alcuni inediti edifici di notevole interesse, come l’Haus Kantor a Gablonz, oggi Jablonec, o l’appartamento Semler a Pilsen, entrambi nella natìa Moravia.

Tra Europa e Nuova Zelanda

Heinrich (Jindřich) Kulka nasce al sorgere del XX secolo, a Litovel (o Littau), una modesta cittadina della Moravia asburgica, prossima al confine ungherese. Nel 1918 inizia a studiare architettura presso la Technische Hochschule di Vienna, frequentando parallelamente la celebre Bauschule privata di Loos. Dopo esser risultato vincitore in un concorso riservato agli studenti della scuola, Kulka diviene collaboratore nello studio professionale di Loos e suo assistente principale negli anni 1920-23. Ha esattamente 30 anni meno del suo maestro. 

Collabora alla stesura del pamphlet di Loos “Parole nel vuoto” (1921) e ha l’opportunità di seguire il progetto dell’Haus Rufer, manifesto costruito del Raumplan loosiano, oltre a partecipare all’icastico progetto per la nuova sede del Chicago Tribune. Seguono alcune esperienze presso diversi studi di architettura, fra cui si segnala la collaborazione con Josef Frank per il Weißenhof di Stoccarda. Dal 1927 è a Parigi, nuovamente con Adolf Loos, di cui sviluppa i principali progetti fino a diventarne l’architetto associato dal 1928 alla morte del maestro, avvenuta nel 1933. 

Alla scomparsa di Loos, Kulka sviluppa una propria attività professionale in Moravia, almeno fino a quando l’avvento del nazismo non lo costringe a nascondersi e poi ad emigrare. Dopo vari tentativi falliti, riesce ad ottenere fortunosamente un visto per la Nuova Zelanda dove arriva nel 1940. Grazie alla sua notevole esperienza, viene assunto in un grande studio professionale di Auckland, la Fletcher Construction Company, dove lavorerà per molti anni. Fra i suoi progetti principali compaiono alcuni edifici industriali ad Hamilton. Dal 1960 apre un proprio studio professionale, realizzando principalmente residenze unifamiliari con strutture leggere in legno massello e compensato. 

La maggior parte dei suoi lavori è stata demolita o rimaneggiata, ma alcuni edifici sono sopravvissuti e sono attualmente oggetto di un crescente interesse da parte della critica locale. A ragion veduta, il suo lavoro di architetto è considerato, in Nuova Zelanda, come quello di uno dei pionieri dell’architettura moderna nel paese e diverse pubblicazioni sono recentemente apparse sulla sua opera.

Un approfondimento necessario

L’esposizione al Ringturm ricostruisce, con colori e rivestimenti, l’intensa materialità dei progetti di Kulka. Sulla base di un esame rigoroso di documenti e materiali grafici, la mostra vuole tracciare un quadro preciso del suo contributo allo studio professionale di Loos. 

Era già noto che Loos fosse stato capace di circondarsi di ottimi collaboratori, come pure che negli ultimi anni della sua attività, travagliato da malattie e da un avvilente processo, non avesse avuto modo di impegnarsi a fondo nell’attività professionale. In questa delicata situazione, Kulka ha potuto – e certamente dovuto – svolgere un ruolo molto attivo nella realizzazione degli ultimi capolavori. Tuttavia, non si può nascondere un leggero fastidio quando la mostra indulge eccessivamente nell’analisi documentale per cercare di individuare l’apporto personale di Kulka alle singole opere. 

Se, al contrario, guardiamo le sue realizzazioni autografe dopo la morte di Loos, è facile vedere che esse continuano a sviluppare coerentemente le principali idee e soluzioni del maestro scomparso. Ancora più evidente, nei suoi progetti del secondo dopoguerra, è da una parte il filo doppio che lo lega all’eredità loosiana e, dall’altro, lo sviluppo di una produzione pacatamente modernista, orientata verso modelli americani di larga diffusione, in cui la parte più originale risiede nell’accorto impiego strutturale dei materiali da costruzione. 

Come molti uomini della sua generazione, Kulka ha vissuto due vite intense e differenti, agli angoli opposti del globo. Le terribili vicissitudini da lui affrontate dopo il 1938 sono anche quelle di una larga schiera di architetti ed intellettuali europei che sono stati costretti dalla violenza nazista a percorrere le molte strade di una diaspora dolorosa. Come noto, questa dispersione ha prodotto la disseminazione delle teorie del moderno in ogni angolo del mondo. Ed è davvero sorprendente scoprire oggi che, proprio grazie all’opera di Kulka, l’architettura moderna in Nuova Zelanda possa vantare una diretta, quanto inaspettata derivazione dal lavoro e dalle idee di Adolf Loos.

Quando Kulka torna nuovamente a Vienna, nel 1966, confessa candidamente, a proposito del suo magistero d’anteguerra, di aver sempre voluto restare sullo sfondo. Ed è così che ci piace ricordarlo, come appare nelle foto dei felici anni venti, col giovane viso appuntito ed affilato, sempre un passo indietro ma subito accanto al suo venerato eccentrico e brillante maestro.

Immagine di copertina: allestimento “Heinrich Kulka (1900-1971). The Spatial Plan as a Design Method”, Vienna, Ringturm, 2025 (© Laura e Gianluca Frediani)

 

Heinrich Kulka (1900-1971). The Spatial Plan as a Design Method

8 luglio – 7 novembre 2025

Exhibition Centre Ringturm. Schottenring 30, Vienna 

A cura di Adolph Stiller con la consulenza scientifica di Jan Sapák e Stephan Templ

https://www.airt.at/en/projects/kulka/

Il catalogo della mostra è curato da Adolf Stiller: “Architektur im Ringturm LXVIII: Heinrich Kulka. Der Raumplan als Entwurfsmethode“, Müry Salzmann Verlag, Salisburgo, 2025. Testi in tedesco/inglese

Autore

  • Gianluca e Laura Frediani

    Gianluca Frediani è architetto e docente universitario presso l'Università di Ferrara e la TU Graz. È autore di articoli, saggi e monografie scientifiche. Laura Frediani lavora come architetta e libera ricercatrice fra Austria e Italia. Il suo lavoro si concentra su temi architettonici e urbani di rilevanza sociale. Ha vinto concorsi e premi di architettura e collabora alle attività scientifiche di varie università ed istituzioni culturali.

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Last modified: 13 Settembre 2025