All’interno del Grand Ring, visita e critica ad alcune partecipazioni. Da quella dei Paesi nordici (con architettura firmata da Michele De Lucchi) al progetto di Mario Cucinella: la città ideale italiana reinterpretata in Giappone
OSAKA (GIAPPONE). Varcato l’East Gate e attraversato il Grand Ring, il sito di Expo 2025 (a cui abbiamo dedicato “Expo di Osaka, la ricetta della felicità è un grande Ring in legno”) si apre nella Zona Empowering Lives, a est della Foresta della Tranquillità dove si trovano i padiglioni nazionali.
Tra questi anche un grande padiglione che ospita quasi 30 paesi, tra cui Kenya, Seychelles, Bolivia e Barbados, che da soli non avrebbero potuto sopportare l’impegno economico di una partecipazione. Altre due costruzioni in questa zona sono di rappresentanza di più paesi: il padiglione delle Organizzazioni Internazionali, che include l’ASEAN (The Association of Southeast Asian Nations), The International Science and Technology Center, The International Solar Alliance e The ITER Organization, e il World Expo Museum. Troviamo anche Nordic Circle, il padiglione dei Paesi Nordici.
Paesi Nordici: un fienile made in Italy
È progettato da AMDL CIRCLE e sviluppato ingegneristicamente da Rimond per rappresentare il modello di sostenibilità e innovazione di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia.
Prende la forma di un grande fienile, strutturalmente realizzato dalla ripetizione di portali poligonali alti 17 m collegati da lamelle in legno che favoriscono la ventilazione naturale.
Esprime la semplicità funzionale e l’armonia con la natura, pronto ad accogliere le sfide tecnologiche del futuro. Gli spazi interni si sviluppano su tre piani, con sale espositive a doppia altezza, foyer, sale riunioni, spazi di servizio e, nella parte posteriore, un’ampia terrazza per eventi. L’uso del legno di Sugi, proveniente da foreste giapponesi gestite in modo sostenibile, è una scelta consapevole e sensibile ai processi di approvvigionamento e fabbricazione in loco, oltre che valorizzazione dei materiali del Paese ospitante.
La caratteristica tonalità grigia scura, che spicca rispetto al contorno, è ottenuta dall’applicazione di una miscela tradizionale di polpa di cachi e carbone di pino: una tecnica che impiega pigmenti naturali per proteggere il legno, valorizzando il processo di ossidazione. Il padiglione si fa notare con la sua architettura che rimanda all’immaginario dei paesi del nord Europa e invita apertamente all’ingresso.
L’esposizione è articolata dentro un cerchio che condivide valori profondi, ricchi e ampiamente condivisibili: riunirsi, celebrare risultati, condividere apprendimenti, porre domande e scambiare idee. Il visitatore è accolto in un unico grande ambiente dominato da una struttura circolare appesa al soffitto. Schermi appesi mostrano, in un turbinio immersivo, soluzioni possibili in un’esposizione che forse meritava maggiore articolazione, sebbene le idee di base si leggano, in un insieme coerente, anche nella scelta del materiale, nell’architettura e nell’allestimento.
Un’unica nota stonata in questa suggestiva partitura architettonica: all’uscita veniva offerta acqua fresca in una confezione di Tetrapak con il logo del padiglione. Bella, ma forse si potevano evitare le spese per raffrescamento, produzione e spostamento dal momento che tutto Expo è disseminato di fontanelle con acqua potabile.
Corea, tanta energia per il contenuto, zero architettura per il contenitore
Connecting Lives Zone si sviluppa verso nord rispetto alla Foresta della Tranquillità e abbraccia un intero settore da est a ovest. Qui, non tutti i padiglioni sono ben riusciti, e spesso la mancanza di connessione tra il linguaggio architettonico e l’allestimento interno crea un senso di straniamento.
Come nel padiglione della Repubblica di Corea che punta tutto su una tecnologica iper-avanzata. Per Jinbok Wee, il suo progettista, l’ispirazione è “la bellezza del vuoto”, concetto tradizionale coreano raffigurato da una negazione stessa dell’architettura in una struttura che nasce con l’intento di non esserlo: il prospetto principale è una facciata multimediale e tutto il progetto è pensato per “ridurre al minino gli elementi architettonici”.
L’esperienza di visita inizia all’esterno, dove viene richiesta, registrata e rielaborata dall’AI che la trasmette come musica all’interno, una parola riassuntiva di cosa sia la cosa più importante della vita di oggi. Si parte immediatamente con il consumo di una buona quantità di energia per affermare l’unicità di ognuno e la sua partecipazione alla comunità.
Dentro, l’esperienza si svolge in tre stanze. La prima è nera e anonima, piena di animazioni luminose e sonore, la seconda è invece la bella visione di un mondo verde e decarbonizzato, rappresentato purtroppo attraverso uno stereotipo: cumuli di rovine di cemento, brutto, grigio e inquinante, fanno crescere una vegetazione nutrita da bolle di acqua che scendono dall’alto prodotte da un motore a idrogeno.
L’ultima stanza è un cinema in cui è possibile assistere, seduti per terra o scomodamente in piedi, a una storia surreale e immaginaria: una liceale del 2040 che utilizza la tecnologia per completare una composizione musicale lasciata incompiuta dal nonno nel 2025. Tre schermi e la più aggiornata tecnologica cinematografica non bastano però a giustificare gli oltre cinque minuti di video proiezioni che devono essere visti prima di uscire.
Italia: meraviglia un po’ disorientante
Il tema del padiglione nazionale trova fondamento in quello che più di tutto accomuna gli italiani, da nord a sud, e che incuriosisce tutto il mondo: “l’arte rigenera la vita”. Progettato da MCA-Mario Cucinella Architects, è una moderna interpretazione della città ideale rinascimentale con tutti i suoi elementi caratterizzanti: la piazza, che davanti al padiglione diventa luogo d’incontro dei visitatori; il portico di ingresso, che mette in mostra un made in Italy basato sull’artigianalità regionale; il teatro, che definisce il prospetto principale del padiglione; il giardino all’italiana che, con sculture e fontane, diventa copertura e offre una promenade con sorprendente vista sul Grand Ring.
Il significato del padiglione è racchiuso nelle parole di Cucinella: “Arte è intesa nel suo senso originario e più ampio come techne, sinonimo di bellezza, creatività, cultura e know-how per cui l’Italia è riconosciuta in tutto il mondo. L’“Arte” rappresenta la spinta emotiva e razionale che dal passato ci proietta verso il futuro”.
Nel cuore del padiglione si trova lo spazio coperto in cui l’arte davvero rigenera, pieno di opere del glorioso passato (come l’originale Atlante Farnese e il Codice Atlantico di Leonardo) e di un futuro tecnologico (comprese le torce delle prossime Olimpiadi invernali e un modellino del DTT, esperimento di fusione nucleare dell’ENEA di Frascati).
All’interno c’è anche uno spazio dedicato alla spiritualità: “La bellezza porta speranza” è la presenza della Santa Sede per la prima volta nella storia di Expo ospitata all’interno del Padiglione Italia, dove è anche esposta La Deposizione di Caravaggio.
Immersi nella bellissima esperienza che il nostro paese può offrire, magnificamente riprodotta da numerose suggestioni che avvolgono il visitatore in istallazioni digitali mediate dal contatto diretto con opere reali, l’unico problema è legato ai flussi. In ogni ambiente trionfa la meraviglia, ma non si capisce bene quale sia la direzione da seguire e ci si imbatte facilmente in visitatori spaesati e disorientati, non solo dalla bellezza. Visitare l’Expo di Osa è comunque un’occasione per allargare la mente e ampliare i confini, in un concentrato di innovazioni e sperimentazioni che affrontano diversi ambiti del vivere umano.
Immagine di copertina: l’ingresso al Padiglione Italia ad Expo Osaka 2025 (courtesy of Italy Expo 2025 Osaka)
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De Lucchi , expo , giappone , Mario Cucinella , osaka , padiglioni
Last modified: 1 Luglio 2025