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L’architettura dell’era Trump: idee confuse e pericolose

L’architettura dell’era Trump: idee confuse e pericolose
Negli USA il rapporto tra progetto e politica ha attraversato fasi diverse, fino alla complessa situazione di oggi. Un saggio definisce il contesto e illustra i possibili scenari

 

Le conseguenze della rielezione di Donald J. Trump a presidente degli Stati Uniti diventano ogni giorno più evidenti, non solo per gli americani ma anche per i cittadini di tutto il mondo contemporaneo, così interconnesso.

Sebbene gli effetti dirompenti delle politiche economiche e diplomatiche della sua amministrazione ricevano un’attenzione costante, il loro impatto altrettanto dirompente sull’architettura negli Stati Uniti ottiene meno attenzione.

 

Le politiche economiche

Le tariffe sul legname canadese importato, o sui materiali provenienti da altri paesi, faranno inevitabilmente aumentare i costi delle costruzioni. Le alternative energetiche pulite – come l’energia solare ed eolica, che dipendono da tecnologie importate dalla Cina – diventeranno più costose, proprio nel momento in cui il loro utilizzo è in crescita e la dipendenza dai combustibili fossili in diminuzione.

Con l’aumento degli interessi, già elevati a causa dei maggiori rendimenti pagati dai titoli del tesoro americano per attirare gli investitori nervosi, i tassi di finanziamento immobiliare e i mutui saliranno, frenando le opportunità di sviluppo e di proprietà delle case.

Non è un segreto che i lavoratori stranieri sono fortemente rappresentati nell’industria delle costruzioni. Il costo della manodopera, a seguito della restrizione dell’immigrazione, sarà trasferito ai clienti. La costruzione di alloggi, in particolare a prezzi accessibili (un problema grave, che il primo presidente immobiliarista della storia statunitense ignora), rallenterà ulteriormente.

 

Progetti governativi nella storia

Tuttavia, gli impatti maggiori si manifesteranno probabilmente nel campo dell’architettura governativa. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, gran parte dell’architettura commissionata dal governo federale era costituita da interventi insipidi e indistinti, realizzati da grandi studi.

Un primo tentativo di cambiamento fu l’iniziativa del 1954 del Dipartimento di Stato di commissionare ad architetti modernisti, come Eero Saarinen e Walter Gropius, la progettazione di ambasciate sfruttando il loro prestigio per sviluppare una sorta di soft power.

Gli sforzi per innalzare il livello dell’architettura nazionale proseguirono con l’adozione, un anno dopo, da parte del National Parks Service, dell’iniziativa Mission 1966, volta a soddisfare il crescente numero di visitatori di destinazioni popolari come il Grand Canyon, le Everglades e lo Yosemite.

Assumendo architetti di talento come Richard Neutra e Anshen & Allen, il progetto introdusse edifici moderni, spesso di alta qualità, al di fuori delle aree urbane.

 

Nel 1994 il programma Design Excellence

Sette anni dopo lo spirito di questi programmi è stato codificato nella politica architettonica della General Services Administration, formulata nei Guiding Principles for Federal Architecture, un rapporto del 1962 di Daniel Patrick Moynihan, allora assistente segretario al lavoro sotto i presidenti John F. Kennedy e Lyndon Johnson. Oltre a riaffermare l’importanza di commissionare opere d’arte negli edifici federali – un’eredità dell’era del New Deal di Roosevelt – difendeva la libertà creativa degli architetti: “Bisogna evitare lo sviluppo di uno stile ufficiale. Il progetto deve fluire dalla professione architettonica al Governo, e non viceversa.”.

Il funzionario pubblico che più di ogni altro si è adoperato per l’attuazione di queste idee è stato Edward Feiner, architetto capo della GSA dal 1996 al 2005 e nel 1994 co-creatore, insieme a Marilyn Farley, del programma Design Excellence, che mirava a elevare la qualità dell’architettura governativa. Negli oltre 140 edifici e palazzi di giustizia che ha commissionato non ha mai messo in dubbio il suo impegno per un pluralismo stilistico che spaziava dagli stili contemporanei a quelli regionali e storici.

Sotto la sua guida, architetti come Richard Meier, Thom Mayne, Arquitectonica, Antoine Predock, Ralph Johnson, Laurie Hawkinson e Tim Smith-Miller e Harry Cobb ottennero incarichi, la qualità dell’architettura federale aumentò notevolmente, mantenendosi ad alti livelli anche successivamente.

Nessun programma edilizio governativo poteva ragionevolmente produrre lavori apprezzati da tutti, tanto meno un capolavoro dopo l’altro, ma la credibilità e la professionalità del programma Design Excellence hanno suscitato il rispetto e la fiducia di molti.

2020, il primo Ordine Esecutivo: brutalismo e decostruttivismo nel mirino

Oggi pochi membri della comunità architettonica americana affermerebbero che, durante la carriera di Donald Trump come promotore immobiliare, l’assunzione di architetti di fama mondiale e la realizzazione di un’architettura di qualità superiore alla media siano stati fattori significativi. Il suo stile con insegne dorate, apposte su insipide torri di vetro scuro, è stato soprannominato “barocco OPEC”.

L’interesse di Trump per l’architettura è diventato evidente durante il primo mandato presidenziale quando, il 21 dicembre 2020, ha emesso l’Ordine Esecutivo Promoting Beautiful Federal Civic Architecture. È improbabile che qualsiasi documento governativo, prima o dopo, contenga una presentazione così fuorviante della storia dell’architettura.

Accanto alle discussioni sulla Carta di Siena del 1309 e su Christopher Wren, ci sono forti critiche al Brutalismo, “lo stile architettonico nato dal movimento modernista dei primi anni del XX secolo, caratterizzato da un aspetto massiccio e a blocchi, con uno stile geometrico rigido e un uso su larga scala del calcestruzzo gettato a vista”.

Un linguaggio in realtà ricco viene identificato con lo Hubert Humphrey Building di Washington, sede del Dipartimento della Salute e della Sicurezza, edificio tardivo di Marcel Breuer completato nel 1977 e descritto con parole particolarmente dure.

L’architettura decostruttivista, emersa alla fine degli anni ottanta, se la passa anche peggio. Viene descritta come una minaccia ai “valori tradizionali dell’architettura attraverso caratteristiche quali la frammentazione, il disordine, la discontinuità, la distorsione, la geometria obliqua e l’apparenza di instabilità”. Anche in questo caso, nonostante la definizione unitaria sia poco convincente, l’esempio è il Federal Building di San Francisco progettato da Morphosis nel 2007.

 

Justin Shubow, non architetto, consulente architettonico

L’Ordine Esecutivo impone l’architettura classica di “Atene e Roma antiche”, che sembra quindi essere lo stile scelto per gli edifici governativi in quanto “eleva e abbellisce gli spazi pubblici, ispira lo spirito umano, nobilita gli Stati Uniti”. Sebbene alcuni edifici in stile modernista facciano riferimento all’architettura classica, non ricevono alcun riconoscimento: solo le imitazioni più letterali dell’architettura antica soddisfano questi criteri. Due tribunali, di dimensioni ridotte e non a caso situati in Stati repubblicani, vengono elogiati: il Tuscaloosa Federal Building e la Corpus Christi Federal Courthouse. Colpisce la capricciosità dell’Ordine Esecutivo e il suo privilegiare lo stile rispetto alla sostanza e all’accuratezza storica.

Chi avrebbe mai detto che, oltre al revival greco o romano, a cui già guardavano personaggi del calibro di Thomas Jefferson, l’architettura classica ora si estende fino a includere l’opera eclettica di Julia Morgan? O l’opera di Daniel Burnham, considerato uno degli inventori del grattacielo di Chicago?

Tra gli stili accettati c’è anche l’Art Déco. Scelta strana, e che provoca una domanda: dove ha imparato Donald Trump il Decostruttivismo?

La probabile risposta viene da Justin Shubow, fondatore nel 2002 della National Civic Art Society (NCAS), che ammette di aver “ispirato l’Ordine Esecutivo e di aver contribuito alla sua stesura”. Prima di ricoprire il ruolo di consulente architettonico della nuova amministrazione, Trump lo aveva nominato presidente della Commission of Fine Arts, organismo di sette membri che aveva il potere di approvare gli edifici e la pianificazione urbana di Washington. Shubow, che non ha una formazione da architetto o urbanista, è il principale esponente di una concezione conservatrice dell’ambiente costruito e si rifà alle idee del filosofo britannico Roger Scruton che, nel suo libro del 1979 L’estetica dell’architettura,sostiene che la tradizione classica è la “perfetta rappresentazione di tutto ciò che c’è di buono nell’edilizia”. Tuttavia, per essere onesti con Scruton, il suo libro è più generoso nei confronti del modernismo di quanto suggerisca l’appropriazione tendenziosa di Shubow. Il libro elogia infatti ripetutamente Ludwig Mies van der Rohe (il cui Chicago Federal Center rimane un gioiello nella corona del portafoglio della GSA) e non è così ideologicamente stridente come le dichiarazioni di Shubow.

2025, atto secondo

Ogni regime autoritario – la Germania nazista, l’Italia fascista e l’Unione Sovietica staliniana – che ha abbandonato il pluralismo architettonico ha anche rinunciato alle istituzioni democratiche ed è culminato nel terrore. Minimizzare questo aspetto suggerisce una spaventosa incomprensione nei confronti della storia reale.

Il primo Ordine Esecutivo di Trump è arrivato tardi rispetto al suo mandato (2017-2021) e poco di ciò che è stato costruito in quel periodo riflette una svolta verso un classicismo imposto, fatta eccezione per il rinnovato edificio per il tennis che Melania Trump ha supervisionato (senza attribuire la paternità a un progettista) sul prato della Casa Bianca, inaugurato nel dicembre 2020 durante la pandemia.

Nel 2025, il 20 gennaio, Trump ha firmato un secondo Ordine Esecutivo, che riprende la sostanza di quello firmato nel 2020. All’inizio di maggio, le linee guida richieste entro 60 giorni alla GSA non erano ancora state pubblicate. Sebbene, sorprendentemente, pochi siano stati gli architetti ad essersi espressi contro il tentativo di imporre uno stile unitario, ancora una volta l’American Institute of Architects ha protestato, questa volta sottolineando il taglio dei costi così importante per l’amministrazione.

In una lettera inviata alla GSA il 2 marzo, il suo direttore ad interim Steven T. Ayers ha scritto: “I mandati di stile prescrittivi soffocano l’innovazione, limitano la diversità architettonica e non tengono conto dei contesti culturali e storici unici delle comunità locali. Inoltre, l’architettura classica, pur essendo un elemento importante dell’eredità architettonica della nostra nazione, spesso richiede materiali costosi, tempi di costruzione più lunghi e costi di manutenzione più elevati, oneri che alla fine ricadono sui contribuenti”.

Edgar Hoover Building, emblema controverso

L’ossessione di Trump per la sede dell’FBI, l’edificio brutalista J. Edgar Hoover Building (C.F. Murphy Associates, 1975), suggerisce che potrebbe essere una dei primi progetti influenzati dal recente Ordine.

Il simbolismo di progettare una nuova sede per l’FBI potrebbe rivelarsi convincente. Il 16 maggio 2025 il direttore Kash Patel ha annunciato che l’edificio – ora coperto da reti per proteggere dalla caduta di calcinacci – viene chiuso per motivi di sicurezza e 1.500 dipendenti sono stati trasferiti in altre sedi. Il futuro dell’edificio è al momento incerto. Il fatto che due architetti americani brutalisti – Marcel Breuer e Pietro Belluschi – fossero immigrati europei potrebbe essere una coincidenza o indicare una xenofobia tra gli autoproclamati guardiani trumpiani della purezza architettonica. Forse ritengono che gli architetti associati al Brutalismo non siano sufficientemente americani.

Quando Shubow e Victoria Coates, vicepresidente della Heritage Foundation, hanno sostenuto in un articolo di opinione del 12 marzo 2025 sul “Washington Post” la demolizione del James V. Forestall Building (Curtis & Davis, 1969), sede del Dipartimento dell’Energia, in modo da promuovere l’estrazione di combustibili fossili (le fonti di energia alternative come quella solare ed eolica non vengono menzionate) aiutando l’Agenzia a diventare il “braccio tecnologico e di risorse della nascente nuova guerra fredda tra Cina e Stati Uniti”, hanno rivelato di fatto che la critica del brutalismo è un “cavallo di troia” per un elemento chiave dell’agenda repubblicana: il negazionismo del cambiamento climatico.

Che cosa c’è in gioco, in definitiva, nel progetto di Shubow di liberare l’architettura governativa dal modernismo? Sicuramente non il miglioramento della qualità dello spazio per dipendenti e cittadini. Nei suoi numerosi scritti, Shubow menziona a malapena il programma, la funzione o la distribuzione, apparendo, per dirla all’italiana, un facciatista, preoccupato soprattutto dell’aspetto esteriore. Oltre a insistere sul fatto che Washington rimanga un pezzo da museo, Shubow sembra inoltre indifferente all’aspetto urbano.

 

Le committenze private saranno veramente libere?

Quando Shubow, recentemente soprannominato “Mr. Architecture” da una pubblicazione francese, proclama gli stili architettonici preferiti da George Washington o Thomas Jefferson come i più autenticamente americani, compie un gioco di prestigio.

Henry James riconobbe il vicolo cieco di un’identità americana congelata nel tempo nel suo libro del 1907, La scena americana. Fingere che l’identità americana non sia un’opera in corso, ma un prodotto finito catturabile in immagini rassicuranti, significa non vedere la sua molteplicità e disimpegnarsi da una storia complessa e dalle sfide del presente.

Lo storico Timothy Snyder sostiene che l’autoritarismo legittima idee che un tempo non potevano essere espresse in pubblico e spaventa i loro oppositori a censurarsi preventivamente e a tacere. Quello che oggi nasce come un mandato per la progettazione di edifici civili potrebbe facilmente estendersi alle commissioni private.

Gli architetti che non progettano secondo gli stili ufficiali potrebbero ritrovarsi paria e boicottati. Perché i politici dell’Arkansas o del Texas non dovrebbero sentirsi incoraggiati ad approvare leggi che vietino l’architettura moderna e contemporanea anche a livello locale?

Sebbene Shubow sostenga che le linee guida di Trump non impediranno agli architetti di lavorare con linguaggio modernista in altri contesti, tale affermazione suona vuota nella società americana contemporanea, dove i confini tra pubblico e privato si confondono e le linee guida diventano obblighi.

I tentativi in corso da parte dell’amministrazione Trump di mettere in discussione le concezioni scientifiche della medicina e il cambiamento climatico, di controllare le università, di riscrivere la storia americana, di rimuovere i libri ritenuti offensivi dagli scaffali delle biblioteche pubbliche, di dettare i programmi di studio delle scuole elementari, di defiscalizzare le arti e le discipline umanistiche e di determinare la politica culturale dei musei e delle istituzioni artistiche non forniscono agli architetti alcun motivo per essere ottimisti sul fatto di poter lavorare senza interferenze.

 

Scenari possibili

Nel bene e nel male, la storia del XX secolo dimostra che le tendenze spesso si diffondono dagli USA oltre i loro confini. Se l’agenda Shubow-Trump dovesse prevalere, i leader di altre nazioni potrebbero essere spinti a seguire l’esempio americano e a strappare il controllo dell’architettura pubblica.

Per questo oggi gli architetti statunitensi hanno urgentemente bisogno del sostegno dei membri della comunità architettonica internazionale. La riaffermazione dei principi della libertà di espressione è la base fondamentale di ogni società aperta. Per gli architetti al di fuori degli Stati Uniti, l’isolazionismo miope dell’amministrazione Trump non deve oscurare la posta in gioco.

Il fatto che la riduzione del bilancio federale e l’austerità fiscale siano gli assi portanti dell’agenda politica di Trump rende improbabile la costruzione di nuovi edifici governativi nel prossimo futuro. A parte i progetti urgenti e le commissioni simboliche, è probabile che la sua amministrazione costruisca meno durante il suo secondo mandato.

L’interesse dimostrato dal 2020 nell’attaccare l’architettura moderna è semplicemente una concessione ai conservatori culturali o indica un vero e proprio cambiamento di gusto e di principi? Al momento è troppo presto per dirlo. In un ambiente politico volatile che cambia da un giorno all’altro, è difficile fare previsioni.

Tuttavia, tre scenari sembrano ipotizzabili.

Nel primo, la disorganizzazione, la crescente carenza di personale e l’incompetenza della GSA manderanno in cortocircuito il programma Shubow-Trump e porteranno a pochissime costruzioni, se non addirittura a nessuna. Le loro idee infiammatorie si riveleranno una cortina fumogena destinata a distrarre l’attenzione da altri punti dell’agenda politica repubblicana. Come molte altre cose, la politica architettonica potrebbe rivelarsi più un bluff e una prepotenza che reale sostanza.

Un secondo possibile esito porterebbe ad una comunque limitata nascita di templi greci e insipidi edifici in stile classico. Alcuni progetti che aderiscono alle nuove linee guida potrebbero persino essere lodevoli. Le contestazioni da parte di architetti e amministrazioni potrebbero essere portate avanti in tribunale e condurre a sporadiche affermazioni per chi opta per un approccio diverso. Ma sarà cambiato il terreno di riferimento.

Il terzo, e più distopico, risultato sarebbe una standardizzazione di successo, incapsulata nella parola nazista Gleichschaltung, che porterebbe al controllo e all’omogeneizzazione di tutta l’architettura, anche degli edifici non commissionati dal governo. Le commissioni locali potrebbero emanare codici che esigono il conformismo, o semplicemente sfinire gli architetti chiedendo infinite piccole revisioni dei progetti presentati per l’approvazione. Seguendo l’esempio delle imprese e dei leader aziendali statunitensi che oggi raramente criticano l’amministrazione, i costruttori e i clienti istituzionali resterebbero in silenzio e si orienterebbero verso progetti che difficilmente potrebbero risultare controversi. Gli architetti costretti a sopravvivere e a pagare le bollette soffocherebbero la loro immaginazione e diventerebbero abili nel creare progetti sicuri e insipidi per clienti preoccupati di non attirare l’attenzione su di sé.

La versione più terribile di questo scenario comporterebbe la messa a tacere degli architetti che lavorano in stili e modi ritenuti non patriottici, a cominciare da quelli impegnati nella diversità e che non sono bianchi, maschi, eterosessuali e cristiani. Se un giorno si trovassero a essere considerati corpi estranei alla tradizione architettonica nazionale e trattati di conseguenza, le implicazioni per l’architettura e la democrazia negli Stati Uniti e altrove sarebbero agghiaccianti.

C’è una conclusione inevitabile che coloro che vivono o lavorano in settori finora incontaminati dall’ira e dalla ricerca del potere di Trump non devono ignorare, formulata nel titolo del romanzo distopico di Sinclair Lewis del 1935: It Can’t Happen Here.

Immagine copertina: Edificio federale e palazzo di giustizia degli Stati Uniti, HBRA Architects, Tuscaloosa, Alabama (2011)

 

Autore

  • Edward Dimendberg

    Edward Dimendberg, storico dell'architettura e dell'urbanistica, è professore di Scienze Umane presso l'Università della California, ad Irvine. Ha insegnato anche alla Columbia University, all'Università del Michigan, alla UCLA e al Southern California Institute of Architecture. Tra i suoi libri ci sono Film Noir and the Spaces of Modernity e Diller, Scofidio and Renfro: Architecture after Images. Recentemente, ha curato l'edizione critica di Los Angeles: The Development, Life, and Structure of the City of Two Million in Southern California del geografo tedesco Anton Wagner e il manuale Richard Neutra and the Making of the Lovell Health House 1925-35. Pubblica frequentemente su Bauwelt sugli sviluppi contemporanei negli Stati Uniti. La sua ricerca è stata finanziata da borse di studio della Fondazione Guggenheim, del Getty Research Institute, dell'American Academy di Berlino, del Canadian Centre for Architecture e della Fondazione Graham. Attualmente sta scrivendo un libro sui documentari di architettura.

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Last modified: 21 Maggio 2025