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Arianna PanarellaWritten by: Reviews

Milano, la Triennale delle ingiustizie

Milano, la Triennale delle ingiustizie
Apre la 24ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano. Mostre e installazioni, sotto il titolo generale Inequalities, sono visitabili fino al 9 novembre

 

MILANO. Dopo aver esplorato il tema della sostenibilità ambientale, nel 2019 con Broken Nature, e dopo aver rivolto lo sguardo verso i misteri dell’universo, nel 2022 con Unknown Unknowns, la 24° Esposizione Internazionale si pone come capitolo conclusivo di questa trilogia, riportando al centro l’attenzione sull’essere umano.

Lo fa scegliendo di affrontare una questione cruciale e politica, ovvero le diseguaglianze sempre più marcate che attraversano le città e modellano il volto del mondo contemporaneo. Per sei mesi, all’interno delle sale della Triennale viene affrontato un tema tanto scomodo quanto impattante. Non sono solo concetti astratti. Sono reali, fanno parte della nostra vita quotidiana. Abitano gli spazi che percorriamo e si manifestano nei corpi che li attraversano, nei sogni che ci è permesso di coltivare o che ci vengono negati. Le disuguaglianze sono fratture profonde, radicate nel tempo e nello spazio, che si perpetuano.

È importante ricordare che l’Esposizione Internazionale di Triennale sia l’unica manifestazione culturale riconosciuta in via permanente dal Bureau International des Expositions (BIE), l’organizzazione intergovernativa che gestisce le Esposizioni Universali e Internazionali. Questa, quindi, non è una semplice mostra ma un momento di riflessione globale su questioni che possono e devono essere affrontati anche attraverso la progettazione.

In un contesto globale segnato da diseguaglianze in costante trasformazione, questa edizione della Triennale si configura come un’occasione fondamentale per indagare non solo le fratture presenti, ma anche le possibili strade verso un domani più giusto.

Piattaforma per il confronto, spazio di riflessione collettiva

Un’edizione ben riuscita, a partire dall’identità visiva che è stata affidata allo studio Pentagram, che dà vita a una strategia comunicativa che è già veicolo di contenuti, e con allestimenti puntuali e puliti dove il “less is more” si contrappone al “troppo” visto alla Biennale di Venezia.

Un progetto, o meglio ancora, una piattaforma di riflessione collettiva che prende forma attraverso diversi linguaggi: dalle mostre ai progetti speciali, dalle partecipazioni internazionali fino alle performance e agli appuntamenti del public program.

Il filo conduttore è uno solo: le differenze che segnano l’esistenza umana nei suoi diversi aspetti — economici, culturali, geografici, di genere ed etnici — indagate con la consapevolezza che solo attraverso il confronto diretto con esse si possa iniziare a immaginare un futuro più equo.

A contribuire al dibattito alcune delle voci più autorevoli della scena culturale e artistica internazionale: Norman Foster, progettista già Pritzker Prize; Beatriz Colomina, studiosa dell’architettura e docente alla Princeton University; Mark Wigley, architetto e professore alla Columbia University di New York; Hans Ulrich Obrist, curatore visionario e direttore della Serpentine di Londra; Theaster Gates, artista poliedrico capace di intrecciare pratica sociale, performance e scultura in un’unica poetica coerente. Accanto alle riflessioni teoriche vengono presentati progetti realizzati da alcune delle figure più influenti nel panorama dell’architettura contemporanea: Kazuyo Sejima e Alejandro Aravena; Elizabeth Diller dello studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro; Boonserm Premthada, architetto e artista noto per il lavoro del Bangkok Project Studio. A completare il mosaico delle presenze, il contributo dell’artista e regista Amos Gitai, riferimento del cinema d’autore contemporaneo e voce lucida nell’analisi delle tensioni sociali e politiche del nostro tempo.

Durante la presentazione Stefano Boeri, nel suo ruolo di commissario generale, racconta come l’esposizione, oltre a sottolineare il divario tra ricchezze immense e i milioni di poveri sul pianeta, oltre a parlare di ghetti, di guerre e di condizioni ingiuste, vuole mostrare anche idee e politiche attente: “progetti che sanno trasformare le diseguaglianze in fertili differenze, in qualità condivise che permettono un arricchimento reciproco”.

 

Percorso su più piani

Per confrontarsi con un tema tanto vasto quanto articolato, Triennale Milano ha scelto di raccogliere voci, intuizioni e proposte provenienti da ricercatori, creativi e studiosi appartenenti a diverse discipline e provenienze geografiche.

Il lavoro si è sviluppato lungo due assi tematici fondamentali: la geopolitica delle diseguaglianze e la loro biopolitica. Al piano terra del Palazzo dell’Arte si snoda la riflessione legata alla dimensione geopolitica, con uno sguardo attento – ma non esclusivo – al contesto urbano. Qui le città diventano terreno vivo di analisi, i concetti antitetici di “ricchezza” e “povertà” assumono oggi nuovi significati, intrecciandosi con dinamiche economiche, spaziali e simboliche che plasmano il vissuto quotidiano.

Salendo al primo piano, l’attenzione si sposta sulle sfumature biopolitiche delle diseguaglianze: si indagano le forme che assumono nelle differenze di genere, nelle condizioni sociali ed economiche, nei modi di vivere e di immaginare il futuro. Il punto di partenza è l’osservazione della biodiversità dei corpi sociali e dentro i corpi stessi, per poi considerare quanto – e come – questi corpi si muovano nello spazio, rivelando diseguaglianze sottili e profonde nel diritto alla mobilità, alla cura e all’autodeterminazione.

Poiché i contesti urbani sono il luogo in cui le diseguaglianze crescono sempre più rapidamente, ogni padiglione nazionale (20 partecipazioni internazionali) si è concentrato su una specifica città per costruire una riflessione corale, cercando di individuare le proposte politiche più avanzate per ogni contesto.

 

Storie, numeri e visioni

La 24° Esposizione Internazionale vede la partecipazione di 28 curatori e curatrici responsabili di mostre e progetti speciali, che a loro volta coinvolgono 341 autori e autrici provenienti da 73 paesi. L’intera esposizione si sviluppa su una superficie di 7.500 metri quadrati, con allestimenti realizzati da Abnormal, GISTO, Grace, Midori Hasuike, orizzontale e Sopa Design Studio.

Tra le numerose mostre di cui si compone meritano una segnalazione:

“Cities”, curata da Nina Bassoli. Propone una riflessione corale sulla nuova dialettica tra ricchezza e povertà, società e comunità, ecologie e città. Indaga le forme, spesso inaspettate, in cui queste tensioni si manifestano nei contesti urbani contemporanei. Il percorso prende avvio da uno degli episodi più forti di disuguaglianza recente: l’incendio della Grenfell Tower a Londra nel 2017, narrato attraverso un’installazione a cura di Grenfell Next of Kin (vincitore della Menzione per il miglior progetto originale). La mostra si snoda poi tra storie, progetti e visioni che, tramite diversi linguaggi – video, fotografie, modelli, installazioni – mappano le disuguaglianze e propongono risposte progettuali e urbanistiche che trattano le differenze non come barriere, ma come elementi vitali per immaginare nuove forme di comunità.

Di grande impatto anche la mostra curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa che racconta l’affascinante storia dell’istituzione milanese della Ca’ Granda, attraverso l’allestimento di una quadreria che espone alcuni tra i ritratti d’artista dei principali benefattori. Milano conserva infatti una raccolta senza eguali: oltre novecento ritratti che raffigurano i donatori dell’Ospedale Maggiore, una serie iniziata alla fine del Cinquecento e che continua ad arricchirsi ancora oggi.

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Premi, menzioni, installazioni meritevoli

Il Premio per il migliore padiglione delle partecipazioni internazionali è andato al Libano per la mostra “E dal mio cuore soffio baci al mare e alle case”, a cura di Ala Tannir. L’esposizione prende vita all’interno di una casa degli anni Venti affacciata sul lungomare di Beirut, un edificio che ha attraversato il tempo come un silenzioso testimone delle molteplici ondate di violenza che hanno segnato la città. Il progetto espositivo rinuncia ai metodi canonici della conservazione architettonica per abbracciare un approccio radicalmente diverso: strategie artistiche sperimentali che non si limitano a restaurare le forme, ma che si propongono di rigenerare, in modo creativo, l’architettura stessa, l’ecosistema spaziale e sociale che innesca, e le molteplici storie — intime, collettive, passate e recenti — che incarna. Un’operazione che interroga la memoria, la perdita e la possibilità di ricostruzione attraverso l’immaginazione artistica.

La Menzione d’onore delle partecipazioni internazionali è andata al padiglione del Porto Rico per la mostra “Había una vez y dos son tres “feminisitios, a cura di Regner Ramos. Su Google Maps, le coordinate 18.42, -66.25 indicano un lotto vuoto, etichettato enigmaticamente come “Alexa” e classificato come “scultura”. Ma lì non c’è alcuna scultura, solo assenza, un vuoto. Il padiglione di Porto Rico prende avvio da questo punto sulla mappa, esplorandone il significato attraverso tre luoghi: una toilette pubblica, un tendone improvvisato e una pagina Facebook. Tre spazi apparentemente disconnessi, ma uniti da una tragica convergenza di violenza e disuguaglianza.

Diverse anche le installazioni, e tra queste una delle più impattanti, esteticamente ed emotivamente, è 471 days di Filippo Teoldi: nei 471 giorni tra l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e il cessate il fuoco del 19 gennaio 2025, si stima che in Palestina siano morte circa 48.500 persone (oltre 46.900 palestinesi e 1.600 israeliani). L’installazione traduce questo arco di tempo in 471 colonne di tessuto sospese, una per ogni giorno. La lunghezza di ciascuna corrisponde al numero di morti registrati, creando un paesaggio visivo della perdita: silenzioso, presente, ineludibile.

Immagine copertina: l’installazione 471 Days di Filippo Teoldi  dedicato alle vittime della guerra in Palestina (©Alessandro Saletta e Agnese Bedini – DSL Studio, courtesy Triennale)

 

“Inequalities. 24° Esposizione Internazionale di Triennale Milano”
13 maggio – 9 novembre 2025

Palazzo della Triennale, Viale Alemagna 6, Milano
triennale.org

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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Last modified: 14 Maggio 2025