SEDATU è un programma governativo innovativo per le politiche urbane. Lo scopriamo con il ministro Roman Meyer Falcón
CITTA’ DEL MESSICO. Roman Meyer Falcón è il ministro che ha condotto uno dei più imponenti ed interessanti programmi di riforma dello spazio pubblico a livello internazionale degli ultimi anni.
Nel nostro incontro amichevole ai piedi del grande palazzo governativo, appare subito, oltreché molto giovane a dispetto del ruolo ricoperto, come un uomo informale e senza fronzoli. Questo ben rappresenta il carattere operativo che ha contraddistinto tutta l’operazione di sviluppo guidata nel corso degli ultimi 6 anni. Non è un caso che sia architetto perché, se gli obiettivi sono quelli di una politica sociale che deve occuparsi in maniera diretta dei cittadini, in particolar modo delle fasce più fragili della popolazione, è chiaro dalle sue parole che gli strumenti principali attraverso cui questa azione si fa concreta sono l’architettura e gli architetti.
Una geografia di oltre mille progetti
La riflessione parte subito da un dato che mette a confronto la dimensione dell’investimento dello Stato con quella dello spazio pubblico, che gestisce le relazioni tra i suoi abitanti. Lo fa con l’esempio più eclatante. Lo Zócalo costituisce il centro dell’identità nazionale messicana, non solo perché fu scelto come cuore della nuova colonia dai conquistadores, ma anche in quanto sorge sui resti di Tenochtitlán, centro politico e religioso dell’Impero azteco. Il suo ruolo è ribadito dalla dimensione enorme, che ne fa una delle più grandi piazze del mondo. Per questo Meyer, nominato giovanissimo ministro dal Presidente della Repubblica Andrés Manuel López Obrador nel 2018, parte dallo spazio aperto più rappresentativo della nazione, per quantificare l’immenso sforzo profuso per la costruzione di circa 1.300 opere per un totale di più di 20 milioni di metri quadrati, circa 960 volte lo Zócalo. Questo è l’obiettivo: creare in tutto il Paese spazi ed attrezzature pubbliche. Gli interventi riguardano edifici annessi a spazi aperti o interamente destinati a questo scopo, per dare l’idea che una società è in grado di definirsi tale solo nel momento in cui si confronta in quello che, proprio per questo motivo si definisce “spazio pubblico”.
Mercati, piazze, centri comunitari, scuole secondarie e superiori, centri sanitari, stazioni di polizia, caserme dei vigili del fuoco, ovvero tutte quelle infrastrutture che generano le condizioni per un’organizzazione urbana efficiente, che manca ancora in circa il 50-60% del Paese.
La visione è sempre orientata allo spazio pubblico, indipendentemente dal fatto che si tratti di un contesto urbano, rurale o di una spiaggia pubblica.
Supporto allo sviluppo delle comunità periferiche
Sono stati costruiti anche edifici amministrativi, come municipi e centri comunitari. Una parte del programma ha riguardato manufatti esistenti e storici in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia, intervenendo su architetture risalenti al XVIII e XIX secolo, che necessitavano di restauri specializzati. Un esempio è la creazione del Museo del Cacao a Tabasco, un piccolo edificio dedicato alla storia ed alla produzione di questo alimento.
Uno dei progetti più importanti è quello per la Città delle Arti Indigene a Tepic, Nayarit, un centro che promuove l’artigianato locale attraverso la ricerca, la produzione e la formazione. Oppure il Parco Nazionale del Giaguaro, in un’area protetta di oltre 1.000 ettari situata nella zona archeologica di Tulum. In questo caso, il lavoro non si è limitato all’architettura, ma si è allargato alla pianificazione urbana, aggiornando gli strumenti di regolamentazione del territorio.
Uno degli aspetti più significativi è la volontà di seguire in parallelo i grandi investimenti infrastrutturali regionali. Da un’analisi più attenta, si nota che molti interventi seguono lo stesso percorso delle grandi infrastrutture, come il Tren Maya, una nuova ferrovia di 1.500 km considerata futuristica nella penisola dello Yucatán. Oppure si situano lungo un’altra grande infrastruttura, un treno per lo sviluppo economico nella regione di Tehuantepec, che collega l’Oceano Pacifico con l’Atlantico; ed ancora, nelle aree circostanti il nuovo aeroporto Pelleteán nello Stato del Messico.
L’ obiettivo è garantire che investimenti come un treno e le sue stazioni non distribuiscano i benefici dello sviluppo economico solo alle aree centrali, perché il programma SEDATU è nato per intervenire su quelle comunità periferiche che presentano un ritardo nello sviluppo urbano, garantendo l’accesso a infrastrutture pubbliche fondamentali per una larga parte della popolazione.
Oltre alle opere architettoniche, per esempio, sono state realizzate azioni per migliorare le condizioni abitative, fornendo risorse dirette ai residenti per l’ampliamento e la riqualificazione delle loro case. Sono stati aggiornati i programmi di sviluppo urbano per regolamentare l’uso del suolo, i permessi di costruzione e la regolarizzazione delle proprietà.
Sensibilità architettonica, impatti urbani
Questa proiezione dello spazio aperto in uno spettro ben più ampio di intervento rappresenta uno dei fondamenti del concetto di città multiscalare, dove l’ambito dell’individuo si incrocia con la dimensione urbana o territoriale, il soggettivo con il collettivo, la proprietà privata con l’azione pubblica.
Se consideriamo questi 1.300 progetti di infrastrutture pubbliche, e stimiamo un raggio di influenza di circa 750 metri per ciascuno, si può calcolare che il programma abbia beneficiato tra 12 e 14 milioni di persone. Se viene costruito un mercato, è probabile che, all’interno di quello stesso raggio di influenza, succederà che vengano forniti anche sostegni per l’edilizia abitativa e la regolarizzazione delle proprietà.
SEDATU ha avuto un grande impatto sull’architettura come strumento di politica urbana, lanciando un messaggio chiaro: ciò che è pubblico, ciò che appartiene a tutti, deve essere progettato con la migliore qualità possibile.
Negli ultimi 30-40 anni, il paese aveva progressivamente perso questa visione. In passato, il Messico ha avuto politiche urbane molto chiare e strutturate, che hanno permesso di sviluppare anche un forte orientamento architettonico. Tuttavia, con il tempo, l’idea di accompagnare l’architettura con un approccio urbano è stata trascurata, con l’effetto che la stessa architettura pubblica spesso è risultata di bassa qualità.
Per sviluppare il programma sono stati presi in considerazione vari riferimenti internazionali. Uno dei modelli più influenti è stato il caso colombiano, in particolare le politiche urbane adottate a Bogotá e Medellín. Tuttavia, in Colombia, inizialmente non si è puntato direttamente sull’architettura, ma piuttosto su politiche educative e sulla mobilità urbana. Dopo circa 30 anni, questa strategia ha migliorato la qualità della vita delle persone, grazie agli investimenti nei trasporti pubblici e nelle infrastrutture sociali.
In Messico si è tentato di adottare il medesimo approccio, considerando però le differenze territoriali e amministrative. A differenza del caso colombiano, il programma SEDATU ha avuto una portata federale e non solo locale. Questo ha permesso di coordinare interventi su più livelli e di affrontare le sfide urbanistiche in modo più strutturato.
Immagine di copertina: Centro Deportivo Encinos, Fernanda Canales Arquitectura, Naco, Sonora, 2023, Messico
Il programma SEDATU, come descritto anche grazie al colloquio con Roman Meyer Falcón, permette una riflessione ad ampio raggio sulla progettazione e sulla costruzione dello spazio collettivo nelle città contemporanee
Definizione delle priorità: se si costruisce un centro comunitario, le persone della comunità pagano per il cibo, ma pagano anche gli insegnanti affinché vengano a tenere lezioni, pagano la luce, l’acqua. Quindi, esiste una domanda sociale concreta e, allo stesso tempo, viene generato un punto di riferimento per il governo federale in un’area che prima non era considerata. Così nasce un progetto di investimento e, anche se ci sono poche risorse disponibili, esiste una ragione per investire nella fornitura di servizi di base.
Terreni e diritto di proprietà: in molti casi, la popolazione non ha titoli di proprietà sulla terra. La grande maggioranza di questi terreni non è regolamentato. La popolazione non ha le stesse opportunità di ottenere la ownership a causa di diverse problematiche burocratiche. Molto di ciò ha a che fare con la questione agraria. Negli anni ‘60 e ‘70, e in particolare negli anni ‘80, il Messico ha avuto un tasso di crescita della popolazione molto alto. In quegli anni, il numero medio di figli per donna era di 3 o 4 in alcuni stati (mentre oggi è molto più basso ed il tasso di natalità è drasticamente diminuito). Molte città si sono per questo espanse velocemente, talvolta sui territori di proprietà collettiva come gli ejidos, appezzamenti demaniali adibiti a pascolo. Questo crea un conflitto giuridico e amministrativo: come può un municipio fornire acqua potabile o altri servizi di base su un terreno che non è di sua proprietà? È qui che si colloca il ruolo dello spazio pubblico, che diviene il servizio di base più importante, in quanto integra tutti i servizi essenziali come acqua, elettricità, pavimentazione, segnaletica. Se uno spazio pubblico è ben progettato, ha tutti gli elementi necessari per migliorare la qualità della vita e ridurre i conflitti sociali. È un microcosmo. Non è mai sufficiente l’attenzione a questi aspetti, perché fa parte dell’organizzazione dello spazio pubblico ed è, in casi come questo, la linfa vitale di un quartiere.
Il ruolo sociale dello spazio aperto: in una realtà come quella messicana, se non viene progettato in modo adeguato, lo spazio pubblico tende a diventare un luogo di conflitti; infatti, la maggior parte degli omicidi avviene qui, e non nel privato. Tuttavia, se viene ideato con attenzione ed insieme alle comunità, può portare molti benefici, riducendo in modo significativo queste problematiche.
Progetti che rafforzano lo stato: l’obiettivo è portare architettura di qualità in questi contesti, migliorando l’ambiente urbano e sociale, affinché possano svilupparsi in maniera più equilibrata. Dall’inizio del Programma di Miglioramento Urbano, guidato dalla Secretaría de Desarrollo Agrario, Territorial y Urbano, la priorità non è stata solo quella di soddisfare le necessità di chi vive nelle zone di emarginazione, ma anche di promuovere la partecipazione comunitaria ai programmi e progetti del Ministero. L’obiettivo è sempre stato chiaro: ridurre le condizioni di arretratezza sociale migliorando l’accesso a beni e servizi, derivanti dalla costruzione, ristrutturazione e attrezzatura di spazi pubblici comunitari. Tutto questo, realizzato in collaborazione con la società, ha generato sinergie che hanno non solo ottimizzato i risultati, ma anche garantito trasparenza e senso di responsabilità.
Il ruolo dei cittadini: uno degli aspetti più interessanti è rappresentato dalla promozione di politiche pubbliche attraverso il coordinamento e la consulenza diretta ai cittadini. In questo senso, uno dei pilastri del successo è stata la formazione dei Comitati per le Opere Comunitarie (COC), che hanno svolto un ruolo fondamentale nella formulazione, attuazione e monitoraggio dei progetti. Porre l’individuo al centro del processo decisionale per l’uso delle risorse ha aiutato i cittadini a sviluppare capacità di autogestione, decisionali, di amministrazione delle risorse e di negoziazione, consentendo loro di rendere concrete, nelle loro città, opere di portata più ampia rispetto a quelle realizzate attraverso le normali opere pubbliche. Le comunità hanno le idee chiare su come ottenere grandi risultati con le risorse stanziate. Una di queste è quella di rivolgersi ai fornitori della regione che offrono prezzi accessibili e giusti; una situazione che favorisce anche una ricaduta economica diretta nelle aree da servire. Il processo partecipativo è un’azione ampiamente condivisa, anche in Italia. Essendo politically correct, ha però anche un doppio lato della medaglia, poiché la condivisione delle scelte rischia di tracimare nella completa fuoriuscita dal controllo da parte di amministratori e progettisti, a discapito della qualità architettonica.
Senso di responsabilità: il coinvolgimento dei cittadini deve avvenire, come in SEDATU, affidando a questi una forte responsabilità delle attività su cui hanno maggiore competenza, ma all’interno di un processo decisionale che tocca tutti i livelli. L’istituzione dei comitati, secondo un protocollo ben definito, è il passaggio fondamentale dell’esperienza messicana che, proprio per il suo successo, sarebbe utile metabolizzare in altre esperienze. La formazione del COC avviene attraverso un’assemblea in cui vengono fatte le scelte delle azioni da sollecitare, a cui segue l’inoltro della candidatura. A seguito dell’approvazione, viene indetta una call per la partecipazione al Laboratorio di Progetto Partecipativo, con l’invito esteso alle autorità rappresentanti del Municipio. Il primo passo consiste nella individuazione delle priorità dei bisogni. I cittadini devono essere informati innanzitutto dei vincoli, anche di budget, che impongono delle scelte, talvolta drastiche: la presa di coscienza è il primo atto di responsabilizzazione e identificazione nel progetto. Successivamente il progetto passa al vaglio tecnico il cui esito è riportato in un certificato di fattibilità: è il primo accordo formale di impegno tra le parti. Una volta notificata l’approvazione del progetto, il COC deve iniziare la ricerca dei fornitori di servizi necessari all’esecuzione. SEDATU pubblica sui media ufficiali una convocatoria per la formazione di un Albo degli assistenti tecnici. Poi, il Comitato sceglie l’Assistente Tecnico. Durante la fase di esecuzione vengono svolte delle Assemblee per la rendicontazione delle spese, che stabilisce un rapporto di trasparenza e condivisione con la comunità. Il COC è un organo di rappresentanza e partecipazione cittadina composto da cinque abitanti di una comunità, eletti democraticamente in un’assemblea generale, il cui obiettivo è prendersi cura degli interessi e delle necessità della propria comunità. Le sue funzioni principali comprendono l’amministrazione, il monitoraggio, l’esecuzione, la verifica e la cessazione del supporto fornito. La loro partecipazione è essenziale, poiché dal momento della loro elezione si pongono al centro dei processi, rappresentando la voce e la responsabilità che la comunità conferisce loro in ogni momento.
Gli architetti: nel primo anno di attività, il lavoro si è concentrato sulla creazione di un sistema di selezione degli architetti. È stato stipulato un accordo tra il Ministero e la Facoltà di Architettura, il che ha comportato un tempo di realizzazione un po’ più lungo, ma questo ha permesso di accedere a un gruppo di professori, ricercatori e specialisti, migliorando la qualità della progettazione. Questa esperienza ha permesso di formare anche un gruppo di giovani architetti che non erano né grandi nomi dell’architettura internazionale, ma nemmeno completamente inesperti. Il risultato è una squadra eterogenea di professionisti altamente motivati, il cui obiettivo non era solo realizzare il progetto sulla carta, ma seguirne la costruzione fino alla fine. Il progetto in sé rappresenta solo il 20% del successo di un’opera, mentre l’80% dipende dalla supervisione, secondo l’opinione di Meyer, che dichiara di aver impiegato buona parte del suo incarico di Ministro (circa il 70%) nella supervisione delle opere. Ogni progetto aveva assegnato un direttore generale, un responsabile amministrativo e un responsabile di progetto, ognuno con il compito di supervisionare l’opera e chi era responsabile di una regione, doveva visitare il cantiere almeno due o tre volte a settimana. Il ruolo dei progettisti è stato fondamentale, in tutte le fasi, perché nei progetti realizzati con la comunità, la componente architettonica deve essere coinvolta fin dall’inizio e, durante le interviste, i questionari e il lavoro sul campo, gli architetti dovevano essere presenti: è fondamentale ascoltare la comunità, capire le loro esigenze ed integrare questi elementi nel progetto. Questo impegno preliminare ha consentito di strutturare correttamente il lavoro, evitando di doverlo modificare successivamente. Uno degli aspetti più rilevanti di questo programma, Meyer lo assegna alla continuità tra ruolo di progettista e supervisione dei lavori poiché, senza una comunicazione tra le diverse fasi del progetto, si verificano errori tecnici, i costi aumentano, si creano le condizioni per problemi di gestione e manutenzione a lungo termine.
Il controllo dei risultati: l’esperienza di SEDATU ha avuto grandi proporzioni e per questo anche alcuni potenziali criticità. La valutazione degli esiti è l’ultima delle fasi, ma non per questo la meno importante. Al fine di migliorare i meccanismi (SEDATU ha l’ambizione di costituire un modello di intervento per il futuro) è stato sviluppato un sistema di controllo rigoroso, che prevedeva il monitoraggio dopo la consegna degli edifici, la verifica da parte dei municipi sulla gestione delle infrastrutture, l’obbligo per i comuni di presentare un piano di gestione e manutenzione; ma la verifica è avvenuta anche da azioni più intuitive e per questo talvolta più efficaci. Sono stati identificati due indicatori chiave per capire se un’infrastruttura è mantenuta correttamente: lo stato dei bagni pubblici e la manutenzione del verde e delle piante. Se i bagni non funzionano e le piante sono secche, significa che il progetto non sta ricevendo la manutenzione necessaria. Questi due elementi sono sempre i primi a degradarsi, e quindi sono un segnale immediato della qualità della gestione. I primi due anni sono quelli più critici: un’infrastruttura pubblica può essere abbandonata, trascurata o addirittura diventare inutilizzabile: se sopravvive in questo intervallo, significa che la comunità ha iniziato ad appropriarsi dello spazio, il progetto ha creato valore per il territorio e l’infrastruttura può diventare sostenibile nel lungo periodo. Il programma SEDATU rappresenta uno dei modelli più importanti del contesto internazionale: si è sviluppato in sei anni e parallelamente ad altri programmi governativi (PILARES e UTOPIAS) in cui l’architettura ha avuto un impatto decisivo sulla qualità della vita dei messicani. Roman Meyer, come tutti coloro che hanno diretto gli altri programmi, condivide con gli autori dei progetti e la popolazione che li utilizza, un forte sentimento di appartenenza. Non si tratta solo di una questione amministrativa o di utilizzo di fondi. Ognuno degli interlocutori appare orgoglioso di raccontarne l’esito.
Confronto con l’Italia: con riferimento ad analoghe iniziative sviluppate anche in Italia, si rileva la tempistica: i progetti esecutivi di SEDATU sono stati completati in soli 3 mesi e la costruzione terminata in 9. Perciò un solo anno, complessivamente per progettare e costruire le 1.300 operazioni nei 6 anni di corso del programma SEDATU; 3 per costruire 300 progetti PILARES, numeri molto vicini a quelli imposti dai milestones del PNRR Europeo. Un altro aspetto interessante è che SEDATU non si è vincolato al sistema dei concorsi (anche se in alcuni casi la procedura è stata quella) ma molti sono stati gli incarichi su selezione diretta. Per una nazione come la nostra, in cui si è generata paradossalmente – al di là delle buone intenzioni – una inversione dei ruoli tra obiettivo e procedura (dove quest’ultima diventa il fine degli interventi e non più il mezzo per garantirne gli esiti) vale la pena di considerare questo ulteriore fatto che deriva dall’esperienza messicana, perché né la prevalenza del progetto sui progettisti, né i vincoli di fatturato, garantiscono la qualità dell’architettura, ma talvolta generano un grottesco circolo vizioso più dannoso delle storture che si vorrebbero prevenire. Il programma SEDATU ha creato un database di professionisti di 50-60 studi di architettura, alcuni dei quali molto giovani, con un criterio di qualità che ha dimostrato la sua efficacia nei buoni esiti a servizio della comunità.
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Comunità , cultura , Messico , Roman Meyer Falcón , Sedatu , spazio pubblico
Last modified: 26 Febbraio 2025