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Written by: Patrimonio Progetti

Immeuble Molitor, se il restauro di Corbu è troppo grigio

Immeuble Molitor, se il restauro di Corbu è troppo grigio
Fa discutere il nuovo colore della facciata di uno degli edifici parigini emblema della modernità di Le Corbusier 

 

PARIGI. C’è un cielo azzurro e un pallido sole in questa giornata di metà febbraio, nel quartiere parigino di Porte Molitor. Siamo nel XVI arrondissement, la zona ovest di Parigi, quartieri benestanti, densa di strutture dedicate allo sport (come i campi da tennis di Roland Garros e gli stadi Jean Bouin e Parc des Princes).

Lì nel 1929 viene aperta la piscina pubblica Molitor, progettata dall’architetto Lucien Pollet e dalla Société des Bains de France. Due sono le piscine, una estiva di dimensioni olimpiche, 50 metri, e una invernale di 33 metri, coperta da una vetrata. Molti i richiami al mondo delle navi come gli oblò, le cabine e le ringhiere. 

 

Di cortina ma con contrasti spiccati

In questo contesto urbano si insinua una palazzina moderna al 24 di Rue Nungesser et Coli, progettata da Le Corbusier e da Pierre Jeanneret tra il 1931 e il 1934. 

Un immobile verticale che si incastona nella cortina edilizia esistente. Una facciata non così diversa dalla Maison de Verre di Pierre Chareau, praticamente coeva. Una dimostrazione che certe idee erano nell’aria e chi le prendeva poi le comunicava e se ne prendeva la paternità. D’altronde Corbu è un personaggio controverso che a seconda degli interlocutori è un Dio pagano, un fascista amico dei dittatori, un machista, sicuramente un aderente al partito di sé stesso. Fu un avanguardista che ha visto con lungimiranza, rispetto agli altri, come una buona comunicazione della propria opera possa determinare il successo e la diffusione. Allo stesso modo si evidenzia il controllo maniacale delle fotografie per rappresentare la sua opera, privilegiando quelle immagini di Lucien Hervé in cui i contrasti sono più forti tra luce e ombra, per enfatizzarne la forma. 

Chissà cosa direbbe oggi delle migliaia di immagini che vengono prodotte dai turisti che visitano le sue architetture e le postano sui social? Chissà cosa penserebbe degli architetti-conservatori che osano toccare la sua architettura, in molti casi compiendo errori di metodo e di approccio progettuale? 

 

Il nero che non c’è più

E chissà cosa penserebbe dell’intervento dello charmant Pierre Antoine Gatier che ha ripensato, a modo suo, la facciata dell’Immeuble Molitor? Un caso studio interessante che ci riporta al metodo con il quale ci si dovrebbe avvicinare al restauro di un’architettura moderna, ovvero, prima di ogni atto, studiarla, leggere i documenti, consultare gli storici dell’architettura esperti dell’opera di Corbu. 

L’Immeuble Molitor si trova tra lo stadio del Paris Saint Germain (Parc des Princes) e lo stadio Jean Bouin, che ospita rugby e calcio femminile del PSG, la cui copertura e facciata sono state progettate da Rudy Ricciotti nel 2013, con lo stesso effetto plastico del museo di Marsiglia.

Forse dobbiamo alla presenza della pelle grigia dello stadio la scelta di Gatier di dipingere di grigio tutta la facciata dell’architettura di Le Corbusier. 

Il grigio, come ci insegna la Kodak, è un tono neutro che non impegna ma è elegante, sta bene su tutto. Questo è il problema.

Analizzando i disegni pubblicati sull’opera completa della serie Garland Architectural Archives (1982) non si fa cenno al grigio. Tuttavia leggendo l’analisi puntuale di Jacques Sbriglio in Immeuble 24 N.C. Et Appartement le Corbusier è inequivocabile l’uso della tinteggiatura nera del balcone del secondo piano: “un balcon filant dont le garde corps est fait de plaques de tole perforee peintes de couleur noire”. Oggi invece è grigio. 

È la struttura portante in cemento armato che viene dipinta “en noir pour créer là aussi l’illusion d’une continuité. Les lignes noires très graphiques de l’ensemble de ces éléments métalliques, conjuguées aux effets de trames transparents, semi-transparents…produits par les remplissages en matériaux de nature différente, expriment une pensée plastique qui illustre bien la double fascination de Le Corbusier pour le monde de l’architecture industrielle et le mythe de la machine à habiter”.

Un grigio che non convince

Perché Le Corbusier, che era così attento alla plasticità dei suoi edifici nel rapporto tra la luce e l’ombra dei volumi, avrebbe dovuto dipingere la facciata di grigio? Non avrebbe avuto senso. Se analizziamo l’intera sua opera, mai riscontriamo gli infissi o le ringhiere grigie, bensì nere. D’altra parte, appare un atteggiamento inspiegabile, se verrà confermato, aver cancellato i segni della storia per uniformare e rendere omogenea una facciata che rappresenta il manifesto dell’architettura lecorbuseriana.

Come ricorda Andrea Canziani in Gio Ponti: architettura, tempo, materia (RESTAURO ARCHEOLOGICO, vol. 1, Firenze, 2022) citando l’architetto milanese: “Per giudicare Architettura, aggiungi agli elementi di giudizio il tempo. […] Storicamente il Tempo è un collaboratore-collaudatore dell’architettura (come di tutte le arti), esso ha – dice [Anatole] France – i suoi strumenti il sole, la pioggia, il vento del Nord: sempre aggiunge qualcosa di suo, di perennemente vivo, che dobbiamo, noi artisti, prevedere o immaginare, affidandogli le nostre opere. [È il tempo che] le completa se non finite, le trasforma, le «lavora» materialmente e fisicamente conservandone ed estraendone solo l’arte pura (Ponti, 1957)”. 

Partendo da questi presupposti occorre riflettere sul restauro del moderno a partire dal nostro caso. Nel luglio 2024 la Fondation Le Corbusier, ancora sotto la presidenza di Antoine Picon, lancia un appello firmato dalle personalità del restauro e studiosi (tra gli altri Bruno Reichlin, Franz Graf, Giulia Marino, Arthur Rüegg, Jacques Sbriglio): “La facciata appare estremamente chiara, non perché gli interventi siano stati irrilevanti, ma perché il design degli elementi metallici, che Le Corbusier e Pierre Jeanneret amavano enfatizzare per la loro capacità di incorniciare i volumi luminosi, ha ora una tonalità di grigio molto chiaro, RAL 7037, proposta e poi letteralmente imposta dal responsabile del progetto contro il parere della Fondation Le Corbusier e dei suoi esperti: architetti, conservatori, restauratori, chimici, ecc. Questa tonalità avrà certamente sostituito il discutibile nero applicato frettolosamente in precedenza, ma la scelta appare arbitraria, non sufficientemente attestata dalla ricca documentazione storica fornita dalla Fondation Le Corbusier, né supportata da una campagna di studi stratigrafici tanto imponente quanto incomprensibilmente incompleta. La Fondation Le Corbusier non è stata ascoltata nel restauro di un edificio iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco, che essa stessa custodisce con particolare attenzione e di cui è in parte proprietaria e responsabile”. 

Una presa di posizione netta e corretta metodologicamente, proprio perché partendo dallo studio e dalla analisi è l’opera stessa a guidare la mano dell’architetto dei monumenti storici. D’altronde Gatier non è nuovo a scelte discutibili come nel caso del restauro della Villa E1027 di Eileen Gray, a Roquebrune Cap-Martin.

Il tema del restauro spesso viene visto come un problema da committenti e progettisti invece è un’opportunità per sanare le architetture moderne da superfetazioni e danni causati dall’incuria. Tuttavia, occorre una sensibilità per trattare tutti gli elementi progettuali.

Dopo l’appello della Fondation Le Corbusier, ora la palla è passata al Ministero della Cultura e alla DRAC, la Soprintendenza francese che ha organizzato, su indicazione della Fondation, un comitato scientifico di esperti. Dovrà decidere se rimuovere il grigio o se il restauro di Gatier sarà considerato corretto.

Immagine di copertina: Immeuble Molitor, facciata, 2024 (copyright Fondation Le Corbusier, foto Emanuele Piccardo)

 

I restauri sulla facciata non sono gli unici che hanno interessato l’Immeuble Molitor. L’edificio di Le Corbusier, che contiene appartamenti, tra cui l’Atelier dell’architetto svizzero , ha visto recentemente un intervento significato sull’alloggio 24NC, circa 60 metri quadrati di superficie.

Il progetto è dello studio parigino RREEL, Rosalie Robert e Léa Cottreel. La proprietà, privata, proprio con il supporto di Fondation Le Corbusier, ha voluto recuperare alcuni elementi originali (tra cui i colori) che un restauro degli Anni ’70 aveva di fatto cancellato. 

Autore

  • Architetto, critico di architettura, dirige la webzine archphoto.it e fonda l'associazione culturale plug_in. Dal 2005 al 2015 si è occupato di Architettura Radicale. Nel 2013 vince il Graham Foundation Grant. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship. Nel 2019 cura la mostra per il centenario di Paolo Soleri nell'ambito di Utopian Hours. Nel 2021 fonda insieme agli architetti GRRIZ, la Petites Folies School, l'autocostruzione di spazi pubblici nelle aree interne. Nel 2023 plug_in riceve il Premio Bruno Zevi da Inarch/Liguria; nello stesso anno la sua ricerca sull'Architettura Radicale è entrata nella collezione del Canadian Centre for Architecture di Montréal, è curatore del festival “Abitare la Vacanza”. Nel 2024 cura la mostra al Museo di Arte Contemporanea di Genova “Alberto Ponis. Costruire nella natura”.

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Last modified: 19 Febbraio 2025