Un premio prestigioso mette in rilievo biografia e opera di un progettista, francese e molto attivo in Africa, che tra i primi ha sperimentato forme di interazione con suoli, clima e habitat naturali
Gilles Perraudin ha recentemente ricevuto a Parigi il Grand Prix National de l’Architecture per la sua opera, il suo pensiero e la sua architettura passiva e contestualizzata, che valorizza le qualità costruttive della pietra massiccia portante, della terra e di altri materiali naturali.
Al centro c’è la materia, e le sue leggi
Durante una conferenza al Pavillon de l’Arsenal nel 2021, Perraudin ha sottolineato l’importanza della bellezza delle architetture vernacolari come fonte di riflessione, rievocando i paesaggi della sua infanzia e l’iconica mostra Architecture Without Architects, presentata al MoMA nel 1964.
Il suo percorso professionale inizia alla fine degli anni ’70 con una doppia formazione in architettura e ingegneria, seguita da un’esperienza nell’Atelier du désert di André Ravéreau a M’Zab, in Algeria. Qui, lavorando alla costruzione dell’ufficio postale di Ghardaïa con le risorse locali e le tradizioni costruttive disponibili, Perraudin acquisisce una lezione decisiva: l’architettura deve accordarsi con il clima, l’habitat e i modi di vita, lasciandosi guidare dalle leggi della materia.
Nel 1980 vince il primo concorso europeo per l’energia solare passiva con una casa che anticipa i principi chiave delle sue opere future, tra cui il concetto di involucro microclimatico, portato alla perfezione con il progetto dell’Akadémie Mont-Cenis a Herne, in Germania.
In collaborazione con Françoise-Hélène Jourda, ottiene nel 1987 una menzione speciale alla Équerre d’Argent per la Scuola di Architettura di Lione, ispirata a Louis Kahn.
Tutta una questione di suolo e di suoli
Il 1998 segna una svolta. Perraudin inizia a lavorare autonomamente, convinto che l’autocostruzione sia un potente strumento di conoscenza della materia.
Si allontana dall’approccio high/low tech delle sue prime opere e sperimenta la pietra massiccia delle cave del Gard per edificare il suo chais di Vauvert, dove la sua attività di architetto si intreccia con quella di viticoltore.
Questo progetto diventa una dimostrazione concreta della sua ricerca sui fondamentali dell’architettura: la materia, i ritmi, le proporzioni, l’ombra, la luce e il radicamento al suolo.
L’uso della pietra non è solo un ritorno alle origini costruttive, ma una scelta strategica. La stabilità dell’edificio determina la misura delle pietre, mentre questa architettura densa e termicamente efficiente elimina la necessità di intonaci e isolanti, offrendo qualità climatiche che materiali leggeri come l’acciaio non possono garantire.
A Caluire, un laboratorio di falegnameria sormonta uffici e tre livelli abitativi, con un ritmo compositivo dettato dalla capacità della pietra di coprire una certa distanza e da un attento calcolo delle proporzioni. Nel Vercors, una casa dall’aspetto di una bergerie si ancora al pendio con un allineamento di pilastri in pietra massiccia, una struttura in tronchi di abete scortecciati e un’ampia tettoia metallica.
A Lione, nel quartiere ZAC des Girondins, Perraudin realizza 80 alloggi in cui la struttura portante in pietra definisce un linguaggio sobrio e ripetitivo.
La facciata monumentale su strada lascia il posto, sul lato della corte, a una configurazione pensata per la comunità degli abitanti, con ballatoi in legno e terrazze condivise.
A Ferney-Voltaire, due edifici residenziali in pietra massiccia richiedono studi approfonditi per rispondere alle normative sismiche.
Ricerca e sperimentazione, in Francia e non solo
L’approccio di Perraudin si spinge fino al paradosso costruttivo nel padiglione d’ingresso delle cave di Fontvieille, un piccolo edificio temporaneo realizzato con un solo modulo: un blocco di pietra parallelepipedo, sezionato a 60° e montato in diverse configurazioni.
Il progetto, che evoca l’esperimento letterario di Georges Perec ne La disparition, crea un giardino minerale attraversato dall’acqua, metafora della cava stessa.
Anche in Senegal, dove trascorre diversi mesi all’anno, Perraudin esplora le potenzialità dei materiali locali. A Djilor, una casa costruita con i giovani del villaggio senza l’uso di macchinari ha insegnato loro come impiegare le risorse naturali: pietra per il basamento, terra per i muri, legno per la struttura e paglia di canna per la copertura. La frescura notturna immagazzinata dalle pareti garantisce un comfort termico ottimale durante il giorno. Alla Villa Ndar di Saint-Louis, un edificio in cemento è stato trasformato in una residenza per artisti grazie all’uso di mattoni di terra compressa e vegetazione, migliorando la protezione solare e la qualità degli spazi. Una colonnata perimetrale crea una varangue, mentre le camere si aprono su saloni sospesi schermati da moucharabieh in legno.
Nel Centro Culturale Wendoogo M’Boumba, invece, Perraudin sperimenta la tecnica della volta nubiana in mattoni di adobe, promuovendo un metodo costruttivo che non necessita di casseforme in legno, risorsa scarsa nel Sahel.
Un’estetica della costruzione
L’approccio di Gilles Perraudin si fonda su un’economia delle risorse e dei materiali, riducendo l’impatto energetico e ponendo la materia al centro del processo creativo. Il suo gesto, essenziale e rigoroso, richiede un’assoluta padronanza dei materiali. “A differenza dei materiali industriali, la materia naturale ha una dimensione tattile che entra in risonanza con chi la abita”, afferma.
Questa visione si traduce in opere di pura bellezza come il chai Leflaive a Puligny-Montrachet, dove la cantina di vinificazione, concepita come una cappella, è definita da spessi muri in pietra locale e una volta semicilindrica in legno, pensata per esaltare gli aromi del vino.
Dal 2017, Gilles Perraudin porta avanti questa pratica con il figlio Jean-Manuel all’interno dell’Atelier Architecture Perraudin, continuando a sviluppare un’architettura radicata nella cultura del luogo, nelle risorse disponibili e nelle esigenze del vivere contemporaneo.
Il suo lavoro, frutto di una maturità affinata dalla conoscenza e dall’apertura al mondo, si distingue per la coerenza e l’integrità, lontano dalle mode e dalle derive ideologiche che spesso limitano l’architettura contemporanea.
L’assegnazione del Grand Prix National de l’Architecture riconosce con pieno merito il valore della sua ricerca.
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Immagine di copertina: Perraudin, Centro Culturale Wendoogo M’Boumba, Senegal (© IwannStudio)
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Last modified: 8 Febbraio 2025