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Alberto VignoloWritten by: Patrimonio Progetti

Ri_visitati. Carlo Scarpa a Castelvecchio: un diamante è per sempre?

Ri_visitati. Carlo Scarpa a Castelvecchio: un diamante è per sempre?

Il museo di Verona celebra i 60 anni del gioiello della museografia italiana del dopoguerra: tra successi, restauri e sfide per l’accessibilità

 

VERONA. Quasi sul finire di quel formidabile anno 1964 che ha visto nascere, tra l’altro, l’Autostrada del Sole, la linea 1 della metro di Milano e la Nutella, si apriva il 20 dicembre  il Museo di Castelvecchio, dopo il restauro e allestimento di Carlo Scarpa su incarico di Licisco Magagnato, allora direttore dei Musei civici. Dunque anche per Castelvecchio è tempo di ricorrenze, con le “nozze di diamante” per i sessant’anni di questo gioiello della museografia italiana del dopoguerra, di cui raccoglie i frutti più maturi. 

 

Il passato

Dell’opera scarpiana in generale si è scritto e si continua a scrivere molto, tanto da configurare una sorta di genere letterario-figurativo, tra titoli accademici e bei tomi fotografici: la summa per il museo veronese è rappresentata dall’edizione italiana di Rivisitando Carlo Scarpa e Castelvecchio, monumentale sintesi delle ricerche pluri decennali dell’architetto scozzese Richard Murphy (Breakfast Mission Publishing, 2024).

E intanto Castelvecchio lo si può ancora scoprire, come fanno i sempre più numerosi turisti e overturisti che affollano anche Verona nel post Covid, o ci si torna, come i moltissimi architetti persi a deliziarsi tra luci e ombre, ferri e cementi, supporti e cornici, forse anche un po’ dimentichi – diciamolo pure – del contenuto, ovvero delle opere d’arte attorno alle quali è stato pensato il contenitore. 

L’unicità del museo veronese risiede nell‘aver conservato a pieno i caratteri e gli elementi del progetto scarpiano, sintesi mirabile del rapporto tra un restauro oggi impensabile per “disinvoltura” e narrazione espositiva. Costanti interventi di manutenzione e restauro, negli anni, hanno consentito la conservazione dell’opera, ma l’azione dev’essere continua: già nei prossimi mesi verrà affrontato il dissesto strutturale della passerella metallica nella zona del Cangrande. Tutte operazioni rese possibili dalla lungimiranza di chi ha condotto il museo – in particolare durante l’energica direzione ventennale di Paola Marini, con il fondamentale contributo di Alba Di Lieto – e dalla devozione degli architetti che si sono accostati a questo capolavoro, a partire dagli allievi diretti di Scarpa, Arrigo Rudi prima e in seguito Giuseppe Tommasi.

A quest’ultimo si deve l’innesto più consistente al percorso originario, che ha portato nel 2007 al recupero di parte dei camminamenti del castello e alla collocazione della statua di Mastino II nella Torre dell’Orologio, in dialogo diretto con il magistrale allestimento dell’opera simbolo delle collezioni scaligere d’arte antica, la statua equestre trecentesca di Cangrande I della Scala, che il visitatore incontra più e più volte nel suo incedere tra gli spazi del museo. Ma molti sono i nomi degli artisti e degli architetti che, grazie a mostre temporanee, installazioni e inserimenti di nuove opere lungo il percorso espositivo, hanno dialogato con Scarpa: uno per tutti, Peter Eisenman con il suo tellurico «Giardino dei passi perduti» (2004). 

 

Il presente

Gli interventi più recenti hanno visto invece un cambio di generazione, a partire dalla sistemazione nel 2016 del mosaico romano nell’androne dell’ala orientale del museo da parte di Filippo Bricolo, attivo anche nel progetto di valorizzazione degli scavi archeologici attualmente in corso nel cortile del castello attorno ai resti dell’antica chiesa di San Martino in Aquaro. La nuova direzione unica dei musei civici veronesi con Francesca Rossi dal 2018 apre a nuove relazioni tra arte antica, archeologia, arte moderna e contemporanea.

Il rapporto fecondo tra conoscenza dell’opera e sua conservazione è stato possibile anche grazie al fondamentale ruolo dell’Archivio Carlo Scarpa, qui conservato e comprendente i disegni relativi al museo ma anche alle altre opere veronesi del maestro veneziano (la sede della Banca Popolare e casa Ottolenghi a Bardolino), raccolti assieme a numerosi altri fondi legati da artigiani, collaboratori o committenti: oltre 4.500 disegni che da metà 2024 sono disponibili sul nuovo sito con materiali ad alta risoluzione. 

 

Il futuro

L’occasione celebrativa di questi 60 anni non può però mettere in secondo piano alcune indubbie criticità. Il museo scoppia di successo, con oltre 240.000 visitatori annui per i quali non ci sono servizi di accoglienza, com’è oramai indispensabile per un pubblico contemporaneo di cittadini e turisti abituati a standard europei. “Non ci sono servizi” va preso alla lettera, stante il gabinetto “uno e uno solo” a disposizione del pubblico, posto lungo la galleria delle sculture e dissimulato da una sia pur meravigliosa quinta a stucco lustro rosso.

L‘accessibilità rimane problematica, e pur con tutti gli sforzi già fatti e quelli che si potranno ancora fare rimane chiaro che non potrà mai essere totale, pena lo smantellamento dei dispositivi spaziali voluti da Scarpa: il pasticcio del Castello Sforzesco di Milano con il discusso spostamento della Pietà Rondanini vale come un monito. Un finanziamento ottenuto nel 2016 per il restauro della Torre del Mastio, con l’inserimento di un ascensore che avrebbe consentito un ulteriore passo avanti in direzione di un museo inclusivo, si è perduto nei meandri della finanza pubblica. 

Eppure esiste una straordinaria opportunità, grazie agli spazi compresi nel recinto del Castello scaligero e “temporaneamente” utilizzati dal 1928 per il Circolo Ufficiali (ora Unificato) dell’Esercito: 2.000 mq coperti e 1.600 scoperti che rappresentano un’occasione unica per dare respiro e un nuovo slancio al museo, dotandolo di tutto quanto oggi manca, senza ledere l’integrità dell’allestimento scarpiano. Una situazione, quella della compresenza tra museo e Circolo Ufficiali, che ricorda quella di Palazzo Barberini a Roma, dove si è poi giunti a una felice soluzione con il massimo godimento di entrambe le istituzioni. Cosa che avverrà di certo anche a Verona, un giorno, per poter celebrare nuovi anniversari grazie a un castone ampliato e rinnovato per il prezioso diamante del museo veronese.

Immagine copertina: l’ingresso al gabinetto per il pubblico lungo la galleria delle sculture al piano terra del museo, Castelvecchio (© Guido Zanderigo)

Autore

  • Alberto Vignolo

    Nato a Peschiera del Garda (Verona) nel 1968. Laureato in architettura al Politecnico di Milano, alla libera professione affianca la ricerca sulla comunicazione del progetto architettonico attraverso la redazione di articoli, saggi e monografie e l'organizzazione di mostre e iniziative culturali. Dal 2010 dirige la rivista «Architettiverona».

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Last modified: 13 Dicembre 2024