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Michele RodaWritten by: Reviews

Scenari dell’altro mondo (o della fine di questo)

Scenari dell’altro mondo (o della fine di questo)

Lungo strade lastricate d’interrogativi, alcune pubblicazioni raccontano una dimensione finita, sconosciuta, informe

 

Non danno risposte ma pongono dubbi. Non spiegano processi ma esprimono nodi problematici apparentemente inestricabili. Non indicano strategie ma tratteggiano vicoli ciechi o quasi. Sono mostre e libri di questa strana epoca, in cui molte riflessioni teoriche si concentrano proprio sull’incapacità di costruire un apparato di conoscenza. Almeno nell’accezione tradizionale di cosa sia conoscenza.

 

Sembra un paradosso, ma lo è solo parzialmente. Perché sono esattamente i fenomeni contemporanei a suggerire a molti una reazione di questo tipo. “Terrorismo integralista, crollo dei mercati finanziari, pandemia, guerre tra popoli sono infatti modalità diverse ed estreme attraverso le quali potremmo leggere l’emergere orami ineludibile e in continua accelerazione di una grande domanda circa il futuro della specie umana, circa il senso stesso del nostro essere al mondo, di abitare un piccolo pianeta ruotante attorno a una stella che costituisce solo un granello irrilevante nell’infinito sistema delle galassie”.

Le parole di Stefano Boeri introducono uno dei cataloghi di Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, curato da Emanuele Coccia. La mostra della XXIII Esposizione internazionale di Triennale Milano esplora le dimensioni dello sconosciuto. La compatta pubblicazione teorica (di piccolo formato, 10×15, con copertina nera) affianca a una struttura molto precisa (11 capitoli, oltre alle introduzioni di Boeri e Coccia, ognuno dedicato ad una disciplina) un vagare tra gli argomenti, senza filtri e intenzionalmente senza porti sicuri. Gli autori, con toni e specificità diverse, accumulano riflessioni e citazioni che hanno l’obiettivo di accompagnare il lettore in un mare magnum dal quale non si traggono certezze ma si scorgono isole. Se si è bravi a cavalcare l’onda giusta.

Il capitolo dedicato all’architettura giunge alla fine di questo percorso ed è affidato a Sarah Mineko Ichioka che si concentra proprio sulla necessità di aggiornare profondamente i canoni della conoscenza, ribaltandone i termini tradizionali: “È bello immaginare che in futuro la cultura architettonica (come parte costitutiva di una cultura più ampia) passerà da uno stato di conoscenza autoreferenziale a condizioni di curiosità espansiva e reciprocità radicata. Pensare e approcciarsi alle sfide del nostro tempo in modo davvero efficace (anziché semplicemente autoreferenziale) richiede un diverso tipo di conoscenza, incorporata e integrata”.

(Unknown Unknowns. An introduction to mysteries, a cura di Emanuele Coccia, Saggi Electa, 2022, 232 pagine, 29 euro)

 

Se il testo Triennale affida le riflessioni a molti testi – e poche immagini – il volume di Carlo Prati (“Tra i creativi italiani è certamente uno dei più dotati, sia per tecnica che per profondità di ricerca”, lo introduce Alessandro Melis) è innanzitutto un catalogo di disegni e collage (prodotti “ibridi tra natura e architettura, città-oasi o paesaggi-portaerei, superfetazioni e innesti pneumatici come espansione temporanea degli spazi abitabili, architetture-pianeta o pianeta-architettura”): 64 in tutto, a colori e bianco e nero, fotografici o solo grafici, digitali o a mano. Sono stati realizzati dal 2014 in avanti, e divisi in 7 diversi lavori i cui titoli raccontano da una parte la romanità dell’esperienza, dall’altra la ricerca spasmodica, attraverso il tratto, del paradosso: Acquaroma (da cui emerge una nuova forma urbis plasmata dall’acqua), Roman Bunker Archeology (che dissemina forme militari nella città), Urbild Architecture, House with two Horizons, Disegni radicali, Estrusioni, Mappa delle sette rovine (tributo, con immaginario aggiornato, a Roma interrotta).

Il formato del volume (16,5 x 24) aiuta una sensibilità estetica che suggestiona rispetto ai temi che l’autore lancia con il suo titolo provocatorio e sviluppa nell’unico saggio. “Parliamoci chiaro”, scrive in apertura Prati, “il mondo che conosciamo sta scomparendo e non è retorico usare termini quali “disastro”, “annientamento”, “collasso”, per descrivere le minacce che dovremo affrontare in quanto sapiens nel prossimo futuro. Viviamo letteralmente dentro la fine del mondo, facendone quotidianamente esperienza”. Il quadro culturale di fondo – che attinge ampiamente alle posizioni di fisici quali Parisi o Rovelli, a Freud, Jung, Vidler, Emery – è complesso e disarticolato, quasi distopico come certe immagini senza la presenza umana. E rimanda, anche in questo caso, alla necessità di un radicale cambio di paradigma: “Per fermare l’emergenza climatica bisogna (prima) fermare l’architettura. Allarmiamoci (ma non troppo). Ovviamente si tratta di un paradosso, in realtà quel che dovremmo fare è reindirizzare la nostra azione, non più verso un’ideologica (Moderno, Post-Moderno, Decostruzione, Hi-Tech, etc.) ma verso una strategia, una strategia duplice, orientata da un lato verso nuove modalità di recupero del patrimonio esistente e, dall’altro alla consapevole costruzione del nuovo”.

(Architettura oltre la fine del mondo, di Carlo Prati, Lettera Ventidue – collana Alleli, 2022, 176 pagine, 22 euro)

 

Questo mondo frammentato e complesso è ulteriormente enfatizzato dal terzo libro (in realtà una coppia gemella), scritto da Marco Navarra. Si torna ad un formato ridotto (11 x 17) e a una chiara identità di compatto e denso libro teorico (in linea con l’ambizioso programma di scrivere una “piccola filosofia pratica per l’architettura”, come recita il sottotitolo), con copertine e pagine interne rosa. I testi (i caratteri sono blu) sono l’esito della selezione e della raccolta critica di 12 saggi dell’autore in 25 anni di riflessioni attorno al tema dell’informe. È questo lo sfondo paradossale (per la cultura architettonica che dovrebbe dare forma) che accompagna il lettore; uno stato/strato di passaggio emblematicamente ricostruito a partire dalla descrizione dei frame fotografici del film Zabriskie Point, con cui si apre il primo volume, dal titolo Implosioni: “Sembra di affacciarsi ancora una volta sul baratro della storia […]. L’Architettura, che pensava di dare forme risolutive all’abitare dell’uomo, è implosa e con essa anche la città che cercava di governare e costruire. Il progetto moderno si arresta su questa soglia. Se la tempesta del futuro gli impedisce di ricomporre i frammenti e le macerie, non ci resta che cartografare questi nuovi paesaggi per ritrovare il grado zero delle nostre azioni”.

Dove Prati si affida al tratto grafico, Navarra costruisce una sorprendente geografia di riferimenti, organizzati nelle dense note finali: “Libri fondamentali, immagini emblematiche e incontri indimenticabili costituiscono i frammenti ritrovati su cui la scrittura intesse linee e triangolazioni di pensieri nella paziente costruzione di uno spazio di lavoro”. L’esito – tra implosioni e assemblaggi appunto, come da titolo dei due volumi – è un percorso di disarticolazione e ricomposizione delle componenti architettoniche “come intreccio indissolubile tra spazio e tempo, geografia e storia [che] richiede un atteggiamento strategico per avanzare in ciò che è incerto e aleatorio”.

(Dell’informe 1. Implosioni, Dell’informe 2. Assemblaggi. Piccola filosofia pratica per l’architettura, di Marco Navarra, Lettera Ventidue – collana Costellazioni, 2022, 272 + 304 pagine, 12 euro a volume)

 

Immagine di copertina: Carlo Prati. La Mappa delle Sette Rovine. Stadio del Nuoto. Collage Digitale, 2014

 

 

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 1 Ottobre 2022