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“Envelopes”, o sull’architettura di carta di J. Mayer H.

“Envelopes”, o sull’architettura di carta di J. Mayer H.

In mostra alla Haus der Architektur di Graz i collage e i progetti dell’architetto artista tedesco Jürgen Hermann Mayer

 

GRAZ (AUSTRIA). Il rapporto fra la carta e il progetto di architettura è sempre stato intenso e fecondo, almeno a giudicare dagli esiti degli ultimi tre o quattro secoli della nostra storia. Maneggiare i fogli da disegno, sceglierne la qualità e la grammatura, sono state azioni propedeutiche di estrema importanza per avviare il processo progettuale. Esse richiedevano concentrazione e, soprattutto, tempo per compiere un’operazione delicata che possiamo forse accomunare alla paziente accordatura di uno strumento musicale prima di un concerto.

La rivoluzione digitale ha introdotto pratiche innovative, la maggior parte delle quali ancora da indagare. La mostra stiriana dei lavori di J. Mayer H. – come vezzosamente egli si fa chiamare, invertendo la posizione del secondo nome – vuole contribuire a sviluppare questa indagine sulle nuove tecniche di ricerca formale, ripercorrendo i sentieri segreti della strategia progettuale di questo anomalo artista-architetto tedesco.

 

Progetto come ibridazione

Mayer H. è nato a Stoccarda nel 1965 ma lavora a Berlino, come architetto indipendente, nello studio professionale da lui fondato nel 1996. I suoi lavori hanno rapidamente raggiunto la ribalta costituita da importanti riviste e premi internazionali (Premio Mies van der Rohe Emerging Architect 2003) e i suoi disegni figurano nelle collezioni di prestigiosi musei (MoMA, Vitra Design Museum, Chicago Art Institute). Per i più, invece, il suo nome è legato al famoso progetto dei parasole metropolitani (2004-11), i giganteschi “funghi”, in legno lamellare e calcestruzzo, realizzati nel centro storico di Siviglia. I “parasol” andalusi, oggi icona turistica di un’intera regione, ci rivelano subito alcuni degli aspetti principali del lavoro di J. Mayer H.: la grande dimensione, le geometrie dinamiche, l’ibridazione delle tecniche e dei materiali da costruzione. Il suo lavoro si fonda, infatti, su un’intima commistione di arte, design, comunicazione multimediale e architettura. Elementi tutti, che riemergono puntualmente quando esaminiamo da vicino l’ampio portfolio delle sue realizzazioni più recenti: dalla belga Corte di Giustizia di Hasselt (2013), al FOM universitario di Düsseldorf (2017) o al centro per uffici Voltair di Berlino (2021), senza tralasciare i numerosi edifici costruiti nel Caucaso, fra i quali il Checkpoint di Sarpi (2011) e la stravagante autostazione della Socar Petroleum (2011).

 

La mostra di Graz

L’esposizione mette in stretta relazione questi impegnativi lavori di architettura, a grande scala, con l’altrettanto nutrita produzione di arte e design, che conta sculture, disegni, installazioni e la realizzazione di numerosi padiglioni in Europa, USA e, ancora una volta, in Georgia. Fra questi, si segnalano il Museum garage di Miami (2018), il Level Green di Wolfsburg (2013), e la gigantesca scultura per il Lazika Pier (2012), sulle coste del Mar Nero.

Nelle belle sale voltate della Haus der Architektur, una doppia fila di schermi proiettano queste grandi masse materiche accanto ad un’allegra serie di collage tridimensionali che, nonostante la loro piccolezza, sono i veri protagonisti dell’evento. I collage sono realizzati con candidi cartoncini, fogli colorati e, soprattutto, buste da lettera (envelopes) rivoltate al contrario. Guardando con più attenzione, si capisce che il disegno a ghirigori che riveste l’interno delle buste costituisce l’oggetto dell’interesse artistico dell’autore che, partendo dalla successione di queste tessiture geometriche, irregolari ma ripetitive, arriva a sviluppare il mondo complesso delle sue forme artistiche e architettoniche. Le carte sono, quindi, il legame segreto che accomuna tutte queste opere, trasformando il segno grafico, che protegge la corrispondenza dalla lettura in controluce, in labirinti dalle forme sinuose.

 

Architettura senza storia

Nonostante la suggestione fotografica delle immagini, il salto dimensionale fra i collage di carte e gli edifici realizzati appare problematico e solleva non poche perplessità. Pur riconoscendo il valore artistico della sua opera su carta, non si può fare a meno di notare che l’architettura si esaurisce quasi completamente nella ricerca del mero effetto scultoreo; in ciò accodandosi, per di più, ad una lunga fila di autori celebrati dell’architettura contemporanea.

La sua è un’architettura senza tradizione e senza contesto; è fatta di pezzi monumentali isolati che preferiscono usare la città come palcoscenico piuttosto che affrontare la fatica di leggerla come insieme. L’architettura di carta di J. Mayer H. appare tanto più fragile e perentoria quanto più ampio si rivela il divario dimensionale con la scala grafica del segno di partenza, stampato all’interno delle sue buste da lettera. È per questo motivo che i delicati origami policromi di J. Mayer H. sembrano presentarci delle invitanti promesse destinate, purtroppo, a restare inesaudite, giacché l’opera realizzata non è mai pienamente in grado di coglierle o di svilupparle. Fra gli envelopes di carta e l’architettura concreta si apre un mare tempestoso di questioni, nel quale molti dei progetti in mostra affondano lentamente come fragili barchette. Queste sì, di carta ripiegata.

Immagine di copertina: Metropol Parasol, Siviglia (2011, © Fernando Alda)

 

“Envelopes – addressed by J.MAYER.H”

fino al 26 giugno
Haus der Architektur di Graz
hda-graz.at/programm/envelopes

 

 

Autore

  • Gianluca e Laura Frediani

    Gianluca Frediani è architetto e docente universitario. Ha insegnato presso l'Università di Ferrara e la TU Graz. È autore di articoli, saggi e monografie su diversi temi della progettazione architettonica e urbana. Laura Frediani si è laureata in Architettura presso la TU Vienna. Nel 2017 ha vinto il Pfann-Ohmann-Preis con un progetto di trasformazione urbana per il centro storico della capitale austriaca. I loro interessi si focalizzano sulle intersezioni fra architettura, arte e città.

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Last modified: 2 Maggio 2022