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Anna-Paola PolaWritten by: Città e Territorio

Cina, urbanizzazione e nostalgia nelle aree rurali

Cina, urbanizzazione e nostalgia nelle aree rurali

Amplificatore delle tendenze globali, la Cina sta vivendo una riscoperta idealizzata delle campagne, apice di un programma che tenta di affrontare un drammatico divario con la città

 

La crescente attenzione al recupero delle aree rurali è un fenomeno globale che negli ultimi anni ha portato a riconoscere villaggi e piccoli insediamenti come importanti presidi di diversità in grado di prospettare modelli insediativi e linguaggi architettonici alternativi a quelli urbani.

In questo quadro la Cina emerge amplificando le tendenze globali e innestando su queste una vicenda storica aliena al repertorio di esperienze occidentali. Il paese, infatti, combina la memoria di un impero agricolo millenario con uno stato socialista relativamente recente che nella campagna ha fondato le proprie radici ideologiche, ma che ha saputo inverare sviluppo e crescita economica solo attraverso un profondo processo di urbanizzazione.

 

2003, contadini, villaggi e agricoltura

Quando al 16° Congresso Nazionale del PCC, nel 2003, l’allora presidente Hu Jintao ha sancito l’impegno del partito ad affrontare la crisi e lo sviluppo rurale, il dibattito intorno alle “tre questioni rurali” (三农问题) – contadini, villaggi e agricoltura – si era già largamente diffuso in tutto il paese. La riflessione sulle “tre questioni” individuava cause e soluzioni della crisi ben al di là dello spazio rurale, mettendo in discussione le politiche urbane e, più in generale, il modello stesso di sviluppo del paese. Da allora, i provvedimenti messi in campo per lo sviluppo socio-economico delle campagne si sono susseguiti a ritmo incalzante fino alla storica dichiarazione di Xi Jinping che, nel febbraio 2021, ha riconosciuto il superamento della soglia minima di povertà in tutte le contee rurali.

 

2006, marcia forzata verso la modernizzazione vs recupero del patrimonio rurale

Negli ultimi 20 anni il governo ha operato una progressiva ristrutturazione spaziale, sociale e politica mirata a ridefinire non solo la campagna, ma tutto l’assetto del territorio nazionale. Nel 2006, la Nuova Campagna Socialista promuoveva investimenti in infrastrutture, modernizzazione agricola, istruzione e sanità rurale, ridefinendo sostanzialmente l’aspetto e la struttura del territorio.

Contee e villaggi sono stati incentivati a sistemare i propri spazi pubblici, asfaltare le strade, organizzare la gestione dei rifiuti o accorpare industrie e allevamenti. Alcuni piccoli centri amministrativi sono stati annessi a vicini poli urbani, mentre migliaia di frazioni e villaggi remoti, impoveriti o svuotati dai processi migratori, sono stati demoliti e i loro abitanti trasferiti ai margini delle periferie urbane. Un altro cambiamento decisivo è avvenuto dopo il 2007, quando la Legge sulla pianificazione urbana è stata estesa all’ambito rurale. Da allora, campagna e villaggi che godevano storicamente di una relativa autonomia sono passati sotto il medesimo quadro di pianificazione legale delle città, con l’emergere di un nuovo controllo centralizzato sui territori rurali e nuove modalità di urbanizzazione.

Questa marcia forzata verso la modernizzazione si è però combinata con un’altra tendenza, apparentemente opposta, basata su una vigorosa attività di recupero e reinterpretazione delle tradizioni regionali e del patrimonio rurale. Mentre grandi studi internazionali vincevano concorsi nelle aree urbane, giovani architetti emergenti sperimentavano nei villaggi nuovi linguaggi e tecniche antiche: Li Xiaodong costruiva una scuola ponte tra i Tulou di Xiaoshi in Fujian, lo studio DnA ampliava l’antico laboratorio d’olio a Hengzhang in Zhejiang, e lo studio ATLAS lavorava con la carpenteria Dong per dare alle donne del villaggio di Dali, in Qiangdongnan, un luogo dove tessere ed esporre i propri lavori.

 

La nuova febbre del patrimonio

Contemporaneamente, il governo varava inedite politiche di tutela di borghi e paesaggi agrari trasformando l’idea stessa di patrimonio. L’atteggiamento cinese verso il proprio passato, dopo aver oscillato nei secoli tra senso di continuità, indifferenza e persino iconoclastia, conosceva per la prima volta una vera e propria “febbre del patrimonio” (遗产热).

Oggi sono migliaia i villaggi storici ufficialmente riconosciuti a scala nazionale, mentre ben 30 villaggi cinesi sono inclusi tra i beni dichiarati Patrimonio mondiale dall’UNESCO, con più di 75 potenziali candidature nella Lista indicativa nazionale. A questi si aggiunge il più alto numero al mondo di sistemi rurali GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems) promossi dalla FAO.

Dopo anni in cui la campagna cinese è stata considerata un luogo arretrato, indegno dello sviluppo e dell’arricchimento che il paese stava vivendo, oggi i piccoli insediamenti e i territori agricoli vivono un momento di riscoperta idealizzata, almeno da parte di chi nelle campagne non vive. Il riconoscimento del patrimonio rurale è, tuttavia, solo l’apice di un programma politico molto più ampio che ha come obiettivo la risoluzione del drammatico divario urbano-rurale.

La narrazione delle radici rurali della civiltà cinese ha agito in realtà come un potente messaggio per articolare il progetto di urbanizzazione e ammodernamento del paese, promuovendo turismo e rapide trasformazioni anche nelle aree più isolate, e affermando l’identità nazionale e la continuità storico-culturale della Cina all’interno della società mondiale.

La campagna è ora vista come un baluardo di stili di vita ancestrali e valori confuciano-socialisti, un luogo nostalgico dove tornare da turisti, un territorio di svago svuotato di storia, come se i processi che ne hanno plasmato il volto attuale – il grande balzo in avanti, la marginalizzazione della riforma economica, le tre questioni rurali – non fossero mai accaduti.

Immagine di copertina: Giovani turisti ad Hongcun, Anhui, settembre 2017

 

Autore

  • Anna-Paola Pola

    È architetto e urbanista (PhD) specializzata in conservazione urbana e sviluppo rurale sostenibile. Dal 2016 è Director of Urban Planning e ricercatrice presso il WHITR-AP Shanghai (World Heritage Institute of Training and Research for the Asia and Pacific Region per conto dell’UNESCO). E’ consulente per governi, istituzioni internazionali e ONG, ed è esperto UNESCO per il Paesaggio Urbano Storico, membro della rete di professionisti HeritAP per l’Asia e il Pacifico e della fondazione OurWorldHeritage (OWH).

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Last modified: 20 Aprile 2022