Visita all’opera firmata da Kengo Kuma nella città natale dello scrittore danese: spazi non finiti, che richiamano la profondità e l’ambiguità dei suoi racconti
ODENSE (DANIMARCA). Il nuovo museo realizzato dallo studio giapponese Kengo Kuma & Associates è stato inaugurato quest’estate nella cittadina situata sull’isola di Fyn. È un progetto innovativo in cui le fiabe dell’autore danese Hans Christian Andersen (1805-1875) svolgono il ruolo più importante nella concezione dell’architettura. E forniscono stimolanti esperienze che accrescono nei visitatori l’immaginazione di spazi infiniti.
Una grotta fantastica
Le storie raccontate nel museo
non riguardano solo le numerose opere di Andersen o la realizzazione di un comune edificio museale. Indagano la profondità e l’ambiguità che si trovano nelle sue avventure. È una profondità che riflette la vita e i viaggi del loro autore e che al contempo mostra lo sfocato confine tra il mondo dell’immaginazione e la realtà che ci circonda. Il nuovo museo interpreta l’ambiguità del lavoro di Andersen attraverso le sue forme architettoniche e paesaggistiche.
La sua architettura si trasforma in un palcoscenico in cui gli ospiti vengono catapultati in un universo irrazionale disegnato a partire dalle fiabe. Il movimento e le forme sono di grande importanza per tutto l’insieme. Ci si muove attraverso i numerosi corridoi curvi dell’edificio per comprendere la mostra attraverso suoni, immagini e filmati.
Il desiderio di base era quello di realizzare il museo come fosse una grotta, ispirata soprattutto alla fiaba del faro. Come la fiaba tratta di una grotta con radici per diverse esperienze avventurose, così l’edificio dà origine a molte esperienze percettive.
Reinterpretazione edilizia vs libertà delle forme, tra realtà e fantasia
Il museo s’ispira nelle dimensioni alla casa natale di Andersen, nato ad Odense, e a quelle che lo circondano. Gli edifici che lo compongono sono una reinterpretazione dell’antica tradizione nordeuropea delle case a graticcio, restituita attraverso il ricorso a strutture in legno massiccio con riempimenti di vetro che li rendono leggeri nell’aspetto e simili a padiglioni dentro un giardino conchiuso.
La planimetria del museo è costituita da una serie di forme rotonde che si toccano in una disposizione fluida. Sono organizzate senza una gerarchia né un centro, ma si rapportano agli edifici che sorgono attorno alla casa natale di Andersen e alla sala commemorativa. I percorsi curvilinei disegnati da siepi verdi intorno agli edifici, invece, rispecchiano in parte la struttura degli spazi espositivi sotterranei.
Il motivo curvilineo definisce il giardino pubblico, i suoi spazi e i percorsi fuori terra. Questi si snodano, s’intrecciano l’uno nell’altro e lasciano che l’interno diventi esterno e il mondo superiore si scambi con quello sotterraneo. In questi intrecci, i fruitori del giardino si troveranno in un mondo a metà tra l’esterno e l’interno, in cui la parete verde alternativamente appare e scompare. L’esperienza del museo e del giardino diventa una narrazione coerente che riflette gli elementi importanti del lavoro di Andersen. È proprio il dualismo, o la dissoluzione del confine tra realtà e fantasia, che può essere letto attraverso i processi spaziali, le composizioni edilizie e la loro ambiguità.
Le stanze delle fiabe
Oltre a disegnare un edificio sulla base d’idee architettonicamente originali, il museo offre la possibilità di rileggere le fiabe e i desideri di Andersen da prospettive completamente nuove: è il pubblico stesso che viene invitato a farlo attraverso la sua architettura.
In particolare, 12 stanze delle fiabe dal design differenziato e una tavolozza di oggetti espositivi colorati e creativi, disegnati da una moltitudine di artisti, faranno sì che l’immaginazione dei visitatori ponga domande sui livelli più profondi della vita, in modo simile a quanto fatto dallo stesso Andersen con storie come Il brutto anatroccolo, I vestiti nuovi dell’imperatore o La principessa sul pisello. A questo aggiunge la storia della sua vita e il suo sviluppo artistico, restituiti dalla scenografia degli interni e da effetti innovativi che contribuiscono a una variegata esperienza espositiva.
Suoni, movimenti e creatività per un universo da favola
La mostra utilizza in tutto l’edificio suoni e voci rilevati tramite i numerosi sensori che nelle stanze colgono i movimenti dei visitatori. Le storie vengono ascoltate e modificate mentre ci si muove attraverso gli spazi. Questo è permesso da un sistema virtuale collegato alle cuffie che permette d’immergersi nella vita di questo autore di fama mondiale in molte lingue diverse.
È anche un universo teatrale creativo che si può vivere dentro gli spazi espositivi. I materiali esposti nelle sale e all’interno delle mostre includono vetrate colorate ed effetti di luce dal soffitto, costruzioni in legno lamellare, cartapesta e cemento, tra cui un albero artificiale. Stanze dai soffitti alti con lucernari intagliati asimmetricamente, stanze buie, corridoi tortuosi, mobili e tende chiare sospese in silicone contribuiscono a creare un universo da favola in cemento dentro l’architettura.
Confini fluttuanti per un’oasi tra ipogeo e cielo
L’interno del museo è anche associato alle singole fiabe e la mostra è quindi una mutevole collezione di spazi e stati d’animo diversi. Proprio come le fiabe di Andersen sottendono sempre un doppio senso e un confine fluido tra realtà e immaginazione, l’intenzione degli spazi è anche quella di fluire l’uno nell’altro. I loro confini non sono spigolosi né ordinari ma irrazionali e organici, snodati tra corridoi e piani. Uno spazio “non finito”, come probabilmente lo chiamerebbe a prima vista il compianto Bruno Zevi, se lo vedesse.
Il soffitto a doppia altezza del museo e la posizione asimmetrica delle colonne, impostate senza griglia, si adattano ai diversi spazi dell’edificio, la maggior parte dei quali sono ipogei. Un totale di 9.000 mq di superficie contenente la mostra delle fiabe, la travel room di Andersen, un laboratorio per bambini, l’amministrazione, una caffetteria e il giardino del museo. L’architettura è pensata a partire dal suo interno, chiusa da un involucro in vetro curvo con doghe e giardini pensili sul tetto.
Una piccola oasi, ma con spazio per una grande fantasia.
Progettisti: Kengo Kuma & Associates, Cornelius Vöge Atelier for arkitektur
Artisti coinvolti nel prgetto: Kim Fupz Aakeson (autore), Henrique Oliveira (installation artist), Louise Alenius (compositore), Veronica Hodges (paper clip artist), Daniel Handler aka Lemony Snicket (autore), Sandra Rilova (illustratore), Lewis Gibson (sound designer), Timothy David Orme (animatore), Noah Harris (film maker), Andy Gent (doll maker), Simon McBurney (attore), Gerorge Shelbourn (animatore e illustratore)
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danimarca , kengo kuma , musei
Last modified: 8 Settembre 2021