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Marco FalsettiWritten by: Città e Territorio

Ritratti di città. Vilnius, idealista e concreta

Ritratti di città. Vilnius, idealista e concreta

La capitale della Lituania, il cui centro storico barocco è patrimonio Unesco, lavora per valorizzare il suo passato, ampliare l’offerta museale e modernizzarsi attraverso i concorsi

 

Fino a pochi anni fa, per chi giungeva a Vilnius in aereo, il primo approccio con la città era ancora rappresentato dal terminal disegnato, in epoca sovietica, da Dmitrij Burdin e Genadij Jelkin, nelle forme del realismo socialista. Oggi l’aeroporto internazionale è, come molte altre aree della capitale lituana, al centro di un’intensa opera di trasformazione che, sebbene in parte ridimensionata dall’emergenza pandemica, resta ancora animata da grandi ambizioni.

Ne offre una prova la nuova stazione aeroportuale degli autobus, opera del gruppo Vilniaus architektūros studija, inaugurata nel 2017 col proposito di ampliare lo scalo in termini di parcheggi (anche, e soprattutto, di autobus) in vista del nuovo terminal internazionale che incrementerà le capacità dell’aeroporto fino a 2.400 passeggeri (dai 900 attuali) e per il quale è stato appena varato un concorso internazionale.

Il 2021 è infatti, come per gli altri stati baltici, una data importante perché ricorda la ritrovata indipendenza dall’Unione Sovietica. Per i lituani la ricorrenza è doppia, perché segue quella dello scorso anno (nel 1990 il locale Soviet supremo aveva infatti votato il ripristino dello Stato di Lituania, suscitando una violenta quanto inefficace risposta russa), celebrata poco prima che la pandemia imponesse uno stop alle manifestazioni pubbliche. Il 1991 è stato tuttavia l’anno che ha sancito il recupero della sovranità nelle forme di una repubblica democratica e indipendente e il riconoscimento internazionale e pertanto, anche nell’ottica di un recupero della normalità, si guarda alla ricorrenza con la speranza che rappresenti, per la Lituania, l’occasione di una nuova liberazione.

 

La Città vecchia tra restauro, barocco e “goticizzazioni”

Nei pochi chilometri che separano l’aeroporto dal centro si palesa, in progressione, l’entità delle trasformazioni che stanno interessando la città sul fiume Neris, sebbene la dimensione del patrimonio storico-artistico continui a rappresentare il focus di molti interventi pubblici di restauro conservativo (e talvolta di ricostruzione critica, come avvenuto per il palazzo dei Granduchi di Lituania, ricostruito ex novo tra il 2002 e il 2018).

La Città vecchia (Senamiestis) si è formata, a partire dal V-VI secolo alla confluenza della Vilnia e del Neris divenendo, per la sua posizione, un importante centro dell’area baltica già nell’Alto Medioevo, quando la struttura urbana era caratterizzata dalla cittadella fortificata sulla collina di Gediminas e dall’imponente cinta muraria, demolita agli inizi del XIX secolo.

Tra il 1200 e il 1700 Vilnius fu il cuore politico del Granducato di Lituania, esercitando una profonda influenza sull’architettura dell’Europa orientale. A dispetto delle numerose invasioni e distruzioni parziali subite nel corso della storia, Vilnius ha conservato intatta gran parte del suo patrimonio di edifici gotici, rinascimentali e barocchi, la qual cosa è valsa al centro storico l’ingresso, nel 1994, nella World Heritage List dell’Unesco.

Tra le motivazioni addotte dalla commissione è stato posto in evidenza il fatto che la città annovera il più esteso centro storico barocco di tutta l’Europa orientale e centrale, una parte consistente del quale rivela profondi legami con l’architettura italiana. I rapporti con il Belpaese, più complessi in realtà della mera importazione e traduzione di stilemi architettonici, sono divenuti, negli ultimi anni, oggetto di un crescente numero di studi in Lituania, anche in virtù della possibilità di consultare fonti e archivi rimasti a lungo difficilmente accessibili. Lungi dal costituire un aspetto marginale della storia dell’architettura lituana, il tema dello “stile” (nazionale) è stato a lungo oggetto di complesse diatribe politico-accademiche, soprattutto in epoca sovietica, quando lo studio del barocco – ritenuto espressione della Chiesa e della nobiltà, nonché prossimo culturalmente alla Polonia – fu alternativamente censurato o disincentivato in favore del gotico. Per un breve periodo a cavallo degli anni sessanta, questo si tradusse in termini pratici attraverso l’opera di goticizzazione attuata negli interventi di restauro, come ebbe a lamentare lo storico Vladas Drėma in un celebre pamphlet (pubblicato tuttavia solo dopo il 1991).

 

Grandi interni urbani e nuovi brani di città

Se il restauro del centro storico ha permesso il recupero di un eccezionale patrimonio artistico e architettonico, anche il boom edilizio degli ultimi anni ha prodotto architetture pregevoli, inducendo i committenti privati ad avvalersi dello strumento concorsuale nell’ottica di realizzare soluzioni funzionali e dotate di qualità formale.

Ne è un esempio il nuovo isolato che si sta sviluppando tra la via Goštauto e il parco Vingis, sul quale campeggia la torre per uffici “Victoria” (76 metri) disegnata dallo studio Paleko (R. Palekas, A. Baldišiūtė, R. Bėčius), vincitore di un concorso del 2002. L’edificio, dalle linee nitide e rigorose, è suddiviso in due volumi di diversa altezza da altrettante cornici rivestite in pannelli di granito chiaro. Tale ripartizione evidenzia lo schema funzionale della torre, con il prisma vetrato interno destinato agli uffici e quello esterno occupato dai vani tecnici, dalle scale e dagli ascensori. La differenza di altezza tra i due corpi rende possibile l’allestimento di altrettante terrazze, la prima delle quali, coperta, funge da coronamento dell’edificio (e accoglie gli impianti tecnici), mentre l’altra ospita un grande belvedere aperto alla cittadinanza.

Lo studio Paleko è inoltre autore di un altro intervento di grande interesse: la nuova biblioteca dell’Università di Vilnius, dove l’impostazione stereotomica dei tre grandi volumi definisce un insieme complesso quanto armonioso, la scenicità del quale è accresciuta dalla cornice naturale del grande bosco che circonda il campus.

 

Il nuovo centro direzionale

Sull’altra sponda del Neris, di fronte alla Città vecchia, si sta sviluppando, a ritmo sostenuto, il nuovo centro direzionale (sebbene il termine sia per certi versi improprio), che concentra quasi tutti i grattacieli della capitale (compreso quello che ospita il nuovo municipio, Vilniaus miesto savivaldybės pastatas), nonché il grande centro commerciale Europa. Tra i più interessanti figura la sede della Swedbank, progettata dal vilniano Audrius Ambrasas, molto attivo nell’area baltica. Il complesso è integrato all’interno del segmento che raccorda l’asse urbano della vecchia via Ukmerges (la sede della quale è oggi occupata dall’autostrada E272 che collega Vilnius a Klaipėda) con la più recente Konstitucijos prospektas. La sede della Swedbank è strutturata attraverso una lunga piastra attrezzata – a vocazione urbana – che degrada fino a raggiungere il livello stradale, la copertura della quale è disposta a formare una piazza-giardino pensile. Le due torri per uffici, di 16 e 14 piani, incastonate al suo interno, sono collegate da un ampio atrio urbano che raccorda le diverse quote e ospita, in un complesso gioco di affacci e quote, sia i vani tecnici che gli uffici. L’uso del grande corpo basamentale è piuttosto innovativo, sia per la singolare integrazione di architettura e paesaggio che per la scala dell’intervento, che contiene una galleria commerciale coperta, un auditorium e una caffetteria.

Poco distante dal centro direzionale, in asse visivo con la torre di Gediminas, sorge il recente complesso per uffici progettato dallo studio Arches (anche chiamato Scoreboard Office Building) e completato nel 2020, che ben evidenzia le linee di ricerca degli architetti vilniani sul tema degli interni urbani. Anche qui è infatti presente un grande atrio aperto alla cittadinanza, che percorre l’edificio per tutta la sua lunghezza, fino a verticalizzarsi in corrispondenza della sua metà, popolandosi di passerelle, ponti aerei e sale pensili affacciate sul panorama di Vilnius. L’edificio, frutto anch’esso di un concorso, è solo l’ultimo di una serie d’interventi che lo studio sta portando a termine nella capitale lituana: sono infatti in corso di completamento il Business Garden e la Office Boutique nella via Dainavos, entrambi caratterizzati da una forte attenzione per il ruolo urbano.

 

I musei dedicati all’arte

Sin dalla fine degli anni 2000 Vilnius è impegnata in una massiccia opera di costruzione di musei di arte contemporanea che, finanziati sia dai privati che dallo Stato, s’inseriscono all’interno di un’infrastruttura culturale storicamente già molto solida.

Oltre allo storico Museo nazionale di Arte, risalente ai primi del Novecento (periodo in cui fu abrogato il bando per la lingua lituana da parte del governo zarista), Vilnius annovera altre due importanti istituzioni museali dedicate all’arte moderna: la Galleria nazionale (voluta nel 1968 dai sovietici come Museo della Rivoluzione) e il Centro per l’arte contemporanea (1967) dai toni modernisti più vicini alle sperimentazioni scandinave che alle coeve realizzazioni nel resto dell’URSS. Quest’ultimo, opera di Vytautas Čekanauskas, rappresenta un interessante quanto raro episodio di architettura moderna inserita all’interno di un tessuto storico unitario, e sintetizza la singolare esperienza del modernismo sovietico nella capitale lituana, dove in diverse occasioni si è tentato d’inserire – senza ricorrere a grandi demolizioni – opere moderne nel tessuto consolidato.

 

Il Vilnius Guggenheim Hermitage e il MO Muziejus

Nel primo decennio del nuovo millennio, Vilnius è stata interessata da due importanti concorsi aventi come oggetto la costruzione di nuovi musei: il Vilnius Guggenheim Hermitage e il MO Muziejus.

Il primo, ideato da una partnership tra la Fondazione Guggenheim e il Museo statale dell’Hermitage di San Pietroburgo, era stato proposto alla città nei primi anni 2000 con lo scopo di ospitare segmenti delle collezioni di entrambi i musei, in special modo quelle legate a Fluxus, il movimento guidato dal lituano Jurgis Mačiūnas. Nel 2008 una giuria internazionale ha proclamato Zaha Hadid vincitrice del concorso di progettazione del museo, l’apertura del quale, inizialmente prevista per il 2011, è stata più volte rinviata per controversie legali fino a sfumare definitivamente nel 2015, nonostante i sostegni della politica. La possibilità di sviluppare il museo è stata quindi offerta (senza maggior fortuna) alla Finlandia.

Più fortunata è invece la vicenda del MO (MO Muziejus), un museo privato di arte contemporanea fondato nel 1998 dagli scienziati e filantropi Danguolė e Viktoras Butkus per esporre al pubblico la loro collezione d’arte lituana moderna (dal 1960 ad oggi). Nell’ottobre del 2018 il museo si è trasferito nella nuova sede progettata da Daniel Libeskind in collaborazione con lo studio vilniano Do Architects, sulla sede dello storico cinema “Lietuvos”. Il volume compatto e pressoché privo di finestre è secato diagonalmente da lunga e scenica gradonata, che dalla via Pylimo conduce alla quota della terrazza/auditorium esterna (situata sul lato opposto), elidendo l’intero spigolo sud-occidentale. Tale operazione di sottrazione, oltre a confutare l’apparente monoliticità del volume, dà luogo a due coppie di grandi facciate vetrate, che si aprono sugli spazi cavi in corrispondenza dell’ingresso e della terrazza in quota. Quest’ultima, accessibile dalla strada anche nelle ore notturne, rappresenta uno spazio di socialità urbana ma anche una cavea che accoglie performance ed eventi culturali. Unitamente alla sala espositiva principale, collocata al primo piano, il MO Muziejus ospita spazi didattici, un archivio, un auditorium e un bar/ristorante, ponendosi come polo culturale (grazie anche alla prossimità della Facoltà di Architettura della VGTU) ma anche e soprattutto come cerniera funzionale tra il tessuto sette-ottocentesco e quello medievale.

Ora che l’emergenza pandemica sembra volgere al termine anche Vilnius si appresta a tornare alla normalità, con la speranza di riprendere gli ambiziosi progetti interrotti da un fenomeno che ha colpito duramente tanto il turismo quanto il mondo della cultura. Si tratta di progetti grandiosi (basti pensare alla Rail Baltica) ma non spregiudicati, che seguono l’attitudine baltica ad unire idealismo e concretezza. Il trentennale dell’indipendenza potrebbe essere una buona occasione per ripartire, sapendo che ci si è lasciati alle spalle prove ben più difficili.

 

Immagine di copertina: panorama generale della Senamiestis con l’ex Municipio (Vilniaus rotušė) oggi utilizzato per celebrazioni e per le visite dei capi di stato e, sulla destra, il Centro per l’arte contemporanea

 

Autore

  • Marco Falsetti

    Nato a Cosenza nel 1984, è Architetto e PhD, docente a contratto presso la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma. Le sue ricerche riguardano la morfologia urbana, i frammenti identitari della città moderna e il ruolo dei grandi maestri nella formazione della coscienza progettuale contemporanea. Dal 2012 svolge attività progettuale, ricevendo premi e riconoscimenti. Ha pubblicato le monografie "Roma e l’eredità di Louis I. Kahn" (con E. Barizza, 2014), "Annodamenti. La specializzazione dei tessuti urbani nel processo formativo e nel progetto" (2017). 2019 Paesaggi oltre il paesaggio" (2019)

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Last modified: 30 Giugno 2021