In occasione della 17. Mostra internazionale di architettura, abbiamo visitato in anteprima i padiglioni più interessanti, che coniugano a loro modo il tema “How will we live together?”
Azadistan
Fa il suo esordio alla Biennale questo piccolo stato dell’Asia orientale, con uno spazio rigidamente simmetrico e particolari che strizzano l’occhio ad uno spiccato monumentalismo. Il padiglione, denominato “Hour of air”, opera degli architetti del Ministero della sicurezza nazionale, è completamente realizzato in alabastro giallo “fiorito” proveniente dalla Frigia. Intorno al severo basamento-recinto si elevano colonne quadrangolari sormontate da una scultura di filo spinato interrotta da telecamere di videosorveglianza. Ai visitatori che, varcata la soglia abbandonano ogni tipo di libertà, il compito di valutare la diversità tra esterno e interno.
Borduria
La possibilità di adeguare a qualsiasi desiderio un luogo dell’abitare è il tema del padiglione interattivo della piccola repubblica danubiana denominato “Domus incertum” e realizzato da un team di giovani architetti che non fanno mistero delle loro precedenti esperienze lavorative nel campo degli sgomberi. Nell’ampio capannone metallico prefabbricato sono accatastate pile di sedie, sgabelli, tavoli, scrivanie, divani, letti. E ancora: armadiature, scaffali, librerie, pareti mobili, lampade. Ammucchiati alla rinfusa troviamo oggetti nuovi e usati, provenienti da altre esperienze abitative, di design o di nessun pregio, in buone o pessime condizioni. “Siccome l’ordine non ha mai funzionato, proviamo col caos”, questo il motto del padiglione.
Rossezia
Farà certamente molto parlare di sé per l’originalità, “Absence” il padiglione della Rossezia (che torna finalmente alla Biennale) votato alla più assoluta semplicità e astrazione formale. Sfiniti dalle continue pressioni della committenza e convinti che “tanto è impossibile accontentare tutti”, gli architetti rossezi ricorrono ad una soluzione assolutamente provocatoria: l’antispazio. “La nostra risposta al vuoto di valori, all’assenza di modelli e alla mancanza assoluta di certezze, è questa”, ha dichiarato il portavoce del gruppo composto da 12 architetti. “Potevamo fare un padiglione bellissimo, ma chissà se vi sarebbe piaciuto! Allora abbiamo preferito non farlo”. Infatti il padiglione, ed è questo il colpo di genio, non c’è.
Isole Brucks
La consapevolezza che è impossibile contrastare l’avanzare della natura e che, prima o poi, questa prenderà il sopravvento, è il tema del padiglione “Bosco orizzontale”, opera del più noto architetto dell’arcipelago amerindio. All’interno di un perimetro vetrato circolare, la vegetazione viene lasciata crescere liberamente. Chiaramente ispirato alla savana locale, il padiglione ne riproduce il microclima tropicale tramite l’irraggiamento artificiale di una cupola in plexiglass rivestita con un parato finto cielo. Fanno parte dell’allestimento anche esemplari della fauna indigena in cattività. “Torneremo ad abitare nella foresta”, ha dichiarato il progettista dall’albero dove vive.
Colo-Colo
Un cittadino del mondo sempre in balia degli agenti patogeni, si offre spontaneamente come visitatore-cavia del padiglione del Colo-Colo emblematicamente chiamato “Clìnica”. In un percorso fatto di corridoi bianchi, sale d’attesa con panche in teak e stanzoni arredati da paraventi in tessuto, l’ospite, previa auto anamnesi, raggiunge il reparto per la somministrazione delle dosi a lui essenziali. Musica da sala operatoria e schermi con lezioni video di anatomia patologica si aggiungono al profumo di antisettici che genera quel senso di “ovattato spaesamento” tipico degli anestetici. “Frequenteremo spesso gli ospedali: la medicina è già in grado di farci sopravvivere per almeno 150 anni”, era l’idea dell’architetto ideatore del progetto, prematuramente scomparso.
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Last modified: 7 Giugno 2021