A Marta Baretti e Sara Carbonera (Arbau studio) la prima edizione del riconoscimento biennale promosso dall’Ordine e dalla Fondazione degli architetti di Modena
MODENA. Non è questione di declinare il sostantivo (sebbene l’Accademia della Crusca si sia espressa per la liceità del termine “architetta”). Nè, tanto meno, questione di genere (le peculiarità di un’architettura “in salsa rosa”). È, semplicemente, ma molto più radicalmente, questione di visibilità. Se, infatti, il popolo dei 153.692 architetti italiani conta 65.391 donne (42,55%), guardando ai vertici sia delle rappresentanze professionali sia della celebrità pubblica, quella percentuale si riduce sensibilmente. Su 105 Ordini provinciali, solo 29 sono le presidenze al femminile (27,62%; dato precedente l’attuale tornata elettorale di rinnovo delle cariche), mentre analizzando a puro titolo di esempio i recenti esiti del Premio Oderzo, nella rosa dei dieci finalisti figurano quattro studi a guida mista, e nessuno di sole donne. Per fortuna, invece, gli equilibri sono rispettati all’interno della neoeletta compagine del nuovo Consiglio nazionale dove, per la prima volta, siedono 6 donne su 15 (40%).
In ricordo di Anna Taddei
Fondatrice e coordinatrice della Commissione pari opportunità del Comitato unico delle professioni di Modena, particolarmente impegnata nel promuovere il dibattito e le azioni concrete volte ad incentivare la qualità nell’esercizio della professione e nel contempo attenta alla parità di genere, Anna Taddei (1947-2013) si è battuta per l’affermazione della donna nel lavoro e nella società, rappresentando un modello di riferimento per la serietà con cui ha affrontato le questioni legate al suo ruolo istituzionale, nell’ambito del quale ha sempre cercato di coinvolgere anche le giovani generazioni, trasmettendo entusiasmo e motivazione. Alla memoria della collega, vicepresidente dal 2005 al 2013 e prematuramente scomparsa, l’Ordine degli architetti di Modena ha istituito un premio biennale nazionale rivolto alle donne che operano nel mondo dell’architettura.
Gli esiti del premio
La prima edizione, rivolta a interventi realizzati su edifici esistenti, o di rigenerazione urbana (mentre la prossima sarà riservata a tesi di laurea, istituendo così un’alternanza), si è conclusa nei giorni scorsi: 42 le candidature al vaglio della giuria, presieduta da Guendalina Salimei e composta da Anna Allesina (presidente uscente dell’Ordine modenese), Anna Buzzacchi (già presidente dell’Ordine di Venezia e ora neoconsigliera nazionale), Roberto Ricci (presidente uscente dell’Ordine di Rimini) e da chi scrive. Sfatando il luogo comune per cui le donne sono buone solo per gli interni (o, ancor più spregiativamente, considerate “arredatrici”), tra le tipologie d’intervento han prevalso (anche se di poco) le trasformazioni/ristrutturazioni e a seguire gli interni, le demolizioni/ricostruzioni, gli ampliamenti, i restauri e, infine le riconfigurazioni di spazi pubblici.
Nel novero delle partecipazioni, mediamente apprezzabili, due si sono particolarmente distinte. Sopra tutte l’opera vincitrice, a firma di Marta Baretti e Sara Carbonera, fondatrici, nel 2004 a Treviso, di Arbau studio. Si tratta del Centro Soranzo: intervento di ampio respiro, avviato nel 2013 e ancora in corso, inerente il recupero e la rifunzionalizzazione di depositi ex militari nell’area monumentale di forte Rossarol a Venezia, a servizio della cooperativa sociale Coges Don Milani, impegnata nel campo della cura delle dipendenze. Un progetto organico, di particolare sensibilità e raffinatezza, dalla scala del paesaggio a quella edilizia (giocando sulle reinterpretazioni e le variazioni della tipologia del baraccamento), felice esito di un iter che vede un ruolo attivo della committenza, nonché il coinvolgimento di competenze trasversali, dagli artisti ai neuropsichiatri.
Piazzamento d’onore per Giulia De Apollonia, titolare dal 2014 dell’omonimo studio a Brescia (dopo un lungo apprendistato presso João Luís Carrilho da Graça a Lisbona e la collaborazione con Camillo Botticini), con un intervento di ristrutturazione, adeguamento sismico e ampliamento della scuola Enrico Fermi a Palazzolo sull’Oglio (Brescia) che riesce, pur nell’eterogeneità degli approcci, a restituire unitarietà all’insieme.
A seguire, invece del terzo premio, proprio in ragione del divario qualitativo di cui si è detto, la giuria ha preferito attribuire una rosa di quattro menzioni, distribuite tra loro per ciascuna delle tipologie d’intervento: a Laura Provasi (fondatrice, con Martina Lualdi nel 2016, di Atelier XS a Carpi), per la demolizione e ricostruzione di casa A&A a Sarginesco (Mantova); a Roberta Casarini (fondatrice, con Andrea Rinaldi nel 2001, del Laboratorio di architettura a Reggio Emilia) per la rigenerazione architettonica ed energetica di un complesso di housing sociale in via Palermo a Bolzano; a Giada Saviane (fondatrice, con Celeste Da Boit e Gianluca Facchinelli nel 2019, dell’omonimo studio ad Alpago) per la ristrutturazione di casera Cornolera a Chies d’Alpago (Belluno); a Lavinia Modesti (fondatrice, con Javier Deferrari nel 2010, dell’omonimo studio a Firenze) per l’allestimento dello spazio Targetti Hub a Firenze.
About Author
Tag
Donne , Modena , premi
Last modified: 18 Maggio 2021