A oltre 25 anni dal lancio di Euroméditerranée, la metropoli francese scopre la grande bellezza nella zona sud e il degrado al nord e al centro. Ora la fase 2 tenta di porvi rimedio
MARSIGLIA. Sono trascorsi quasi vent’anni da Marsiglia Capitale europea della Cultura. Era il 2013. Fu un riconoscimento che legittimò Euroméditerranée, l’imponente programma di trasformazione urbana iniziato nel 1995. Un progetto voluto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali di allora per contrastare il declino della città conseguenza della decolonizzazione prima e della deindustrializzazione poi.
Le trasformazioni di Euroméditerranée e la fase 2
Un programma decennale di rilancio basato sullo sviluppo di funzioni culturali, delle arti creative, delle telecomunicazioni e del turismo internazionale. Uno sforzo economico senza precedenti, che ha portato profondi cambiamenti in particolare nella zona sud, trasformandola in un palcoscenico internazionale di opere firmate dai più prestigiosi architetti del momento: dal Mucem di Rudy Ricciotti e Roland Carta (2013), al Vieux Port di Norman Foster e Michel Desvigne (2013), dal Pavillon sempre di Foster (2013) alla Ville Méditerranée di Stefano Boeri (2013), dalla Torre Cma Cgm di Zaha Hadid (2010) ai Docks di Atelier(s) Alfonso Femia (formerly 5+1AA; 2013), dal Frac di Kengo Kuma (2013) all’Euromed Center di Massimiliano Fuksas (2013).
È così che Marsiglia ha iniziato il suo riscatto di città povera, decadente e pericolosa, grazie all’aiuto preponderante dello Stato. Cinque le aree d’intervento (estese su 310 ettari di superficie): la Cité de la Méditerranée (il waterfront), il nuovo centro direzionale e residenziale de la Joliette, il polo culturale della Belle de Mai, la zona di Saint Charles e della stazione ferroviaria e infine rue de la République, l’asse centrale che collega il vecchio porto, Place de la Joliette e le Canebière.
Dodici anni più tardi, nel 2007, Euroméditerranée viene rivisto e rilanciato, con l’obiettivo di contribuire al posizionamento della città fra le grandi metropoli del Mediterraneo che si misurano con il tema del cambiamento climatico. Nasce così Act 2, un programma urbanistico di 180 ettari di superficie, con edifici destinati a uffici, negozi e funzioni pubbliche. Nel complesso, Euroméditerranée ha funzionato da cornice per un insieme d’interventi in grado d’intercettare i programmi di rigenerazione urbana messi in campo dal Governo e dalla Municipalità, e anche da acceleratore in grado di rafforzare il policentrismo urbano.
In meno di trent’anni Marsiglia ha avuto il suo riscatto. Il programma urbanistico sta procedendo e si completerà una volta ultimata la Cité scolaire internationale, un campus digitale di 25.000 mq che sorgerà proprio accanto alla torre di Hadid (il progetto è stato aggiudicato a Carta e Ricciotti). Invece Act 2 è all’inizio del suo percorso: il suo sviluppo, su iniziativa del gruppo Bouygues, prevede la realizzazione nella parte nord della città, in una zona chiamata La Fabrique, di nuovi edifici su 250.000 mq.
Una città drammaticamente ineguale
Ma qual è oggi il ritmo delle trasformazioni? Il trend di sviluppo iniziato negli anni precedenti è proseguito incessante o qualcosa è cambiato?
“Per parlare di Marsiglia oggi occorre ritornare con la mente al 5 novembre 2018 in Rue d’Aubagne”, ci dice l’architetto Roland Carta, dello studio Carta_Associés con uffici anche a Nizza e Parigi. “Il crollo di due edifici nella parte vecchia, con i suoi otto morti, ha lasciato un segno indelebile. Il disastro ha prodotto un freno alla logica dello sviluppo della città e ne ha mostrato il volto drammaticamente ineguale: un centro e un nord abbandonati e poverissimi, un sud ricco e splendente. La grande bellezza al sud, la grande miseria al nord e al centro. Il crollo di rue d’Aubagne ha stabilito un prima e un dopo. Oggi lo sviluppo urbanistico avviene in assenza di un disegno complessivo, se escludiamo ovviamente Euroméditerranée, che è una parte dello Stato nella città”.
Effetto “onda verde”?
Risale al giugno scorso, in occasione delle elezioni amministrative, l’affermazione in numerosi centri del partito ecologista. L’onda verde del 2020 ha infatti rovesciato diverse amministrazioni locali prima governate o dalla destra o dai socialisti. Oltre a Parigi, con Anne Hidalgo sindaca ambientalista e socialista, anche Marsiglia, Lione, Strasburgo, Bordeaux, Poitiers, Besançon, Annecy e Tours hanno ora un primo cittadino ecologista. Una vera rivoluzione.
Ma è cambiato qualcosa? Stando a Carta si direbbe di no: “Il cambiamento c’è e si vede: è tutto fermo. La parola d’ordine è «aspettiamo». Vale qui, ma vale anche per le altre metropoli che hanno cambiato colore”. Nonostante la svolta politica e le contraddizioni di una città ineguale, un riscatto tuttavia c’è stato. Certo, un riscatto che ha privilegiato quella parte che fronteggia il porto. Oggi infatti alcune zone funzionano bene, mentre i quartieri del centro sono difficili. Lì ancora c’è povertà, degrado, forte immigrazione, droga.
Il patto politica-impresa
Per capire le trasformazioni urbane avvenute negli ultimi vent’anni basterebbe rivedere Gérard Depardieu nella serie televisiva “Marseille”, in cui l’attore francese interpreta il sindaco durante gli anni della grande trasformazione. Permette di svelare come la nascita di Euroméditerranée non sia dipesa da un’intuizione urbanistica, ma dalla politica, che ha sancito un accordo tra tutti gli attori, sia istituzionali che imprenditoriali. La trasformazione è stata il frutto di un patto che puntava a riqualificare il centro cittadino per renderlo nuovamente appetibile al turismo e alle imprese commerciali, relegando la parte nord alla marginalizzazione. Anche l’intervento su rue de la Republique (una delle più importanti vie cittadinieche collega il porto nuovo con quello vecchio) è un grande progetto di gentrificazione.
I tempi lunghi di un masterplan non avrebbero coinciso con quelli della politica, che immaginava una riqualificazione in tempi rapidi. È stata una precisa scelta: privilegiare la qualità e la creatività in una parte della città, sacrificando il resto. Il primo Euroméditerranée è figlio di questa logica: indirizzata dalla rendita immobiliare, finanziata dalle risorse che provenivano dal porto, dalla presenza di grossi armatori e investitori e soprattutto dalla liberazione del vecchio porto dalla viabilità e la sua restituzione sotto forma di grande spazio pubblico.
L’approccio di Euroméditerrenée 2
Diverso è stato l’approccio della fase 2, che si occupa anche della parte nord di Marsiglia, non più attraverso landmark che arricchiscono lo spazio urbano ma con un progetto che parte dalle marginalità presenti. La Municipalità locale si è fatta carico dei problemi, anche perché ha compreso che quel modello economico-immobiliare stava finendo. Con Act 2 inizia una progettazione più consapevole, in cui si prova a sintetizzare dimensione architettonica e questioni sociali, come la qualità della vita delle persone, non solo dei turisti.
Euroméditerranée 2 è insomma un progetto per la comunità locale, che ha come cuore un grande parco attorno al fiume, dimostrando una sensibilità ambientale accresciuta, che il programma originario non aveva. Vi è in questa seconda fase un’attenzione all’abitare sociale e alle categorie fragili, nel tentativo di non accrescere il livello di gentrificazione, mantenendo la comunità nei luoghi di origine. C’è anche attenzione agli aspetti energetici, che all’epoca non era così diffusa come oggi. Non s’intravede ancora un progetto complessivo, manca ancora il disegno generale; però è un approccio più maturo, non solo indirizzato dagli investimenti di tipo tradizionale.
Oltre le contraddizioni
Va riconosciuto che, pur con le pesanti contraddizioni verificatesi, avere individuato nella cultura l’asse di un rinnovato cosmopolitismo si è rivelata una mossa vincente per una città che sullo scambio ha fondato la sua storia, recente e passata. Avere riconosciuto nella convivenza di culture diverse un motore di sviluppo, è stata una scelta che ha permesso di recuperare alcuni luoghi alla socialità.
Infine, non si può non rammentare gli interventi di Mucem e di Ville Méditerranée, che dal punto di vista delle politiche urbanistiche hanno rappresentato operazioni da cui è emerso con forza il ruolo dello Stato. La riqualificazione di alcune aree è l’esito di una scelta politica dello Stato centrale: una strategia nazionale, iniziata negli anni settanta, fondata sul riequilibrio delle metropoli francesi, che ha previsto la ricollocazione da Parigi di alcune importanti funzioni nazionali. Trasferire qui il Museo della cultura mediterranea è stata una scelta dettata da una strategia nazionale, con la quale si è deciso di fare della seconda metropoli francese un polo d’attrazione culturale.
Immagine di copertina: i nuovi Docks di Atelier(s) Alfonso Femia (formerly 5+1AA; 2013 – © Francis Moura)
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Foster + Partners , francia , rigenerazione urbana , ritratti di città , zaha hadid
Last modified: 11 Maggio 2021