La cronaca dell’annunciato fallimento del griffato progetto residenziale di riqualificazione di una periferica sponda fluviale nella capitale austriaca
VIENNA. Nel quadrante nord, Spittelau è una di quelle aree di periferia in cui emergono inattesi frammenti della storia della città. Un tempo era un’isola fluviale, poi riconquistata alla terraferma dagli interventi idraulici dell’Ottocento. La Stadtbahn (metropolitana) progettata da Otto Wagner la attraversa con le ampie arcate del suo viadotto, accanto al quale sorge un inceneritore costruito negli anni settanta, per poi essere bizzarramente decorato nei decenni successivi dall’artista-architetto Friedensreich Hundertwasser.
Per riqualificare questa stratificata sponda fluviale, la città invita nei primi anni novanta Zaha Hadid a sviluppare nuove idee su un lotto situato tra il fiume e un tratto dismesso del viadotto ferroviario, oggi tutelato dalla Soprintendenza.
La cronaca di un fallimento annunciato…
1994
. Zaha Hadid Architects sviluppa il progetto Viadotto Spittelau elaborando dei disegni di grande effetto
1995. Il progetto viene presentato nella rinomata galleria d’arte di Grita Insam. La proposta iniziale comprende 5 edifici curvilinei che si proiettano a sbalzo sopra il viadotto. Sono previsti 15 lussuosi appartamenti affacciati sul Donaukanal, con atelier per artisti, uffici, caffè e negozi
1996. La municipalità approva il Piano particolareggiato che consente ad una nota società immobiliare, la SEG, di sviluppare il progetto anche se ridotto a soli 3 corpi. Al posto degli esclusivi loft sono ora previsti 29 piccoli alloggi da affittare per brevi periodi
2004. Inizia il cantiere. Il complesso residenziale è costruito in forme semplificate per motivi economici. Superficie netta di circa 3.200 mq
2005. I lavori sono conclusi. I costi di costruzione ammontano ad oltre 10 milioni di euro (di cui 2 a carico della città). Gli alloggi realizzati sono di basso livello
2006. Entrano i primi affittuari. Hadid lamenta i troppi pilastri per reggere gli sbalzi, la riduzione delle aperture, le finiture economiche, ecc. e rigetta l’opera parlando di “disegno stracciato”. La SEG, che sviluppa anche altri progetti per la città, va in fallimento
2007. Scadono i contratti di locazione e gli edifici vengono abbandonati
2008. La SEG viene ricostituita e occupa in parte il complesso con i suoi uffici. Riprende vita l’idea di offrire alloggi in fitto a studenti e turisti, ma con poco successo. La manutenzione è costosa e l’incuria assale gli edifici
2010. Il complesso Spittelau resta inutilizzato. Vengono avanzate diverse funzioni: alloggi per senzatetto, spazi per associazioni caritative, un bio-mercato ecologico, ecc.
2019. Dopo anni di abbandono, la proprietà passa a un nuovo investitore che ripropone il concetto di alloggi a breve termine sotto il logo Urban Island. Le piante degli edifici sono riadattate
2020. Conclusione dei lavori di recupero. Le facciate astratte di Hadid si ricoprono di murales che pubblicizzano le nuove residenze.
… senza lieto fine
La storia, come noto, non si conclude con un lieto fine. Le forme eleganti del progetto originario di Hadid sono rimaste sulla carta, semplicemente perché del tutto inadatte ad ospitare delle abitazioni. Non è certo un caso che i progetti residenziali di Hadid si contino sulla punta delle dita: l’Utopia non si può abitare. E meno che mai costruire economicamente: rivalutando i costi del progetto si raggiunge, infatti, una cifra di oltre 4.000 €/mq per degli alloggi scomodi e di qualità mediocre.
L’architettura moderna è nata soprattutto dalla necessità di offrire abitazioni a basso costo a chi ne aveva bisogno. L’architettura “parametrica” di Hadid è sorretta, invece, soprattutto dal successo d’immagine; un successo così prodigioso che permette al suo studio di sopravvivere perfino alla scomparsa fisica della fondatrice. La banalità edilizia del progetto per Spittelau, che aveva in partenza la pretesa di tracciare una visione urbana del futuro, è oggi sommersa dalla pittoresca decorazione murale con figure, uccelli e polpi (!) che assaltano la nudità ascetica dei volumi immaginati dall’architetta anglo-irachena. Il kitsch urbano si è inesorabilmente ripreso lo spazio che gli era stato sottratto, amalgamandosi perfettamente con le decorazioni ecologico-romantiche del vicino inceneritore di Hundertwasser. La vita, insomma, la spunta sempre sull’Utopia.
Progetto architettonico: Zaha Hadid Architects (Zaha Hadid, Patrik Schumacher, Woody Yao, Maha Kutay)
Design: Zaha Hadid, Edgar Gonzales, Douglas Grieco, Paul Brislin, Patrik Schumacher, Woody K.T Yao
Architetti di progetto: Woody K.T Yao, Markus Dochantschi
Design Team: Wassim Halabi, Garin O’Aivazan, James Geiger, Clarissa Matthews, Paola Sanguinetti, Peter Ho, Anne Beaurecueil, David Gomersall, Maha Kutay
Architetti di progetto – realizzazione: Gunther Koppelhubuer, Woody K.T. Yao
Gruppo di progetto: Christina Beaumont, Adriano de Gioannis, Markus Planteu
Sturtture: AXIS Ingenieurleistungen (Vienna, Austria), M&E Engineer, AGP Engineering ZT GmbH (Vienna, Austria)
Impianti: Pfeiler Dr. Ziviltechnikergesellschaft GmbH (Graz, Austria)
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austria , rigenerazione urbana , social housing , vienna , zaha hadid
Last modified: 22 Febbraio 2021