Strettamente connessi, il capoluogo siciliano e il suo territorio offrono numerosi stimoli, tra antichi saperi e nuove realtà imprenditoriali e artistiche
Una città-territorio polisemica
Il paesaggio ragusano alterna riserve naturali (come quella del pino d’Aleppo presso Comiso e quella del fiume Irminio presso Modica), a necropoli scavate nella roccia (Cava d’Ispica), a vaste piane (come quella di Acate, famosa per il vino Cerasuolo). La costa da Scoglitti giunge a Sampieri (con la fotogenica Fornace Penna) e al porto di Pozzallo, che, oltre ad essere il principale approdo dei migranti (nel 2019 ne sono sbarcati 3.818), assicura il buon collegamento con Malta ampliando le opportunità d’imprenditori e professionisti locali, per terminare a Santa Maria del Focallo col suo caratteristico bosco retrodunale. La buona connessione tra i dodici comuni della provincia ha dato forma a una città diffusa in cui vivono 320.795 abitanti. La comune identità del territorio si manifesta nelle campagne e nei centri urbani: le prime sono solcate dalla fitta maglia di muri a secco realizzati a partire da metà Cinquecento da una classe di piccoli proprietari terrieri che cominciò a frazionare il grande feudo del territorio ibleo; le città sono invece state ricostruite nel XVIII secolo dopo il terremoto del 1693, dando forma a centri storici barocchi come quelli di Ragusa Ibla, Modica e Scicli, dal 2002 dichiarati Patrimonio UNESCO e noti in tutto il mondo anche perché fanno da sfondo a sceneggiati come Il Commissario Montalbano.
Antichi saperi e nuova imprenditoria
L’antica tecnica di costruzione dei muri a secco, dal 2018 iscritta dall’UNESCO nell’elenco del patrimonio immateriale dell’umanità, è tuttora praticata dai “mastri ri mura” (muratori) ragusani, ed è tra le tante espressioni della qualità artigianale di un territorio dove operano anche i marmisti specializzati nella lavorazione della pietra di Comiso, o nuove realtà imprenditoriali che reinterpretano i prodotti locali: come Sygla, che coniuga il design con l’uso di legni rigorosamente autoctoni; o Mangrovia, che a Scicli ha messo a punto un sistema per ridurre del 90% il consumo delle colture idroponiche. Accanto alla florida economia che, col 47% della produzione nazionale in serra di ortaggi e fiori, ha nell’agricoltura il suo settore trainante, questa città-territorio registra molte piccole e medie imprese in svariati comparti: enogastronomia, edilizia, marmi, legno e arredo, chimico-plastico e metalmeccanico-impiantistico. Anche per questo Ragusa, col suo ottantesimo posto, è la prima città siciliana nella classifica nazionale del Sole 24ore riguardante la qualità della vita nel 2019.
Qualità ad uso privato?
La tradizionale maestria artigianale e la vivacità economica del ragusano sono due fattori che hanno favorito la diffusa qualità dell’architettura degli interni e degli edifici a committenza privata. Una qualità evidente nelle realizzazioni dello studio Architrend Architecture, fondato nel 1989, e nei lavori di architetti più giovani come Francesco Nicita, Giuseppe Gurrieri, Nunzio Gabriele Sciveres, Laura Baragiola, StudioGum e Darch2.
Tuttavia, all’ambito privato fa da contraltare la scarsa qualità urbana delle nuove espansioni, tutte concentrate sul proprio lotto e prive di relazioni col contesto. Un fenomeno che esprime più carenza di progetto che mancanza di pianificazione, e che risulta ancor più stridente a confronto con l’amenità del paesaggio e dei centri storici. Per alimentare il dibattito sulla qualità degli spazi urbani, dal 2009 la Fondazione ARCH e l’Ordine degli Architetti hanno organizzano incontri e workshop internazionali, come quello sulla valorizzazione del sistema dei ponti storici di Ragusa curato da Gaetano Manganello nel 2014, e quello curato da Giuseppe Cocuzzella nel 2016 dedicato alla riqualificazione paesaggistica e architettonica dell’aeroporto di Comiso “Pio La Torre”, volto a ripensare il ruolo della più grande base NATO del sud Europa durante la Guerra fredda. Da segnalare inoltre la mostra “Changing architecture” curata da Mario Chiavetta e Gaetano Manganello, partita nel 2016 dall’allestimento sul Ponte nuovo di Ragusa per poi portare negli spazi urbani di tutte le province siciliane i progetti di cinquanta studi isolani.
La città più vivace e “giovane” della provincia (fu fondata nel 1607) è Vittoria, che col suo paesaggio di serre esprime tutta la complessità di un territorio in cui s’intrecciano tradizione e depauperamento delle risorse naturali. La serricoltura che ne ha spinto la crescita urbana pare quasi uno specchio del paesaggio industriale della vicina Gela e, non a caso, in questo luogo ha scelto di lavorare Giuseppina Grasso Cannizzo, Medaglia d’oro alla carriera della Triennale di Milano e premio alla carriera IN/Arch Sicilia 2020. Con le sue architetture decise, Grasso Cannizzo legge il contesto dando efficace prova di come possa caratterizzarsi l’architettura contemporanea in queste terre di confine.
La rete di CARAT
La provincia di Ragusa pare un’isola nell’isola capace di legare a sé intellettuali che vogliono scandagliare con lucidità il mondo contemporaneo partendo da un luogo ritirato: si pensi a Gesualdo Bufalino, che non lasciò mai la sua Comiso, o a Pietro Guccione, scomparso nel 2018, che ha riunito una comunità d’artisti a Scicli trasformandola in una delle principali mete dell’arte contemporanea in Sicilia. Per promuovere e valorizzare il patrimonio culturale del territorio ragusano è recentemente nato CARAT – Cultura, Architettura Rurale, Ambiente e Territorio, un sistema ecomuseale che mette in rete il patrimonio materiale fatto di edifici storici, parchi, riserve naturali, cave, siti archeologici, e quello immateriale fatto di tradizioni, racconti, tecniche e processi manifatturieri, folklore, scritti e canti popolari.
Il Museo del Costume nel castello di Donnafugata
Nella rete di CARAT c’è anche il castello di Donnafugata, sontuosa dimora la cui attuale configurazione risale a fine Ottocento e primo Novecento, allorquando il barone Arezzo De Spuches ristrutturò in stile neogotico un preesistente casale, trasformando anche le annesse aree agricole in un parco di 8 ettari che ospita due giardini, rispettivamente informale all’inglese e formale alla francese, un’area “rustica” con orto-frutteto, grotte artificiali e un labirinto in pietra la cui pianta trapezoidale riproduce quella del labirinto di Hampton Court, presso Londra.
Nei restaurati bassi del castello, il 16 ottobre 2020 è stato inaugurato il Museo del Costume – MuDeCo che espone la raffinata collezione di 2.782 pezzi tra abiti e accessori appartenuta a Gabriele Arezzo di Trifiletti e acquisita nel 2014 dal Comune. I lavori che hanno riguardato lo spazio architettonico e il restauro della collezione sono iniziati nel 2015, con il supporto della Banca Agricola Popolare di Ragusa. Il restauro dei bassi e l’allestimento dello spazio espositivo sono stati curati da Giuseppe Gurrieri e Nunzio Gabriele Sciveres, che hanno privilegiato l’approccio conservativo degli storici spazi caratterizzati da volte in pietra e hanno innestato delle micro-architetture in profilati metallici che, senza dissimulare la struttura preesistente, la esaltano mediante il contrasto materico e compositivo. Il nuovo allestimento, che risponde a esigenze tecniche e distributive – poiché modula la luce naturale, guida il percorso e supporta le luci orientabili e i tendaggi in velluto ignifugo posti a fondale dei reperti -, è completato da pedane e teche ove sono raccolti i pezzi più pregiati. Il progetto espositivo della collezione è stato curato dall’architetto e museologo Giuseppe Nuccio Iacono che, coadiuvato da uno staff multidisciplinare, ha delineato un percorso in cui abiti e accessori testimoniano le trasformazioni sociali degli ultimi tre secoli e raccontano la vita di chi ha indossato ciascun capo, rendendo visibile anche la parte immateriale di questa collezione, tra le più importanti d’Europa.
Bitume: fertilizzante culturale
In concomitanza con il MuDeCo è stato inaugurato anche Bitume – Industrial Platform of Arts, nuovo spazio artistico ospitato nell’ex fabbrica Antonino Ancione, dove fu prodotto il materiale per asfaltare le strade siciliane e di tante capitali europee. Il progetto site specific fa parte del festival d’arte pubblica FestiWall giunto al suo quinto anno. Con i suoi 30 murales, la kermesse coinvolge molti esponenti del muralismo contemporaneo proponendo una riflessione sull’archeologia industriale che, come sottolineato dal direttore artistico Vincenzo Cascone, «è rilettura di ciò che è stato rimosso, in dialogo fra arte e memoria, pieno e vuoto, evidente e nascosto».
Spazi come MuDeCo e Bitume ampliano l’offerta culturale e turistica di un territorio che negli ultimi anni ha registrato una significativa crescita, anche grazie al successo di eventi culturali diffusi come il festival letterario “A Tutto Volume”, giunto alla sua decima edizione e oggi tra i più apprezzati d’Italia poiché coniuga l’incontro con autori nazionali e internazionali con la scoperta dei luoghi più belli del centro storico di Ragusa superiore e Ragusa Ibla. Altro appuntamento di richiamo tra i palazzi storici di Ibla è la rassegna di fotografia contemporanea Ragusa Foto Festival che, sin dalla prima edizione del 2012, ha assunto un posto di rilievo tra le manifestazioni dedicate alla fotografia contemporanea e al fotogiornalismo promuovendo mostre, workshop, letture portfolio, proiezioni e presentazioni di artisti. Quella del 2020 è un’edizione più estesa che, dopo l’avvio del 24 luglio, si concluderà il 29 agosto 2021 con l’obiettivo di offrire una prospettiva di valorizzazione e promozione del patrimonio locale, sottolineando il ruolo della cultura come motore strategico per la ripartenza del nostro Paese.
In copertina, panorama dalla torretta del castello di Donnafugata (© Archivio AutonomeForme)
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beni culturali , musei , Ragusa , ritratti di città , sicilia
Last modified: 24 Novembre 2020