Il programma estivo del Museo nazionale delle arti del XXI secolo rivede mostre e allestimenti in chiave post pandemica
ROMA. Con il lockdown la mostra «AT HOME. Progetti per l’abitare contemporaneo», prevista fino al 22 marzo, è stata costretta ad una brusca sospensione. In occasione della riapertura il MAXXI propone dal 18 giugno «AT HOME 20.20», una versione 2.0 dell’allestimento, a cura di Margherita Guccione e Pippo Ciorra, che riprende il filo del discorso interrotto aggiungendo al già complesso tema dell’abitare un nuovo essenziale interrogativo: in che modo il progetto di architettura può recepire e far proprie le mutate modalità d’uso dello spazio domestico a valle dell’emergenza Covid-19?
La mostra si amplia e si orienta dunque in due direzioni: da un lato affiancando all’esposizione esistente un secondo livello di ricerca incentrato sul design per l’abitare contemporaneo; dall’altro proponendo a cappello e a conclusione dell’allestimento una raccolta di contributi video, documentari e interviste che tentano di sistematizzare le riflessioni in atto e dar voce alla comunità dell’architettura per mettere a punto un nuovo paradigma operativo post pandemia. Se il primo allestimento prendeva le mosse dall’analisi dell’evoluzione degli spazi domestici dal dopoguerra ai giorni nostri, mettendo in parallelo opere di grandi maestri dell’architettura e progetti di autori di nuova generazione, la versione rieditata mantiene l’espediente narrativo del confronto a coppie di architetti di epoche differenti, spostando però il fulcro dell’attenzione all’interno dell’ambiente domestico. Si mette a fuoco infatti il tema della produzione del design moderno e contemporaneo e il mutato ruolo degli oggetti di design da meri elementi d’arredo a dispositivi multifunzionali che «declinano di volta in volta il loro potenziale funzionale adattandolo alla mutevolezza delle esigenze». Ne è un esempio la coppia Castiglioni/Arezzi: i progetti «Rampa» di Achille Castiglioni (1965) e «Binomio» di Giuseppe Arezzi (2019), seppur concepiti a più di quaranta anni di distanza, nascono dal comune intento di fornire una molteplicità di servizi e funzioni all’utente: una scala che è anche un moltiplicatore di piani di appoggio nel caso di Castiglioni, uno scrittoio che è al contempo seduta e servo muto nel progetto di Arezzi. Altrettanto convincente è l’accostamento tra l’«Abitacolo» di Bruno Munari (1971) e il «Duo Seat+Lamp» del gruppo belga Muller Van Severen (2011), dove il comune denominatore è l’utilizzo di una matrice a griglia metallica: in entrambi i casi il telaio si trasforma per assecondare le esigenze dell’utente assorbendo in sé tutte le funzioni originariamente contenute in un’intera stanza, superando l’identità tipologica del mobile “arredo”. La raccolta di interviste si apre invece con «Lockdown Lofi – Voci dalla collezione di architettura del MAXXI», una serie di video-selfie in cui architetti di fama quali David Adjaye, Patrik Schumacher dello studio Hadid, Cino Zucchi e Stefano Boeri rispondono a cinque domande sull’impatto della pandemia sulla loro attività professionale.
Alle interviste curate dal MAXXI seguono due progetti video prodotti durante il lockdown: «Welcome to the post-analog condition», ideato dal Circolo del design di Torino e «radioarchitettura vs covid» proposto dal gruppo radioarchitettura. Entrambi i progetti raccolgono opinioni di pensatori, designer, architetti e critici per meglio comprendere i segni indelebili tracciati dalla quarantena sulla società contemporanea.
La mostra si conclude con «DOC HOME 2020», un ciclo di documentari proiettati all’interno delle stanze dell’installazione «Home sweet Rome/ No man is an Insula» di Rintala Eggertsson, già allestita nella prima versione della mostra. I sette documentari, realizzati in collaborazione con Art Doc Festival, descrivono in diverso modo lo spazio dell’abitare contemporaneo: raccontando l’opera di grandi architetti moderni quali Alessandro Mendini, Achille Castiglioni e Gio Ponti; proponendo una rilettura di case d’autore tra cui le ville toscane di Leonardo Ricci e Villa Ottolenghi a Bardolino di Carlo Scarpa; svelando la personalità singolare di case di grandi personaggi della scena culturale e artistica italiana attraverso gli occhi e la narrazione dei loro proprietari.
La mostra «AT HOME 20.20» si inserisce nell’ambito di un filone di ricerca più ampio promosso dal MAXXI sul tema dello spazio domestico ai tempi della pandemia. In parallelo si svolgono infatti altre tre rassegne degne di nota: il progetto espositivo digitale «Casa Mondo», che coinvolge sette designer chiamati a proporre la loro visione sul mutato ruolo dello spazio domestico a colpi di post su Instagram; l’installazione «After Love» di Vedovamazzei [immagine di copertina; © Musacchio, Ianniello & Pasqualini], la “casa sbilenca” ispirata al cortometraggio One Week di Buster Keaton; l’installazione «Home Sweet Home» di Lucy Styles, premiata come vincitrice dell’ottava edizione di YAP Rome at MAXXI e della sezione under 40 del Premio italiano di Architettura, promosso dal MAXXI con la Triennale di Milano. L’architetta londinese allestisce la “casa del futuro” come una sequenza di ambienti in cui “si intrecciano spazi privati e luoghi pubblici, l’ordinario e lo straordinario”, ponendo in evidenza come la pandemia abbia sovvertito in maniera definitiva l’equilibrio tra gli spazi dell’abitazione e quelli della città. Il progetto, ospitato nella piazza del MAXXI dal 30 giugno, inaugura ufficialmente la riapertura del museo e il calendario degli eventi di «Estate al MAXXI».
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Last modified: 6 Luglio 2020