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Paola PorrettaWritten by: Patrimonio Professione e Formazione

Faragola: dopo le fiamme, il laboratorio modello deve rinascere

Faragola: dopo le fiamme, il laboratorio modello deve rinascere

Riceviamo e pubblichiamo una lettera che s’interroga sul futuro del sito archeologico pugliese a due anni dall’incendio

 

La villa tardoantica di Faragola era una delle più importanti dell’Italia meridionale, ben nota – a livello nazionale e internazionale – a tutti gli studiosi di ville tardoantiche e abitati altomedievali. Gli elementi architettonici (tra cui la cenatio – la ricca sala da pranzo – e il prezioso stibadium – il divano in muratura per banchetto) e i rivestimenti decorativi rappresentavano un unicum in tutto il bacino mediterraneo.

Tuttavia Faragola era molto più di un sito d’interesse esclusivamente archeologico. È stata, dal 2003 al 2017, un grande laboratorio d’idee e proposte, una fabbrica di progetti, un volano per l’integrazione territoriale, un terreno di sperimentazione, innovazione e creatività. Il MiBACT, la Regione Puglia, l’Università di Foggia e il Comune di Ascoli Satriano hanno lavorato d’intesa per oltre quindici anni in questo territorio nella periferia di Foggia, attivando con successo un circolo virtuoso di ricerca, formazione, tutela, valorizzazione e sviluppo locale.

Faragola è stato uno dei più grandi cantieri-scuola realizzati in Europa. È stata un modello di ricerca multi e interdisciplinare e la copertura degli scavi è stata l’occasione per sperimentare una reale, e non sempre diffusa, sinergia tra architetti e archeologi. Faragola è stata nel tempo instancabilmente raccontata (nei libri e nei convegni, ma anche con documentari su youtube, libri per bambini, audioguide “teatralizzate”, ricostruzioni 3d e time machine, visite virtuali, giochi 3D). Gli scavi sono stati la scenografia di performance teatrali con la partecipazione di cittadini, studenti, docenti universitari e attori professionisti. Per Faragola sono stati progettati percorsi senza barriere architettoniche, per ipovedenti e per fruizioni notturne. La villa, infine, è stata anche il volano per programmare un’offerta turistica di qualità che ha valorizzato l’intero contesto territoriale. Ma soprattutto, fino al 2017, Faragola è stata una grande famiglia, una comunità che ha condiviso un progetto culturale e ha saputo trasformare un luogo sperduto delle campagne pugliesi – in passato noto alle cronache nazionali soltanto per atti malavitosi – in un modello per l’archeologia italiana e internazionale.

Oggi, però, quanto si è fatto per Faragola è storia del passato. Un incendio, scoppiato nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017, ha letteralmente distrutto un patrimonio d’inestimabile valore e ha messo la parola fine a tutto quello che la villa è stata capace di rappresentare, anche al di là dell’archeologia in senso stretto.

Come tutte le imprese ambiziose, Faragola ha avuto nel tempo ampi consensi ma anche alcuni detrattori e il triste epilogo ha spesso aumentato la distanza tra visioni diverse, ritardando, inevitabilmente, qualsiasi iniziativa di auspicabile recupero. All’indomani della distruzione sono state lanciate campagne di crowdfunding, sono stati stanziati soldi pubblici (mai spesi), sono state fatte ipotesi di restauro e ricostruzione (mai andate in porto) e, anche se a distanza di due anni ci s’interroga ancora sulla natura del rogo (colposo o doloso?), oggi è di nuovo possibile immaginare un nuovo futuro. L’archeologo Giuliano Volpe, vero deus ex machina di tutto il progetto, non ha mai smesso di crederci. In questi due anni ha continuato a sostenere la valorizzazione di Faragola con la stessa intensità con cui in passato l’ha promossa, insieme con l’archeologa Maria Turchiano e tanti altri ricercatori, studenti, cittadini, politici locali e rappresentanti delle istituzioni.

L’incendio è ormai un dato di fatto, tuttavia, per quanto doloroso, dev’essere considerato un’opportunità per il futuro, un’occasione per continuare a sperimentare. Il progetto culturale può essere riattivato e i conflitti non sopiti possono trovare finalmente una composizione per sperimentare altre iniziative e condividere nuovi processi. Su Faragola si può (e si deve) continuare a scommettere. Ci crede Volpe, lo sostiene l’intera comunità scientifica e ora, finalmente, anche la politica può fattivamente provare a intervenire di nuovo. Proprio in questi giorni, nelle casse del Comune di Ascoli Satriano è arrivato un finanziamento pubblico di circa 3 milioni. La speranza è che Faragola possa tornare ad essere, come in passato, un esempio virtuoso di approccio globale al patrimonio e un modello di archeologia pubblica. La speranza è che, già da domani, si possa iniziare a scrivere la storia di Faragola dopo Faragola.

Autore

  • Paola Porretta

    Architetto (Roma Tre, 2001), dottore di ricerca (IUAV, 2007), è ricercatrice in Restauro architettonico presso il Dipartimento di Architettura di Roma Tre, dove insegna nelle lauree magistrali in Progettazione architettonica e in Restauro; è membro del collegio docenti del Master internazionale di II livello biennale in “Culture del patrimonio” e del Dottorato di ricerca in “Architettura: innovazione e patrimonio”. Dal 2001 svolge attività di ricerca e di consulenza progettuale, in collaborazione con istituzioni pubbliche e private, nel campo del restauro e della valorizzazione dei paesaggi culturali, sia urbani che extraurbani. È autrice di numerosi saggi e articoli; ha recentemente pubblicato la monografia “L’invenzione moderna del paesaggio antico della Banditaccia. Raniero Mengarelli a Cerveteri” (Quasar 2019)

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Last modified: 28 Ottobre 2019