Casa come albergo, approdo di vita quotidiana, palcoscenico per attori dimenticati, teatro di vita a portata di click, abitazione prêt-à-porter e luogo di vacanza permanente: è la (W)ego House di The Why Factory
Mentre gli oggetti sono al passo coi tempi e ricalcano forme di personalizzazione spinta, scolpiscono un mondo di desideri nascosti, stimolano reazioni innescando forme diverse di socialità, salendo di scala, per il tema dell’abitazione il concetto di personalizzazione è molto più arduo considerata la grande dimensione urbana, quasi sempre schiacciante i desideri dei singoli individui. Come antidoto a questa mancanza di appeal dell’abitare nella metropoli contemporanea nasce l’installazione (W)ego House (2017) ideata assieme agli studenti all’interno della The Why Factory, l’istituto che, condensando ricerca ed insegnamento, da diversi anni indaga sulle possibilità di futuro sviluppo delle città, fondato da Winy Maas, partner di MVRDV, all’interno della Facoltà di Architettura di Delft. Progetto che proprio in questi giorni ha ottenuto il prestigioso Architectural Media Jury Award all’interno della settima edizione della Bi-City Biennale di Urbanistica e Architettura di Shenzen dedicata al tema Cities, Grow in Difference (conclusasi lo scorso 17 marzo), dove l’installazione è stata esposta.
In questo caso, il modo di abitare viene puntualmente tradotto in “oggetto del desiderio”. L’abitare, in un certo senso, viene “oggettivato” e declinato in una sommatoria di desideri comuni che diventano cinghia di trasmissione della nostra vita in città.
Motivo di ispirazione è l’albergo, come sommatoria di stanze che contengono persone tra le più diverse. Se tale diversità viene ora messa in valore rispetto a ciò che accomuna i desideri di alcuni gruppi di utenti, ne nasce un habitat eccentrico, organizzato come un gioco di incastri con 9 stanze, ognuna di colore differente per ricalcare i diversi desideri dei gruppi di utenti.
È così che in futuro sarà anche possibile risparmiare spazio e abitare città gestite in prima persona dal desiderio degli stessi utenti, a conferma del fatto che «io e non io, esterno e interno non significano più nulla» come ricordava Gilles Deleuze: ovunque troviamo solo “macchine produttrici e desideranti”, proprio come questo albergo immaginario.
Potremmo dire che nel tema dell’albergo è anche concentrata l’idea di una città futura come servizio puro, verso una possibile sparizione della sua ben nota immagine – puzzle crudele di emarginazione, incoerenza o lusso estremo. Qui, invece, il gioco di incastri viene utilizzato per l’emersione di “noi tutti”, fantasiosi abitanti del XXI secolo. Nella (W)ego House c’è davvero posto per tutti.
Il concetto di albergo, se rinnovato rispetto all’idea tradizionale che lo inquadrerebbe come edificio extra nella città, può prendere parola e diventare approdo di vita quotidiana, palcoscenico per attori dimenticati, teatro di vita a portata di click, abitazione prêt-à-porter. Fino a trasformarsi in un luogo di vacanza permanente (perché no?), dove esplicare – in modo si capisce intercambiabile – una varietà di funzioni illimitata. «Sappiamo – affermano alla The Why Factory – che la città densa deve essere costruita ma, mentre costruiamo la città, non possiamo dimenticare i desideri di ciascun individuo e il loro sogno di casa: la casa di chi metterà il proprio nome sulla cassetta delle lettere».
Alla The Why Factory i progetti che tessono possibili futuri della città sono tanti: Anarcity, Food City, Green Dream, solo per citarne alcuni, esposti anche a Milano nel 2017, nei locali dello Spazio FMG. L’obiettivo d’innescare un dibattito pubblico sull’architettura e l’urbanistica contemporanea sembra essere riuscito. The Why Factory – infatti – analizza il mondo in cui viviamo e produce scenari futuri al di là di esso; dall’universale allo specifico, dal globale al locale. Essa propone costruzioni e visioni ipotetiche della società e della città; dalla scienza alla fiction e viceversa.
Come afferma Maas: «Una visione è, in un certo senso, ciò che accade tra un punto di domanda e una proposta. Essa pone grandi domande e poi crea un’immagine per il futuro con la sua risposta. Soprattutto, una visione è un sogno per la città e per la sua traduzione in spazio di vita, offrendo una prospettiva per il futuro della società a lungo termine, unitaria e seduttiva. Essa è in parte dettata dalla curiosità, in parte dalla fantasia e in parte da problemi reali da risolvere. Il ruolo del visionario è quello di guidare, dirigere e riassumere un percorso per questo mondo sempre più urbano».
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Ricerca e ideazione: The Why Factory
Costruzione e disegni esecutivi: MVRDV
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Tag
allestimenti , social housing
Last modified: 28 Marzo 2018
[…] senso, i nostri desideri prendono forma come nella Poro-city, l’ultima ricerca partorita alla Why Factory (l’istituto fondato da Maas per indagare sul futuro delle città) che, contro le ristrettezze […]