Visita al parco tecnologico nel comparto ex Alumix, su progetto di concorso di Chapman Taylor e Claudio Lucchin Associati: un’occasione per fare il punto sui principali progetti del capoluogo altoatesino
Nella zona industriale
BOLZANO. Entrando in città da sud, due landmark accolgono l’automobilista: il noto quartier generale di Salewa (Cino Zucchi Architetti e Park Associati, 2011) e il termovalorizzatore, “carrozzato” proprio dall’architetto Claudio Lucchin (vincitore, con TBF+Partner e altri, di un concorso del 2004, realizzato nel 2013); due opere in relazione tra loro e con la morfologia del paesaggio circostante. Alle loro spalle, procedendo verso il centro città, s’incontra la zona industriale: un vasto comparto (circa 250 ettari, inclusa l’area fieristica) dove operano 2.000 aziende per 20.000 addetti (100.000 gli abitanti di Bolzano) che non si presenta come la solita terra di nessuno priva di disegno urbano. Viali alberati, marciapiedi, piste ciclabili e servizi di trasporto pubblico, maglia d’isolati regolari che, qua e là, non disdegnano le buone regole dello städtebau. Certo, soprattutto nella parte più datata, risalente agli anni ’30/’70, troviamo lotti abbandonati, degradati o sottoutilizzati; altrove balzano all’occhio urbanizzazioni incomplete o attività dismesse, effetto di accentuate morie dovute a rotazioni a saldo negativo. E se la grande distribuzione sta trovando da tempo radicamento fertile nelle ampie maglie della griglia, si registrano anche insediamenti di particolare rilevanza legati all’ambito produttivo e della ricerca: tra gli altri, vanno ricordati i cantieri in corso delle aziende Stahlbau Pichler, Hafner e TechnoAlpin.
NOI Techpark
Per la rilevanza delle preesistenze e per la natura dell’intervento, spicca la trasformazione dell’ex Alumix, riuscito mix tra restauro filologico e addizioni schiettamente contemporanee. Dallo scorso ottobre, il comparto ospita NOI (Nature Of Innovation) Techpark, parco tecnologico in cui laboratori di ricerca applicata, università e imprese che operano nel campo dell’innovazione collaborano su un ventaglio di competenze che vanno dall’antropologia all’alimentazione, dalle infrastrutture al turismo. Obiettivo del progetto (gestito, per conto della Provincia Autonoma di Bolzano, da Business Location Südtirol che, insieme ad altre società pubbliche, è poi confluita in IDM Südtirol, attuale gestore del tecnopolo) è quello di offrire alla città sia un centro di ricerca all’avanguardia, sia un nuovo polo culturale.
La scelta è ricaduta sul comparto voluto dal fascismo a fine anni ’30, di proprietà della Montecatini: un’autentica cattedrale nel deserto che diventerà lo stabilimento più grande d’Italia per la produzione di alluminio, prima della dismissione negli anni ’90. I fabbricati, progettati nell’anonimato degli uffici tecnici aziendali, rivelano un razionalismo monumentale che trova echi nelle fabbriche di Behrens e Gropius.
Nel 2007, il concorso internazionale d’idee bandito dalla Provincia di Bolzano apre la strada al recupero, il cui primo segno tangibile risale all’anno successivo, quando, in occasione della settima edizione della Biennale d’arte europea “Manifesta” ospitata in vari siti del capoluogo altoatesino, il polacco Mariusz Waras (alias M-City) decora a murale l’iconica torre piezometrica che si erge sul piazzale d’ingresso.
Tuttavia, entrando dall’elegante cancello (aperto 7 giorni su 7 dalle 8 alle 22), il serbatoio dell’acqua non è il solo a colpire: vi sono i bassi fabbricati perimetrali accuratamente restaurati e riconvertiti a servizi (particolarmente elegante il bar ristorante), l’arioso piazzale in porfido, gli spazi a verde per il relax, i giochi e le pratiche sportive, ma soprattutto i tre edifici principali.
Rivestito in pannelli di schiuma di alluminio ossidata nera (un omaggio alle lavorazioni d’un tempo, ma anche all’idea d’innovazione e di trasferimento tecnologico dall’ambito militare a quello civile), il volume costruito ex novo affianca senza timori reverenziali una delle due pregevoli preesistenze monumentali, un tempo centrali di trasformazione elettrica, vincolate dal 2004. Ribattezzato dai progettisti Black Monolith, si tratta di un parallelepipedo inclinato che, nelle intenzioni (ma bisognerà attendere il cantiere dei successivi lotti, in parte d’iniziativa pubblica e poi legati a eventuali ulteriori richieste d’insediamento dei privati), emerge obliquamente dal suolo quale simbolo dell’instabile conoscenza umana: un richiamo diretto all’enigmatico totem del film 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. In testata, l’edificio è sospeso su pilastri rivestiti in metallo specchiante. Al di sotto, una cavea gradonata, che asseconda l’inclinazione del sovrastante volume, funge da teatro all’aperto e dà accesso al centro congressi ipogeo, mentre una corte d’ingresso al piano e un giardino d’inverno sopraelevato alleggeriscono ulteriormente la massa unitaria. Gli interni, disegnati totalmente su misura, configurano differenti tipologie di ambienti flessibili per postazioni di lavoro open, sale riunioni e uffici dirigenziali. Tra gli altri, vi sono ospitati l’Università, l’EURAC e altri enti di ricerca (tra cui l’Agenzia CasaClima).
L’adiacente edificio storico (BZ1), collegato in più punti con quello nuovo, ospita invece l’incubatore d’impresa. Caratterizzato da un restauro filologico, presenta gli impianti a vista e la differenziazione cromatica e/o materica tra preesistenze e aggiunte, con alcune complicazioni claustrofobiche negl’inserti dei box ufficio all’interno dei grandi spazi a tutt’altezza, dovute alla richiesta della Soprintendenza di preservare l’integrità delle strutture originarie. Così, le teche vetrate e le passerelle lignee risultano staccate dagli involucri e sospese o appoggiate sul già fitto reticolo di travi in cemento armato che un tempo reggevano i trasformatori elettrici. A ovest, indipendente, l’edificio BZ2 ospita invece i laboratori di ricerca. Qui prevale il recupero, non senza qualche leziosità negli inserti delle boiseires autoportanti che configurano le aree studio.
Parcheggi e spazi tecnici sono confinati nei piani interrati, mentre il fotovoltaico è confinato sulla copertura del Black Monolith. Estesa alla valutazione ambientale complessiva, la certificazione LEED ND v4: Plan Gold sancisce la qualità dell’intervento.
Il punto sul Masterplan
La zona industriale è uno dei grandi comparti di trasformazione in cui stanno trovando attuazione le indicazioni del Masterplan dell’intera città, adottato dall’amministrazione comunale nel 2010. Le altre zone “calde” si trovano proseguendo verso il centro. Alle spalle della stazione, l’aerale ferroviario ha visto la costituzione di una società pubblica incaricata di gestire l’operazione (leggasi, trovare investitori) per concretizzare il progetto di Boris Podrecca, vincitore nel 2011 del concorso internazionale.
Poco distante di lì, sempre in direzione del centro storico, è partito il cantiere del Comparto di riqualificazione di via Alto Adige, una grande operazione di trasformazione dell’Immobiliare Signa (nelle mani del tycoon austriaco René Benko): un ragguardevole centro commerciale (35.000 mq) e poi terziario, residenziale (140 appartamenti) e ricettivo (180 stanze) griffati David Chipperfield (anche se forse non sarà l’opera più celebrata dell’architetto britannico). Il Piano di Riqualificazione Urbanistica (PRU vie Alto Adige, Perathoner, viale Stazione e via Garibaldi) prevede, come opere a scomputo, un tunnel in direzione nord-sud per liberare il traffico di superficie di fronte alla stazione. L’intero progetto ha animato il dibattito pubblico (contrario che vi vedeva l’ennesima svendita della città ai privati), suggellato da un referendum che ha approvato l’operazione a larga maggioranza (64,39%).
Infine, è in avanzata fase di cantiere l’intervento, assai più contenuto nelle dimensioni ma proiettato sulla centralissima piazza Walther, inerente il comparto di Palais Campofranco, che vedrà la riqualificazione di parte di un fronte del salotto buono della città.
NOI Techpark: la carta d’identità del progetto
Committente: Business Location Südtirol (Provincia Autonoma di Bolzano)
Progetto architettonico: Chapman Taylor Italia (Milano) e Studio CLEAA (Claudio Lucchin e Architetti Associati, Bolzano), con Andrea Cattacin (Trento)
Strutture: Bergmeister Studio di Ingegneria
Impianti: Manens Tifs
Restauri: Lares
Direzione lavori: Claudio Lucchin
Imprese: Misconel, Bettiol, Volcan
Carpenterie metalliche: Metall Ritten
Opere in legno: Damiani Holz&Ko, LignoAlp
Arredi su misura: Cappelletti, Fine Line, Kager Friedrich, Kofler
Progetto grafico: DOC
Dimensioni
Cubature: fuori terra 145.264 mc, interrate 57.423 mc, totale 202.687 mc
Superficie netta: 42.420 mq
Aree pubbliche esterne: 5.500 mq
Costi
Bonifiche: 1.293.776 euro
Lavori: 54.930.062 euro
Arredi: 7.947.732 euro
Totale: 64.171.570 euro
Costo parametrico edile: 271 euro/mc
Costo parametrico edile e arredi: 310,2 euro/mc
Cronologia
2007-2008: concorso internazionale di idee
2008-2012: progetto
2015-2017: cantiere
20 ottobre 2017: inaugurazione
Funzioni: centri di ricerca, laboratori, attività imprenditoriali nei settori dell’Ict e dell’automazione, delle tecnologie alimentari, alpine e dell’efficienza energetica. All’avvio, attraverso specifici contratti di locazione, si sono insediati 6 centri di ricerca di eccellenza (per circa 500 ricercatori), 25 startup e 30 aziende
Web: noi.bz.it/it
Guarda i video del progetto: youtube.com/watch?v=Oi6xd9dt4hU – youtube.com/watch?v=P3mQzeOKRaE (credits, Studio Antimateria & Alpsvision | IDM Südtirol / Alto Adige)
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bolzano , concorsi , restauro , rigenerazione urbana
Last modified: 10 Gennaio 2018