4500 mq, 20 milioni di euro e 3 anni di lavori. Sono i numeri del nuovo ospedale che RPBW realizzerà a Bologna tra metafore e realtà
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BOLOGNA. Kalòs kai agathòs, un ellenico ideale di bellezza che crea corrispondenze tra l’uomo e la natura: questo è il nucleo del progetto per l’Hospice pediatrico della Fondazione Hospice MT. C. Seràgnoli, presentato da Renzo Piano il 27 giugno a Bologna. Confermando il suo ruolo di grande divulgatore, l’architetto ha scelto di raccontare il progetto non solo a una stretta cerchia di giornalisti ma, su invito del Magnifico Rettore Francesco Ubertini, anche alla comunità accademica e agli studenti del Dipartimento di Architettura dell’Alma Mater Studiorum.
L’occasione di confrontarsi con un progetto cosi delicato si è presentata nel 2014, grazie all’invito di Isabella Seràgnoli, imprenditrice bolognese e presidente di Coesia, la quale ormai da anni in città si è fatta committente di architetture che rispecchiano la sua attività filantropica. Sotto la guida di questo «silenzioso e attento capitano», RPBW trasformerà il lotto adiacente all’Ospedale Bellaria in un luminoso bosco di circa 400 alberi a foglia caduca – acacie, aceri, carpini e altri – che avvolgerà i corpi del nuovo complesso.
L’Hospice si presenta come un’architettura sobria di vetro, acciaio e cemento, sospesa tra cielo e terra: tra la tecnologia del fotovoltaico policristallino e le radici degli alberi, «metafora di guarigione». L’architettura diventa così parte della terapia, «gesto di dignità e di civica responsabilità» e veicolo di una bellezza profonda che, al pari degli strumenti della scienza medica, contribuisce ad alleviare la sofferenza dei piccoli pazienti e dei loro genitori. La malattia crea una sospensione del tempo che i progettisti hanno tradotto come una sospensione spaziale, «un’apnea» distaccata da terra di 8 metri che tuttavia non allontana i bambini dal mondo, permettendo loro di continuare ad allenare il gioco, l’apprendimento e la curiosità.
La struttura, per un totale di 4.500 mq, si articola in un corpo principale che ospita 14 posti letto, spazi per le terapie e l’incontro, un giardino centrale e tutti i servizi e la complessa rete impiantistica. Le stanze sono state progettate con un’aaltiana attenzione al benessere psicofisico degli ospiti: dal delicato uso della luce fino ai dettagli costruttivi delle vetrate che si aprono sul bosco. Dall’edificio centrale, collegati con leggeri ponti sospesi, si dipartono come dei satelliti tre corpi minori: due offrono 8 residenze per i genitori e nel terzo, filtrato da una sala di meditazione, è collocata la camera mortuaria. Purtroppo, l’assenza della descrizione e della presentazione di quest’ala costituisce un’occasione mancata di sincero dialogo sugli spazi della morte, che rimane ancora l’ultimo vero tabù della società occidentale. Probabilmente questa scelta è stata dettata dal differente ruolo che la struttura pediatrica ha rispetto all’idea comune di hospice: gli spazi sono infatti dedicati alla cura e al supporto di malattie croniche e inguaribili e fortunatamente solo una piccola parte di ricoveri è di fine vita.
I lavori, che ammonteranno a 20 milioni di euro, partiranno a fine autunno 2017 e dovrebbero concludersi in tre anni. Il cantiere vedrà coinvolto lo studio RPBW e la Fondazione Hospice, proseguendo quel corale lavoro di équipe in cui «non si tiene la contabilità delle idee» e che caratterizza da sempre la costruzione di una buona e bella architettura.
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Last modified: 30 Giugno 2017
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