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Antonello AliciWritten by: Interviste

Kieran Long: l’architettura si occupi anche dell’immigrazione

Kieran Long: l’architettura si occupi anche dell’immigrazione

Capo di dipartimento del Victoria and Albert Museum di Londra, assistant director di Chipperfield alla Biennale di Venezia 2012, tutor al Royal College of Art di Londra, critico di architettura e presentatore per la BBC. Intervista al nuovo direttore dell’ArkDes di Stoccolma

 

Il Museo dell’architettura svedese (Arkitekturmuseet) è stato fondato nel 1962 dall’Associazione nazionale degli architetti svedesi per promuovere l’architettura del Paese, sulla base di un archivio fotografico ben presto arricchitosi di disegni dei principali architetti del secondo Ottocento e primo Novecento. Arkitekturmuseet è diventato istituto statale nel 1978 ed ha consolidato il suo ruolo di polo centrale per l’architettura ampliando la collezione e promuovendo mostre di grande rilevanza, una stagione di successi coronata dalla nuova sede, nell’isola di Skeppsholmen, nel noto complesso che comprende anche il Moderna Museet progettato da Rafael Moneo e inaugurato nel 1998. Nel 2013 il governo ha ridefinito il ruolo del museo trasformandolo in Centro nazionale per l’architettura e il design (The Swedish Centre for Architecture and DesignArkDes). Tra gli oltre 500 archivi di architetti dalla metà dell’Ottocento a oggi, figurano quelli di Ragnar Östberg, Gunnar Asplund, Sigurd Lewerentz, Sven Markelius, Ralph Erskine.

Kieran Long ha maturato una grande esperienza in campo museale e dell’architettura e design, grazie al suo ruolo di Keeper of the Department Design, Architecture and Digital presso il Victoria and Albert Museum di London dal 2013. E’ stato Assistant Director di David Chipperfield alla Biennale di Venezia nel 2012 e tutor al Royal College of Art di Londra. Long è noto anche come critico di architettura, avendo lavorato per molte importanti testate come «Architectural Review» e, dal 2009, come presentatore televisivo alla BBC

«Long è un leader di fama internazionale nel campo dell’architettura e del design. Il fatto che intenda dirigere ArkDes rappresenta un riconoscimento sia di questo centro nazionale che della rilevante posizione svedese in questo campo. Questo è davvero un buon inizio verso un anno in cui il ruolo della cultura nella costruzione della società continuerà a rafforzarsi», ha affermato Bah Kuhnke, ministro per la Cultura e la democrazia.

Da Londra a Stoccolma, Long porta con sé entusiasmo, grinta e tanta esperienza per affrontare una sfida tutt’altro che semplice: ridisegnare l’immagine e restituire un’identità forte all’ArkDes nella capitale svedese. Insediato nella sua nuova mansione dal 18 aprile, alla vigilia della partenza per Stoccolma, Long ha accettato di discutere le sue idee e i suoi programmi con Il Giornale dell’Architettura.

 

Lei viene da un’esperienza di grande successo per uno dei più prestigiosi musei del mondo, il Victoria and Albert di Londra. Qual è stato il suo ruolo, quali obiettivi e sogni aveva, e come giudica i risultati?

Il mio principale obiettivo era di contribuire a ridefinire l’identità del V&A nell’ambito dell’architettura e del design contemporaneo e aprirlo all’esterno verso le altre istituzioni della città. Ho subito considerato come un ostacolo la rigida organizzazione del museo in dipartimenti legati ai materiali delle collezioni (Moda, Fotografia, Tessuti, Pittura, Gioielleria, Ceramica, ecc.). Sentivo la necessità di un approccio differente, cosi ho creato un nuovo dipartimento capace di superare quei limiti ampliando la scala degli interessi fino ad includere la vita pubblica ad ogni livello. L’idea si è concretizzata nel progetto “Rapid Response Collecting”, che ha portato nel museo i temi della globalizzazione, delle nuove frontiere urbane, della sicurezza, delle nuove tecnologie, e nelle collezioni oggetti inconsueti e controversi – come il “primo fucile realizzato con una stampante 3D” – per riflettere su come i rapidi cambiamenti globali influenzino la società. Ho anche lavorato a grandi mostre tematiche, quali “Engineering the World: Ove Arup” , “Philosophy of Total Design”, “All of This Belongs to You”, e alla definizione di progetti sul futuro del design e dei videogames. Questo approccio, orientato con chiarezza verso il rapporto Design and Public Life credo abbia dato grandi risultati. E’ l’eredità che lascio dietro di me al brillante gruppo di lavoro che mi ha sostenuto.

 

ArkDes è stata un’istituzione pionieristica nel campo dell’architettura contemporanea insieme all’omologo museo di Helsinki. Come ne valuta la nuova missione sotto la sua guida?

Arrivato a Stoccolma, avrò bisogno di orientarmi nel dibattito culturale in atto e di comprendere la storia di un’istituzione cosi importante. Il mio compito è di dare ad ArkDes un profilo più internazionale e allo stesso tempo di farne una piattaforma nazionale per l’architettura e il design. Sono entusiasta di avere l’opportunità di dirigere ArkDes e sono fiducioso di poter sviluppare qui quanto ho avviato al V&A, guardando alle relazioni del design (intenso nel senso più ampio) con la vita pubblica. La Svezia è terra di una delle più significative culture del design e ArkDes ha piene potenzialità per diventare un centro europeo di studi sulla città e un luogo di eccellenza per le mostre di architettura e design. La sua posizione privilegiata nell’edificio di Rafael Moneo nella storica isola di Skeppsholmen nel cuore di Stoccolma, le sue prestigiose collezioni sulla storia dell’architettura svedese (che comprendono tra gli altri gli archivi di Lewerentz e Asplund), due grandi spazi espositivi, una biblioteca e un archivio a disposizione del pubblico, e come vicino uno dei più grandi musei d’Europa, il Moderna Museet. ArkDes ha una condizione unica nel suo ruolo di museo e di piattaforma nazionale per il dibattito e la ricerca sul futuro della città, dell’architettura e del design svedesi. Questo ruolo politico è vitale in questo momento, mentre la Svezia si appresta ad affrontare un nuovo boom edilizio. Alla base del dibattito che si annuncia sui temi della città e dell’architettura, ci sono la nostra straordinaria collezione, la nostra biblioteca e una grande competenza. A partire da questa base di architettura, vogliamo sondare con ampio respiro quanto la pratica professionale sia capace di sostenere le trasformazioni future delle nostre città. Sono convinto che ArkDes possa offrire una straordinaria piattaforma per la sperimentazione e per sondare le nuove frontiere del progetto, soprattutto nel campo del digitale, distinguendosi da altri musei e istituzioni della Svezia. Ho in mente che dovremo proporre straordinarie mostre di architettura e design ma anche dare spazio a letture innovative e radicali del mondo della professione. Spero che potrà esserci spazio per collaborare con il Moderna Museet.

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Quali sono le sue relazioni con l’Italia e con la cultura architettonica italiana, alla luce della sua esperienza alla Biennale di Architettura di Venezia?

La Biennale di Venezia è la più importante istituzione di architettura, luogo per dibattere le più serie questioni sull’architettura, ma anche uno spazio per divertirsi. La mia esperienza con David Chipperfield alla 13° Mostra Internazionale di Architettura («Common Ground») è stata straordinaria. ArkDes dovrebbe aprire le proprie collezioni ai curatori della Biennale e mettere a disposizione la propria esperienza. ArkDes è, infatti, responsabile del Padiglione Nordico ai Giardini, insieme a Norvegia e Finlandia.

Voglio rivolgere un invito a ricercatori e critici italiani a collaborare con il nostro museo, a suggerire forme di valorizzazione delle nostre collezioni e a discutere sull’attualità della città e dell’architettura. Tra le questioni urgenti nella scena mondiale l’immigrazione è un tema delicato e importante; per affrontarlo è necessario costruire reti di ricerca e condividere le nostre esperienze.

Autore

  • Antonello Alici

    Architetto, laureato nel 1986 alla Facoltà di Architettura di Firenze, è professore associato di Storia dell’architettura all’Università Politecnica delle Marche. Le sue ricerche, oltre la tesi di dottorato sulle chiese a pianta centrale del Rinascimento in Umbria, privilegiano i Paesi Nordici, in particolare Finlandia e Svezia, seguendo le traiettorie di viaggio degli architetti tra Baltico e Mediterraneo. Nel 2017 e 2020 è stato Visiting Scholar presso il Martin Centre for Architectural and Urban Studies e il St John’s College (Università di Cambridge). Dal 2015 è Visiting Professor presso la Silpakorn University di Bangkok. Ha promosso il Comitato scientifico per il Centenario di Giancarlo De Carlo presso l’Accademia Nazionale di San Luca, oltre a essere membro del Comitato scientifico del Centro Studi Vitruviani di Fano, fondatore e direttore della summer school "The Culture of the City. Understanding the Urban Landscape", dal 2017 impegnata nei paesaggi della ricostruzione del terremoto. Tra le pubblicazioni recenti: "The Journey to the North. The Italian Cultural Institute in Stockholm in the context of the relationships between Swedish and Italian Architects", in "Enchanting Architecture" (Five Continents, 2021); "Franco Albini and Leslie Martin: a parallel working life", in "Postwar Architecture Between Italy and the UK. Exchanges and transcultural influences" (UCL Press, 2021)

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Last modified: 29 Aprile 2017