Visita all’Arsenale Repubblicano di Pisa, struttura simbolo dell’antica potenza marinara restaurata e trasformata a Polo culturale e scientifico della Cittadella su progetto del Comune
PISA. Nella storia della città europea s’incontrano momenti in cui il cambio d’uso del costruito esistente si fa più rapido e intenso. Come ha ricordato Marco Dezzi Bardeschi in un suo recente scritto, “Le tre grandi ondate di riuso laico, civile e produttivo, di parti congelate della città storica, hanno attivato un salutare (anche se traumatico) processo più che secolare di rifunzionalizzazione urbana, ancora oggi aperto al miglioramento dell’utilizzo non solo pubblico”. È proprio da uno di questi spazi – in questo caso produttivo – che riparte l’importante riqualificazione in corso a Pisa: l’Arsenale Repubblicano dal 2016 accoglie nuove funzioni di rilevanza culturale e sociale a vantaggio dell’intera comunità e se relazionati al camminamento delle mura (aperto al pubblico da poche settimane) saranno un ulteriore spazio per l’accoglienza dei turisti.
Il sito
L’intera zona in cui è ubicato l’edificio, che nel suo complesso diverrà il Polo culturale e scientifico della Cittadella, rientra all’interno del PIUSS (un programma di finanziamenti della Regione Toscana per la riqualificazione urbana), in cui sono in corso di riconversione anche altri fabbricati storici (la Torre Guelfa, i Vecchi macelli, le Stallette, l’Arsenale Mediceo), evidenziando come l’opera di archeologia industriale rappresenti un nuovo, prezioso, quanto singolare “bene comune” della collettività.
La cosiddetta Tersania, l’antica darsena fortificata della Repubblica Marinara Pisana, è un’area ottenuta dall’ampliamento verso ovest della cerchia delle mura medievali nel XIII secolo, adibita alla realizzazione e riparazione delle imbarcazioni. L’attuale edificio, unico superstite del complesso, nel tempo è stato rifunzionalizzato più volte: inizialmente arsenale della potenza navale pisana, poi di quella medicea (Cosimo I lo destinò alla realizzazione del biscotto mediceo – le “gallette” – delle focaccine secche a lunga conservazione per i marinai); è stato in seguito trasformato in stalle per i principi di Lorena e successivamente in caserma dai Savoia a metà Ottocento. Infine, dopo i danni dovuti ai bombardamenti dell’ultima guerra, è stato inserito in un progetto di parco urbano ad opera di Giovanni Michelucci.
Il progetto
L’edificio presenta una struttura a pianta romboidale percorsa da quattro passaggi paralleli di cui, fino a pochi anni fa, rimanevano solo le pareti perimetrali e alcuni archi, oltre a quelli ricostruiti negli anni novanta su iniziativa della Soprintendenza. I recenti lavori hanno conservato e valorizzato il documento materiale seguendo un restauro “filologico” che ha salvaguardato l’identità ma ha permesso anche un riuso “compatibile” attraverso la trasformazione che ha aggiunto plusvalore a questo patrimonio della memoria urbana.
I tecnici del Comune, legandosi alla filosofia propria del restauro quale “restituzione” all’edificio del suo carattere specifico e complesso, hanno valorizzato gli spazi, evidenziando il ruolo della cultura contemporanea come “ultimo strato dell’architettura”. Un atteggiamento che evidenzia la volontà di ricomposizione del “rudere” attraverso interventi minimali, tra cui la ricostruzione delle porzioni murarie – sia esterne che interne – e della copertura a falde; la realizzazione dei pavimenti interni in cemento dalla cromia che si sposa con la tessitura dei mattoni; l’integrazione delle cisterne sia all’interno che all’esterno con la sistemazione del resede.
La prima fase del lavoro ha richiesto scavi archeologici ad una profondità di circa due metri, così da riportare il piano alla quota trecentesca restituendo all’edificio la caratteristica struttura ad archi a sesto acuto alti 8,5 metri. Per le risarciture delle murature degradate sono stati impiegati i materiali recuperati sul sito: i mattoni ricavati dalle demolizioni del lato nord (che era chiuso con ogive) sono stati puliti a mano e riutilizzati per ricostruire le parti mancanti. Come ha ricordato l’architetto Fabio Daole (progettista dell’intervento insieme al collega Mario Pasqualetti): “L’obiettivo è stato far vivere il sapore della storia con modalità vivibili oggi”. Pertanto, al fine di un riuso contemporaneo dell’edificio “la soluzione è stata quella di chiuderlo e installare tutti gli impianti moderni necessari”, lasciando lo spazio massimo alla trasparenza del vetro, rendendo la presenza dei profili la più discreta possibile. Quindi non è stato aggiunto nulla oltre il dovuto e il piccolo locale con funzioni di servizio e supporto tecnologico è stato realizzato nel giardino retrostante, in parte interrato, allo scopo di non evidenziare strutture addizionali.
Il lavoro dei progettisti, nel lungo e complicato rapporto tra conservazione e nuovo intervento, è stato il frutto di un “procedimento maieutico”, un lavoro condotto sull’esistente al fine di estrarne i contenuti del progetto, rendendo facilmente riconoscibili le diverse destinazioni d’uso susseguitesi nel tempo. Un intervento che prosegue la tradizione del Comune di Pisa ad operare con il proprio Ufficio Progetti, sulla scia di quando era presente Massimo Carmassi, suo ideatore e direttore fino agli anni novanta.
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Last modified: 22 Novembre 2017
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