Il mastodontico intervento voluto dalla Fondazione Stavros Niarchos è concluso ma al momento inutilizzato perché mancano i fondi per la gestione. Mentre Atene si sta trasformando sempre più in città del consumo turistico e la privatizzazione avanza
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ATENE. A fine giugno il centro culturale della Fondazione Stavros Niarchos (SNFCC), che ospita il nuovo Teatro dell’opera (33.000 mq; capienza fino a 1.400 posti nella sala principale e fino a 400 nella sperimentale) e la Biblioteca nazionale (24.000 mq), ha aperto le sue porte al pubblico. Al momento l’edificio è desolatamente vuoto e chiuso; si attende l’inizio del trasferimento delle attività per una reale inaugurazione annunciata nel 2017 ma di cui non vi è certezza, perchè i fondi paiono finiti.
Il giorno della fittizia inaugurazione, numerose persone sono accorse per scoprire il nuovo gioiello architettonico. Entrando nel parco (210.000 mq), si viene destati da fragranze di lavanda, rosmarino, timo, olivi e altre essenze autoctone le quali coprono questo tappeto che sale verso il mare. Accanto, piccole vele solcano un canale chiuso. Il parco, punteggiato di giochi per bambini di ogni età, era controllato da agenti ovunque. Per ragioni di controllo e sicurezza? Salendo alla sommità della spianata, si giunge dove sarà ospitata la sala di lettura: sotto una grande, aerea e sottile copertura piana, aperta e sorretta da esili pilastri in acciaio, che cattura il sole e procura energia all’edificio (che si vuole autonomo energeticamente, in categoria LEED Silver), garantendo al contempo il riparo dell’anfiteatro dalla pioggia e dal sole.
Voltandosi, l’inatteso: una bellissima vista della città e dell’acropoli. Ma il mare ancora non si vede. Per goderne la presenza occorre arrivare alla fine, proprio sul balcone in sommità. Più che un edificio con vista mare, si tratta di un edificio che funge da grande anfiteatro con vista sulla città. In basso, verso il mare, un grande muro di cemento, distante dall’edificio, nasconde gli ingressi di servizio e i depositi immondizie: forse contribuisce ad attutire il rumore proveniente dalla strada ad alto scorrimento sul mare. Tuttavia, la piatta e gigantesca piastra di copertura conduce sull’anfiteatro tutto il rumore della strada… Di fianco al canale, mascherati dagli alberi, i grandi muri di cemento che sostengono il piano inclinato del parco si aprono per disegnare l’agorà: spazio dal quale si possono scoprire, tra le vetrate, la Biblioteca e l’Opera. Alcuni tavoli e sedie conferiscono una scala umana alla grandiosa piazza.
Quest’opera spettacolare per l’Atene del 2016 lascia perplessi e sconvolti. Il progetto è partito nel 2006, dopo i Giochi Olimpici, nell’ambito del grande piano di riunificazione della città col mare. Si tratta di un “regalo” da 600 milioni della Fondazione Stavros Niarchos allo Stato greco. Un regalo a quali condizioni? Mantenere l’edificio in uno stato accettabile per la Fondazione. Diversamente, questa toglierebbe il suo nome e poi richiederebbe indietro i soldi dell’investimento per vie legali allo Stato. Il progetto era in pieno sviluppo quando la crisi si palesò. La Fondazione decise di proseguire, considerando che l’intrapresa potesse aiutare i greci a superare le difficoltà, restituendo loro almeno in parte la fierezza perduta.
L’intervento rientrava in una serie di progetti di riqualificazione della zona del mare iniziata già negli anni settanta. Faliro Bay è la parte marittima più vicina al centro città: di qui la scelta di sviluppare Atene come destinazione turistica che riunisse antichità e marina. Il terreno in precedenza ospitava l’ippodromo e piccole residenze per rifugiati degli anni venti. Parte dei piani furono realizzati in occasione delle Olimpiadi del 2004, come lo spostamento dell’ippodromo, la spianata, la struttura per il taekwondo, gli edifici della marina e l’estensione dell’autostrada fino alla strada costiera. Tali interventi hanno suscitato numerose critiche, perchè ritenuti causa di un peggioramento della qualità quotidiana della vita, di un aumento dell’inquinamento atmosferico e di una riduzione del rapporto tra la città esistente e il mare.
Poche settimane fa, un altro spazio costiero, l’ex aeroporto Ellinikon, insieme ad altre installazioni abbandonate in seguito ai Giochi Olimpici, è stato privatizzato sotto la pressione delle istituzioni. Per l’area, nel 2004 fu bandito un concorso per un grande parco metropolitano vinto da DZO Architecture (New York – Parigi) con i paesaggisti Philippe Coignet e Ryosuke Shimoda e con l’artista Erwin Redl. In sua vece, dovrebbe vedere la luce un progetto firmato Foster & Partners che comprende marina, hotel, casino, abitazioni di lusso e uffici, con solo una parte del terreno trasformata a parco.
Con questi progetti, in mezzo alla peggiore crisi che abbiamo vissuto, con il centro di Atene che stenta a sopravvivere, con una quantità enorme di case vuote ed edifici dismessi, con maggiori problemi sul fronte dell’educazione, della salute e della produttività, con gli investimenti degli anni scorsi scomparsi, ci si può chiedere se questa crisi non sia servita di lezione a nessuno. Quale sarà il destino degli edifici della Biblioteca nazionale e dell’Opera nel centro della capitale? Risulterà economicamente sostenibile un progetto così grande, cui fin d’ora sembrano mancare le risorse per il funzionamento? Ne aveva davvero bisogno Atene? O forse era meglio destinare risorse per la produzione culturale piuttosto che ancora ad uno spazio così grande? Interventi simili firmati da archistar servono a collocare Atene sulla carta internationale per attrarre investimenti e visitatori. Seguendo tante altre metropoli europee, Atene si sta trasformando da città deindustrializzata ma produttiva e socialmente attiva in città del consumo turistico. È questa la strada per fare fronte alla crisi? È questa la nostra visione a lungo termine per la città? Una città-museo di caffè e ristoranti? Qual è il ruolo degli architetti nel promuovere questo tipo di trasformazioni?
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atene , renzo piano
Last modified: 19 Luglio 2016