Consumo di suolo, Codice appalti, formazione continua, Inarcassa, numero degli architetti, ruolo dei giovani: risponde Giuseppe Cappochin, nuovo presidente del CNAPPC
—La Camera ha approvato la legge che prevede di azzerare il consumo di suolo entro il 2050, tutelare le aree agricole, incentivare la rigenerazione urbana, semplificare gli interventi di riqualificazione e favorire l’efficienza energetica del costruito attraverso demolizioni e ricostruzioni. Tuttavia per alcune associazioni ambientaliste si tratta di un passo indietro. Qual è la posizione del CNAPPC?Non possiamo che essere soddisfatti che ci sia un’attenzione sul tema; non lo siamo, invece, sull’approccio: il contenimento del consumo del suolo dovrebbe, anzi deve, essere la conseguenza di una politica di rigenerazione, non una legge tout court legata soltanto al contenimento dell’uso del suolo. Stiamo seguendo con attenzione alcune importanti iniziative internazionali – le Capitali verdi europee – dalle quali emerge chiaramente che città come Nantes, Amburgo, Lubiana e Bristol hanno un’impostazione diversa da quella italiana. In quei casi la politica guarda al futuro con strategie avanzate in cui la norma è la diretta conseguenza del progetto e non viceversa, e i progetti sono tutti esiti di concorsi internazionali. La cultura è al centro delle trasformazioni ed elemento di valorizzazione. Quelle città hanno usufruito di un finanziamento pubblico e, in seguito, hanno ottenuto finanziamenti europei; in Italia questo meccanismo è diverso, i finanziamenti riguardano singoli assi e i ministeri non dialogano tra loro; il risultato è rappresentato da contributi a pioggia su piccoli interventi che difficilmente vengono finanziati a livello europeo. Riteniamo che questa non sia la strada corretta per limitare il consumo del suolo e che questa nuova legge continui a non avere una visione strategica che guardi alla città del futuro.
L’approvazione del nuovo Codice degli appalti sembra segnare un passo in avanti sul fronte dei lavori pubblici, eliminando il criterio del massimo ribasso. Tuttavia, il CNAPPC si è espresso piuttosto criticamente. Ci può illustrare le ragioni?
Inizialmente abbiamo espresso un parere positivo sulla Legge delega, successivamente la pubblicazione del Codice ci ha parzialmente deluso sotto vari punti di vista. Innanzitutto perché disattende la centralità del progetto e, di conseguenza, quella del concorso di architettura. Non vi è una parte specifica del Codice che riguarda le professioni; i richiami sono sparsi nel testo. Da questo punto di vista il Codice non ha operato alcuna semplificazione. Alcuni articoli ci sembrano contraddittori: in particolare il combinato disposto degli art. 113, comma 2, che dovrebbe in teoria favorire la progettazione esterna grazie all’abolizione dell’incentivo del 2% alla progettazione interna e dell’art. 23 comma 2 che, al contrario, riserva la progettazione delle opere di particolare rilevanza ai tecnici interni, con unica opzione alternativa limitata ai concorsi, poco graditi e conseguentemente poco praticati dalle pubbliche amministrazioni. È comunque positivo, invece, il giudizio del Consiglio nazionale sull’impianto generale delle Linee guida dell’Anac che hanno il merito di: ristabilire regole certe per calcolare l’importo a base di gara negli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria; ridurre, in parte, l’impatto dei requisiti economico finanziari per l’accesso alle gare; individuare ruoli, compiti e responsabilità di figure importanti nel processo di esecuzione dei lavori pubblici, come il Responsabile unico del procedimento e il Direttore dei lavori. Misure che – insieme all’adeguata descrizione delle modalità di composizione delle commissioni giudicatrici per gli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria e del percorso tracciato per uniformare il modus operandi delle stazioni appaltanti che ricorrono alle procedure dell’offerta economicamente più vantaggiosa – rispondono positivamente all’esigenza di portare, finalmente, trasparenza al settore dei lavori pubblici. L’auspicio è che anche grazie alle proposte elaborate dagli architetti italiani si possa fare di più.
Invece, non si parla più di legge per la qualità dell’architettura…
Noi non intendiamo demordere. Siamo fortemente intenzionati a sostenere – con tutte le iniziative necessarie – il cammino parlamentare che porti finalmente all’approvazione di questo importante provvedimento. Fondamentale sarà senz’altro il contributo e l’apporto che verrà dai singoli Ordini provinciali e dalla Conferenza nazionale degli Ordini. Mi piace anche ricordare a questo proposito l’importanza di ridare forza a tutto il sistema ordinistico attraverso una maggiore coesione tra Consiglio nazionale, Ordini e iscritti; abbiamo in mente delle linee d’azione importanti per avvicinare gli iscritti agli Ordini in modo che questi ultimi non siano percepiti solo come una tassa da pagare. In questo senso, uno degli obiettivi riguarda l’articolazione e i lavori delle Conferenze degli Ordini: quando saremo a regime sarà possibile per ciascun iscritto prenderne visione online. Anche il sostegno della nuova legge sulla qualità architettonica sarà portato avanti attraverso questo percorso partecipato.
Di fronte a un tendenziale calo d’iscritti agli ordini professionali, nonché a una certa autonomia dei singoli ordini provinciali, non si avverte forse una crisi di legittimità dell’organo nazionale, emersa anche rispetto ai due schieramenti nelle recenti elezioni nazionali?
Il nostro impegno è quello di creare una rinnovata unità al nostro interno e successivamente sviluppare proposte di alto livello da condividere e presentare con determinazione a partire dai rapporti con le esperienze europee più avanzate. Abbiamo in programma l’organizzazione di conferenze su questi temi, pubblicazioni e iniziative concrete. Una proposta a livello regionale è “Urbanmeta”, istituita in Veneto mettendo insieme 19 categorie professionali ed economiche, tra cui Confindustria, Università, Legambiente, costruttori, INU e consorzi di bonifica. È stata presentata una proposta unitaria in materia di contenimento dell’uso di suolo e rigenerazione urbana; ora il Consiglio regionale sta esaminando questo testo. Credo questa sia la prassi da riproporre anche a livello nazionale.
Recentemente c’è stato l’inserimento all’interno di un disegno di legge dell’idea di alzare il contributo di Inarcassa al 30%. Cosa ne pensa il Consiglio?
Ne ho sentito parlare ma non in via ufficiale. Credo sia un’ipotesi improponibile. Non accetteremo questa proposta: lo dico come presidente del Consiglio nazionale e come professionista in quanto economicamente assolutamente insostenibile da parte dei colleghi, ancor più nell’attuale profonda situazione di crisi del mercato immobiliare. Mi sembra, oltretutto, una proposta molto strana. Mi riservo, comunque, di verificarla con il presidente di Inarcassa, organismo con il quale è previsto si crei un rapporto di collaborazione e sinergia che in passato è mancato.
Gli architetti in Italia sono troppi? Tra le fila degli Ordini provinciali, qualcuno lo dice apertamente…
Siamo quasi un terzo degli architetti europei, quindi è evidente che abbiamo un numero spropositato rispetto al mercato. In questo senso una delle soluzioni è creare delle condizioni per aprirci anche al mercato internazionale dove gli architetti italiani sono molto apprezzati. Noi abbiamo un grosso limite: abbiamo studi che sono molto piccoli, con una media di 1,4 componenti. L’obiettivo è di creare reti che garantiscano l’accesso dei nostri professionisti ai mercati internazionali.
La formazione continua è un tema scottante, che divide in maniera radicale: da un lato vi sono professionisti che, oltremodo ligi, hanno già accumulato crediti anche per gli anni a venire, dall’altra c’è chi, velatamente o palesemente, se ne disinteressa, senza darsi troppa preoccupazione (tendenzialmente, sono i professionisti più affermati). Come pensate di affrontare questa crescente forbice? Ci saranno sanatorie?
Escludiamo in partenza le sanatorie. Il nostro impegno in questi mesi che mancano alla fine dell’anno è di sostenere fortemente gli Ordini provinciali per promuovere la formazione degli iscritti. La formazione è un tema fondamentale, non deve essere un business per chi la fa, bensì un servizio reso alla categoria. Le regole cambiano in continuazione e gli iscritti hanno la necessità di essere aggiornati, se si vuole rimanere sul mercato. Faccio solo un esempio che fa riferimento alla mia precedente esperienza di presidente di Ordine provinciale: a Padova abbiamo attivato un abbonamento annuo al costo di 40 euro con la possibilità di partecipare a circa 60 corsi di formazione, molti dei quali di alto livello: oggi si contano più di 2.600 abbonati, di cui una gran parte vanta un numero di crediti superiore ai minimi. L’obiettivo del Consiglio nazionale è quello di garantire corsi di qualità, ad ampio raggio e a basso costo e che siano frequentati per l’interesse che suscitano e non solo per i crediti che garantiscono.
Subito dopo l’insediamento, il nuovo Consiglio ha affermato di voler sostenere le iniziative per l’occupazione e il coinvolgimento dei giovani architetti. In che modo?
I giovani e la componente femminile sono i più penalizzati e pertanto abbiamo previsto una notevole attenzione in questa direzione. Una delle strade è stata la realizzazione di un Dipartimento per favorire l’internazionalizzazione della professione. Dobbiamo creare le condizioni per cui, come dice Renzo Piano, una volta fatta un’esperienza estera, i giovani ritornino in Italia. Sul tema dei lavori pubblici e della partecipazione alle gare, una delle questioni del Codice appalti su cui stiamo cercando d’intervenire, è il limite minimo riguardo al fatturato degli ultimi tre anni: se l’ultimo è stato un periodo di crisi, è evidente che per i giovani sia difficile raggiungere questo limite. Noi abbiamo l’obbligatorietà della formazione, questo implica avere la possibilità di fare dei corsi concordati col Ministero che possano essere alternativi rispetto al fatturato. Il tutto con l’obiettivo di restituire indipendenza intellettuale e potere contrattuale ai cervelli.
Chi è Giuseppe Cappochin
Architetto libero professionista è titolare dell’ “Atelier Giuseppe Cappochin” dovre si occupa di progettazione architettonica e, principalmente, di pianificazione di area vasta, territoriale, urbanistica generale e attuativa, accordi di programma, accordi pubblico-privati, ecc.. Ha presieduto dal 17 luglio 1996 fino al 16 marzo 2016 l’OAPPC della Provincia di Padova; è presidente dimissionario, a seguito dell’elezione al Consiglio nazionale, del CUP Padova, del CUP Veneto e della Consulta delle Professioni presso la Camera di Commercio di Padova. E’ presidente della Fondazione Barbara Cappochin (che organizza l’omonimo Premio internazionale di architettura) e coordinatore di UrbanMeta, coordinamento sottoscritto da una significativa rappresentanza della società civile del Veneto, dalle categorie economiche alle professioni, dall’Università alle associazioni sindacali, dai costruttori agli ambientalisti e Consorzi di Bonifica.
About Author
Tag
Ordini professionali
Last modified: 19 Giugno 2016