È la proposta di un gruppo di cittadini e associazioni che verrà presentata all’imminente congresso dell’International Federation of Landscape Architecture. In attesa di un concorso internazionale, ne abbiamo parlato con Mariola Peretti, presidentessa di Italia Nostra Bergamo
Il centro di Bergamo soffre da tempo una crisi conclamata. Nato negli anni ’20 del XX secolo sulla scorta del progetto di Marcello Piacentini, per decenni è stato fulcro della Città bassa. Ma, lentamente, nel nuovo millennio è scivolato verso un cronico declino, alimentando preoccupazione e dibattiti fra cittadini e amministratori. In attesa che il Comune bandisca il concorso internazionale sulla base degli esiti del programma di analisi e partecipazione svolto nei mesi scorsi, un gruppo di cittadini, coalizzati attorno ad associazioni ambientaliste e comitati di quartiere, ha intrapreso un percorso autonomo di partecipazione che ha portato a formulare una proposta, denominata “Visioni possibili”, selezionata per la 53° edizione del Congresso internazionale IFLA (International Federation of Landscape Architecture), in programma a Torino dal 20 al 22 aprile col titolo Tasting the Landscape. Per capire gli aspetti salienti della proposta abbiamo incontrato l’architetta Mariola Peretti, presidentessa di Italia Nostra Bergamo e fra i principali promotori dell’iniziativa.
Com’è nata la vostra proposta per il centro di Bergamo?
“Visoni possibili” nasce da un processo allargato di partecipazione per ragionare sulla Bergamo contemporanea, a partire dal tema della rivitalizzazione del centro città: è una sperimentazione per fornire un contributo collettivo, dal basso, in vista di una città condivisa e sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. I soggetti coinvolti sono Italia Nostra e Legambiente, insieme al Coordinamento dei comitati nati nel corso degli ultimi anni in 12 quartieri intorno a singoli progetti di trasformazione territoriale: si tratta di un percorso di cittadinanza attiva, di progettualità volontaria e auto-organizzata, per verificare un modello avanzato di partecipazione su temi di scala vasta che interessano l’insieme dei cittadini, in un rapporto d’interlocuzione costruttiva con le istituzioni.
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In base alle analisi che avete sviluppato in questi mesi, quali sono le criticità più forti presenti oggi nel centro cittadino, ossia in una parte fondamentale di Bergamo?
Abbiamo individuato due questioni fondamentali. Innanzitutto il centro è attualmente “inabitabile” per molti cittadini a causa dei costi troppo alti degli spazi, sia per quanto riguarda la residenza che per il commercio e le attività lavorative: possiamo girarci intorno ma è evidente che categorie di soggetti fondamentali per la vitalità dei luoghi si sono spostate altrove. In secondo luogo, è palese un netto sfasamento tra l’hardware e il software del centro piacentiniano: la città fisica è bella e compiuta, ricca di stratificazioni e spazi interessanti. Il tema è quello di lavorare sulle funzioni, sui valori e sul senso dei luoghi: fondamentale è un approccio spazio-temporale che consenta una ridefinizione vitale degli usi e dei flussi nell’arco dell’intera giornata.
Come avete affrontato queste criticità nella vostra proposta e, in particolare, qual è la strategia che avete delineato per far uscire il centro dalla sua crisi?
Nel centro sono presenti molti edifici pubblici che svolgono funzioni istituzionali e amministrative: il processo di riorganizzazione legato alle riforme nazionali della spending review e dell’agenda digitale c’impone di ripensare all’assetto generale di questi edifici che infatti, ora, sono male e sottoutilizzati, con flussi discontinui e intermittenti, chiusi e introversi per molte ore nell’arco della giornata. Funzionano come pile scariche. Questo ingente patrimonio è una carta preziosa da giocare nell’interesse pubblico, a partire dal fatto che già appartiene alla collettività che lo ha pagato con la propria fiscalità. La riorganizzazione dei servizi erogati libererà spazio prezioso da reimmettere in un circuito sociale e collettivo. Non possiamo rimanere in attesa che siano i privati e i loro interessi a dettare le regole della città, rincorrendo le loro proposte di “valorizzazione” frammentarie e contingenti, senza un’idea di città pubblica e socialmente sostenibile dentro la quale collocare i singoli frammenti: dobbiamo elaborare un progetto coordinato nel quale il complesso degli edifici pubblici sia il punto di partenza per ripopolare il centro cittadino con le funzioni che le leggi di mercato, non mediate da adeguate politiche pubbliche, hanno espulso.
In particolare, “Visioni Possibili” focalizza l’attenzione sul recupero pubblico dei piani terra che attualmente vivono un processo di svuotamento e sottoutilizzo patologico: l’invito, sostenuto dalle diverse suggestioni elaborate, è di riconsiderare i piani terra degli immobili pubblici come luoghi privilegiati per l’insediamento di attività sociali, creative e intergenerazionali, capaci di generare nuovi flussi vitali e di riverberare effetti positivi anche sugli spazi aperti limitrofi, sulle strade, sulle piazze e sui cortili che rappresentano un tema particolarmente interessante per la rivitalizzazione della città. Sosteniamo inoltre la necessità di ripensare agli spazi verdi immaginandoli come “salorti”, luoghi entro i quali attivare nuove forme di agricoltura urbana, di socialità e di educazione ambientale, simili a quelle che abbiamo studiato in molte realtà europee e in continuità con la vocazione agroambientale del territorio bergamasco nel suo complesso. La categoria del “verde urbano”, che ancora riempie di astrazione fallimentare i piani urbanistici, non funziona più, va completamente ripensata.
Dunque “Visioni possibili” non è un progetto, architettonico o urbano, quanto piuttosto un processo composito e in itinere: quali saranno le prossime mosse per accrescere l’attenzione e il dibattito attorno al tema del centro di Bergamo?
Pensiamo che la trasformazione urbana debba essere l’esito di processi articolati e che sia necessario riavvicinare i problemi e le soluzioni ai cittadini, ristabilendo un clima di fiducia e di rispetto reciproco tra chi governa e chi è governato: la costruzione fisica della città non può prescindere dalla costruzione della polis. Pensiamo che sia necessario e urgente riprogettare la città pubblica. È nostra intenzione proseguire i ragionamenti iniziati proponendoli via via all’intera città e raccogliendo nuove istanze e proposte. “Visioni possibili” è un percorso di consapevolezza e di confronto. Stiamo cercando di far conoscere il nostro lavoro in varie direzioni, anche in contesti allargati e internazionali, partecipando ad esempio alla mostra organizzata in occasione del 53° Congresso mondiale dell’IFLA a Torino, nella sessione “Layered Landscapes” (scarica il paper di presentazione).
Chi è la presidentessa di Italia Nostra Bergamo
Maria Claudia (Mariola) Peretti, nata nel 1956, architetta laureata a Venezia, ha ottenuto il Diploma di perfezionamento post-laurea in Storia dell’Arte medievale e moderna presso la Facoltà di lettere e filosofia di Bologna. Esercita la libera professione dedicandosi in particolare al tema del paesaggio e del recupero. Da anni si occupa di politiche urbane, di partecipazione e di governance del territorio. Ha svolto l’incarico del coordinamento scientifico dell’Urban Center di Bergamo nel biennio di start up della nuova struttura dedicata all’informazione, comunicazione e partecipazione dei processi di trasformazione urbana. Ha ideato e coordinato numerose iniziative culturali e pubblicato diversi contributi critici. Ha ideato e coordina l’iniziativa “Iconemi” giunta alla VI edizione, dedicata alla lettura dei paesaggi contemporanei attraverso l’apporto di diverse discipline e sguardi pluridisciplinari. Da tre anni è presidente di Italia Nostra Bergamo.
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rigenerazione urbana , ritratti di città: bergamo
Last modified: 5 Aprile 2016
[…] Ad esporre le linee guida della proposta è stata l’architetto Mariola Peretti a Il Giornale dell’Architettura. La professionista, infatti, è la presidente della sezione bergamasca di Italia Nostra, […]