Un ricordo dell’architetto, teorico e docente scomparso all’età di 78 anni
Si è spento il 2 gennaio a Roma, all’età di 78 anni, sconfitto infine da una lunga malattia con cui ha combattuto strenuamente per anni senza mai arrendersi.
Fino all’ultimo Panella (nato a Foggia nel 1937) ha continuato nella sua opera instancabile di architetto e di docente universitario. Alla Sapienza di Roma erano in corso le procedure per la sua nomina a professore emerito. A Bologna è stato di recente inaugurato il primo blocco del nuovo polo universitario del Navile, la più vasta e impegnativa fra le sue opere realizzate. Ma numerosissimi sono i suoi lavori di architettura (fra i più rilevanti, i complessi scolastici realizzati a Pesaro e Fano) e di pianificazione urbanistica (a Pesaro, Città di Castello, Alberobello e Abano Terme), le iniziative di studio e di progetto sul centro storico, sulle aree archeologiche e sui poli universitari di Roma, le pubblicazioni soprattutto sui temi del progetto urbano.
Come il suo maestro Giuseppe Samonà, indimenticato magnifico rettore dell’Università Iuav negli anni 50 e 60, Raffaele Panella – più confidenzialmente Lello per tutti i suoi amici e colleghi – è stato ed è una figura tanto importante quanto difficilmente inquadrabile dell’architettura italiana contemporanea. Come il suo maestro, la sua instancabile opera si è articolata in molteplici campi, spaziando dall’architettura all’urbanistica al restauro e recupero urbano al paesaggio, alla teorizzazione sul progetto della città, fino all’impegno civile nelle politiche urbane.
Ma, come Samonà, Panella è stato soprattutto un appassionato docente, allo Iuav di Venezia per lungo tempo fino agli anni 80, poi alla Sapienza di Roma, dove è stato anche un attivissimo direttore di dipartimento; ed è soprattutto in questa veste che mi piace ricordarlo, in quanto suo allievo della prima ora. E sono certo che molti altri suoi antichi studenti ne serbano un altrettanto vivido ricordo, per la dedizione, l’entusiasmo e la vivacità con cui interpretava il suo ruolo d’insegnante, riuscendo a trasmettere una carica positiva, proiettata a sperimentarsi senza sosta nella ricerca e nella sperimentazione di sempre nuove risposte ai problemi del progetto, soprattutto nel campo delle trasformazioni urbane.
Come scrivevo dieci anni fa presentando il suo lavoro in una monografia a lui dedicata dall’editore Gangemi: «La città è al centro degli interessi di Panella. La città come urbs e la città come civitas, la città dell’architettura ma anche, prima ancora, la città dei cittadini, della comunità insediata. Un’architettura vuota, un’architettura morta, non è nei sogni di Panella. Il suo interesse per l’archeologia, per il passato, non è mai di tipo antiquario o nostalgico né di tipo meramente estetico. La città è un’opera collettiva e un monumento alla collettività. La città è il sedimento di mille giacimenti, è storia, è cultura materiale. È questa l’archeologia che gli interessa: l’interpretazione degli strati della storia, per continuare la storia».
Forse è così che mi piace ricordarne la figura, da amico carissimo e soprattutto da allievo riconoscente, oggi e per il futuro: cercando d’interpretare gli strati della sua storia, per continuarne la storia.