Un commento sulla laurea ad honorem conferita dal Politecnico di Milano a Italo Lupi
«È sempre una festa mobile». Con queste parole Giovanni Baule, docente di Design al Politecnico di Milano, conclude la sua laudatio per la laurea ad honorem in Design della comunicazione conferita a Italo Lupi (Cagliari, 1934). Dopo aver insignito del prestigioso riconoscimento tutti i grandi protagonisti del design del dopoguerra, da Marco Zanuso ad Achille Castiglioni, da Vico Magistretti a Tomás Maldonado, l’istituzione milanese rivolge la sua riconoscente attenzione alle personalità della grafica e della comunicazione. Dopo Giancarlo Illiprandi è stata la volta di Lupi, grande signore che, come ricordato durante la cerimonia, è sempre riuscito a «disegnare paesaggi di comunicazione» coniugando la «funzione gentile della comunicazione di progetto» con una dimensione di giocosità e levità che contraddistingue tutti i suoi interventi».
La sua è una carriera lunghissima che vede una solida formazione milanese, dal Liceo Manzoni al Politecnico in piazza Leonardo da Vinci, per arrivare alla scoperta della modernità aiutato dall’esempio dei grandi maestri che allora erano giovani professionisti, Bruno Munari e Michele Provinciali per citarne due. Protagonista dell’editoria, 16 anni di direzione ad «Abitare» accompagnato da una redazione meravigliosa, non abbandona mai il suo amore d’ispirazione per «il luminoso mondo dei luna park» che lo guida a lungo sino a risolvere i difficili temi della comunicazione per i grandi eventi, su tutti le Olimpiadi di Torino nel 2006 e Italia 150 nel 2011, affiancato da Migliore & Servetto.
Anche se le direzioni attuali della grafica non lo convincono non si sottrae mai all’innovazione, persuaso che il computer sia uno strumento «comodo e felice», anche se produce una comunicazione illeggibile e violenta i caratteri tipografici, e che le rivoluzioni possano essere benefiche se producono nuove cose e aprono campi. Lupi nella sua lectio ci ha ricordato che «la grafica (non) è una piccola cosa» e, confermando la sua scelta di campo fra scuola Svizzera e Milanese a favore dell’empirismo inglese, ci indica una strada da percorrere ancora lunga e proficua. Grazie Italo!
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Last modified: 18 Novembre 2015