Lettera al Giornale in ricordo di Luciana Miotto: storica dell’architettura, curatrice e redattrice di riviste
Una foto del 1964 (© Renzo Gambato) ferma l’immagine sugli occhi di Luciana Miotto nella sua casa di Pordenone, appena laureata in architettura: gli stessi occhi vivaci e curiosi li ho sempre rivisti nel corso di circa trent’anni della nostra conoscenza, anche nell’ultimo incontro a Lauris in Francia pochi giorni prima della sua scomparsa, il 6 novembre scorso.
Nata a Pasiano di Pordenone il 3 gennaio 1936, i suoi primi interessi intellettuali risalgono all’inizio degli anni ’60, quando con un gruppo di amici pordenonesi aveva fondato un’università popolare che ha portato anche Leonardo Sciascia a sostenerla. Durante gli studi veneziani di architettura, in una facoltà che permetteva ancora di approfondire i rapporti umani, ha incontrato tre grandi maestri con cui ha mantenuto profondi contatti intellettuali, anche quando successivamente si è trasferita a Parigi. Con Carlo Scarpa, su cui ha molto scritto, che ha fatto conoscere alla Francia con l’incredibile mostra all’Institut de l’Environnement di Parigi del 1975. Con Bruno Zevi, collaborando alla rivista «L’Architettura. Cronache e storia» e in seguito curando numerosi libri per la casa editrice Universale Architettura da lui diretta, e con Giancarlo De Carlo come corrispondente storica della sua rivista «Spazio & Società». In questa redazione a Milano ho incontrato Luciana e ricordo ancora l’attesa tensione e l’allegria che provocava sempre il suo arrivo; una presenza che addolciva gli animi e i normali conflitti del piccolo ma tempestoso comitato redazionale. In Francia ha partecipato a numerose iniziative e giurie per l’architettura, in particolare ha organizzato il contro-concorso del 1979 contro il progetto selezionato per le Halles di Parigi che si è concluso con la partecipazione di oltre 1.500 proposte, suscitando un dibattito storico internazionale sulla qualità dei progetti che ha influenzato le future scelte sulla città.
Ha scritto numerosi testi su Urbino, base fondamentale per i suoi corsi all’Università di Paris VIII, dove ha insegnato per oltre 30 anni. Si è molto concentrata sul Palazzo Ducale (sostenendo la tesi di Luciano Laurana autore del progetto finale), e sul trittico della «Città ideale» di Francesco di Giorgio con una congettura innovativa e interessante sulla posizione dei quadri all’interno del Palazzo. Il suo carattere franco e garbato l’ha accompagnata anche nel lavoro di critico; un aneddoto che raccontava con piacere si è svolto durante la selezione per il concorso del Lingotto di Torino, uno scambio di battute con Gianni Agnelli: «… mia cara Luciana Miotto lei usa il fioretto per descrivere questi progetti ma con alcuni architetti bisognerebbe usare la sciabola».
Nei suoi ultimi giorni di vita nella Provenza francese, le sue parole a me rivolte sono state una richiesta di attenzione per il suo scritto, che uscirà postumo, sulla figura di Leonora Gonzaga della Rovere, duchessa di Urbino del Cinquecento che ha curato con perizia e puntigliosità i lavori di ampliamento della Villa imperiale di Pesaro realizzata da Girolamo Genga. Questo saggio su una donna forte ma discreta che ha contribuito a costruire il mito artistico e architettonico del Cinquecento, è l’ultimo contributo degli occhi di Luciana sull’architettura.