HELSINKI. A un anno dal lancio, il concorso per il museo Guggenheim si è concluso con un duplice evento mediatico (a Helsinki il 23 giugno e a New York l’1 luglio), così come era cominciato. In un’affollata conferenza stampa al decimo piano dell’Hotel Palace, che offre una vista esclusiva sull’area di concorso, il 23 giugno scorso il sindaco di Helsinki Jussi Pajunen e Richard Armstrong, direttore del Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation, hanno svelato il progetto vincitore: «Art in the City» dello studio parigino Moreau Kusunoki Architectes. Marc Wigley della Columbia University, presidente della giuria, lo ha definito «un paesaggio orizzontale frammentato e privo di gerarchie, in cui arte e società possono incontrarsi e stabilire un dialogo nel pieno rispetto del sito». I due giovani vincitori, Nicolas Moreau e Hiroko Kusunoki, hanno fondato lo studio parigino nel 2011 dopo un percorso formativo in Giappone: Moreau da SANAA e Kengo Kuma; Kusunoki nello studio di Shigeru Ban. Essi chiariscono la volontà di creare un paesaggio permeabile, un’aggregazione di padiglioni espositivi che lascia spazio a un tessuto di spazi aperti alla fruizione pubblica che «connette il museo al resto della città, alla passeggiata sul waterfront e al ponte pedonale del Parco dell’osservatorio» che domina l’area. Fa già discutere la torre-faro che conclude la composizione sfidando i limiti di altezza imposti dai regolamenti comunali in rispetto del cuore neoclassico della capitale.
Le forti critiche che hanno accompagnato l’intero processo hanno trovato terreno fertile nella modestia dei progetti presentati. In un paese che vanta eccellenti esempi di sensibilità al contesto, delude l’incapacità dei concorrenti di essere sintonia con i luoghi, a dispetto dell’esplicita richiesta di «una forte connessione con il centro storico e il porto» presente nel bando.
Delle 1.715 proposte giunte alla Fondazione Guggenheim – un record di partecipazione sottolineato ripetutamente dai promotori – la giuria ha selezionato sei progetti per la seconda fase: «47 rooms» di Fake Industries Architectural Agonism (New York-Barcellona-Sydney), «Two in One» di agps architecture Ltd. (Zurigo-Los Angeles), «Quiet Animal» di Asif Khan Ltd. (Londra), «Helsinki Five» di Haas Cook Zemmrich STUDIO2050 (Stoccarda) e «Guggenheim Commons» di SMAR Architecture Studio (Madrid e Western Australia). Wigley ha sottolineato il profilo internazionale e la giovane età della maggior parte dei finalisti. La sorpresa è venuta dall’assenza di studi finlandesi e anche di scandinavi: un ulteriore segno dell’acceso dibattito in corso «pro e contro» un museo Guggenheim a Helsinki.
E’ interessante leggerne le ragioni che, all’indomani della proclamazione del vincitore, hanno animato le pagine delle due maggiori testate nazionali, «Helsingin Sanomat» e «Hufvudstadsbladet», tra le speranze di veder riqualificata un’area centrale e strategica della città e il rifiuto di una colonizzazione culturale americana che toglierebbe energie economiche alla grande rete di musei d’arte della capitale. Ari Lahti, presidente della Fondazione Guggenheim Helsinki nata a sostegno dell’operazione, ha quantificato in 10 milioni di euro la cifra raccolta dagli sponsor privati, a fronte di un costo che era previsto in oltre 130 milioni, tasse escluse. Anche per questo, molti a Helsinki sono convinti che il museo non sarà mai costruito.
http://designguggenheimhelsinki.org
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Last modified: 7 Dicembre 2016
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