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Alba CappellieriWritten by: Design

L’’invasione degli elettrodomestici: pericolo in corso

L’’invasione degli elettrodomestici: pericolo in corso

MILANO. Aspirapolveri, frigoriferi, lavatrici, fornelli, frullatori o spremiagrumi sono solo una piccola parte degli elettrodomestici che abitano numerosi le nostre case, oggetti familiari che definiscono la quotidianità dei nostri paesaggi domestici. Demandate a loro funzioni innocenti quali preparare i pasti o pulire la casa senza interrogarvi sulla loro vera natura? Li considerate innocui, rassicuranti o, addirittura, utili aiuti casalinghi?
L’ottava edizione del Triennale Design Museum vi farà cambiare idea, a sirene spiegate, per allertarvi del pericolo in corso. Curata da Germano Celant con la direzione di Silvana Annicchiarico, questa edizione s’intitola “Cucine e ultracorpi” ed è dedicata agli elettrodomestici come non li avete mai visti e neanche immaginati: ultracorpi pronti a invaderci, proprio come accade nel libro cult L’invasione degli Ultracorpi di Jack Finney (1954) o dall’omonimo film di Don Siegel (1956), cui il titolo della mostra rende omaggio.
“Abbiamo voluto dedicare questa edizione del Triennale Design Museum alla storia degli elettrodomestici – afferma Annicchiarico – una storia inedita, mai contemplata dalle storie del design e quindi di non facile rappresentazione. Abbiamo scelto la strada dell’ironia e vogliamo presentarvi gli elettrodomestici non come oggetti amichevoli o compiacenti ma come anarchici robot che si insinuano nella vita di ciascuno di noi, pronti a sostituirci”. L’allestimento di Italo Rota accompagna l’avanzata di questo esercito di lame rotanti e cappe aspiranti, timer urlanti e frigoriferi marcianti, e la loro lenta quanto inesorabile trasformazione da utensili da cucina in macchine e automi.
Apre la mostra la Satellite Kitchen, visionaria unità abitativa prefabbricata progettata da Luigi Colani negli anni settanta, scelta come elemento di cerniera con “Arts&Foods”, la mostra che l’Expo dedica al rapporto tra le arti e il cibo e occupa tutto lo spazio espositivo della Triennale. A tal proposito segnaliamo che mentre per quest’ultima Celant, curatore di entrambe, ha scelto la selezione diacronica delle opere, semplice per evidenti ragioni di fruibilità e spettacolare per quantità, per il Museo il taglio critico è stato più coraggioso e innovativo, elettivo quanto l’altro è populistico.
Difficile ammiccare con gli elettrodomestici che, seppure travestiti da alieni, rivelano impietosamente la propria natura funzionale e la polvere del tempo. Eppure questa è una storia che mancava e che andava raccontata come rivela il bel catalogo di Electa, strumento imprescindibile per la comprensione della mostra ma anche per l’approfondimento storico e teorico della cucina e degli elettrodomestici nel contesto economico e sociale che li ha prodotti (ottimi i testi di Fulvio Carmagnola, Raimonda Riccini e Stefano Micelli oltre a quello di Annicchiarico-Celant sulle cucine in Triennale e di particolare utilità il dizionario tematico).
Il percorso si snoda per aree tematiche e con una prospettiva sensoriale, coinvolgendo i quattro elementi naturali: dall’acqua e il freddo con i frigoriferi – dal mitico Fiat degli anni cinquanta alla serie il Milione di Ignis del 1962, dalle forme sinuose dell’Oz di Roberto Pezzetta (1998) al recente prototipo di frigorifero-lavagna Chalk Chalk di Antonio Villas per Ardo (2008) – al caldo e al fuoco dei piani cottura presentati per tipologia ed epoca: dalla cucina economica di Tecnomasio Italiano – Brown Boveri del 1949 ai piani cottura di Piano Design per Smeg fino all’innovativo sistema modulare a induzione di Foster. La terra è evocata attraverso lo smaltimento e il riciclo dei rifiuti organici, una delle urgenze del contemporaneo. Esemplari in questo senso le compostiere del Gruppo Sartori Ambiente e i progetti del designer Gabriele Fiocco che ha messo a punto una strategia mirata alla raccolta differenziata confezionando artigianalmente compostiere domestiche con materiali di riciclo. L’aria è quella dell’aspirazione, fra i pezzi scelti si spazia dalle forme minimal e astratte delle cappe di Faber alla Pescecappa, prototipo ideato nel 2009 da Gaetano Pesce per Elica. Si passa poi al tatto con i numerosi elettrodomestici (tritacarne, impastatrici, coltelli elettrici, trafile, passapomodoro, gelatiere, affettatrici) che hanno come elemento primario le lame, le cui funzioni di affettare, tritare e tagliare evocano potenziali minacce e pericoli.
Il percorso gioca poi con un nuovo senso: l’olfatto. L’aroma del caffè è evocato in una selezione di oltre 100 esemplari di macchine elettriche raccolte in una grande libreria che ne restituisce storia ed evoluzione dai primi del Novecento a oggi. Fra le macchine esposte l’Europiccola della Pavoni del 1961 (prima macchina da caffè espresso con caratteristiche analoghe a quelle da bar ma adatta all’uso domestico grazie alle dimensioni contenute), la Baby Gaggia di Makio Hasuike per Gaggia del 1977 e la Coban di Richard Sapper per Alessi del 1997.
Da non perdere l’Environment di Ettore Sottsass, presentato nella mostra “Italy: the New Domestic Landscape” del 1972 al MoMA e il monoblocco funzionale su ruote Minikitchen di Joe Colombo per Boffi, presentato in occasione della XIII Triennale del 1964, tra i contributi più interessanti del design italiano all’evoluzione della cucina ma, soprattutto, testimoni della straordinaria capacità dei maestri italiani d’innovare a partire dall’osservazione dei comportamenti e dei contesti d’uso.
L’ottava edizione del Triennale Design Museum è probabilmente la più complessa per tema e rappresentazione tra quelle che l’hanno preceduta e ha l’innegabile merito, nella grande abbuffata dell’Expo, di preferire la ricerca e la sperimentazione al sensazionalismo vacuo oggi in voga.

Autore

  • Alba Cappellieri

    Professore ordinario al Politecnico di Milano, dove dirige il corso di laurea in Design della moda. Dal 2014 è direttrice del Museo del Gioiello di Vicenza. Ha dedicato al design e alle sue intersezioni con la moda numerose mostre e libri, ha partecipato a convegni internazionali e vinto premi e riconoscimenti, ma considera il suo maggior successo avere incuriosito i suoi studenti a scoprire le storie meno note ed evidenti del design, stabilendo connessioni e convergenze senza mai fermarsi alle apparenze.

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Last modified: 25 Settembre 2015