NAPOLI. Fino allinizio del Novecento il litorale flegreo era un luogo incontaminato. Larea di origine vulcanica permise persino lapertura di numerosi stabilimenti termali presso i quali sovente si recava la gente proveniente da Napoli. Poi si decise di convertire il sito a uso industriale. Furono gli anni delle acciaierie, uno tra i più grandi stabilimenti del Sud Italia nel XX secolo. La fabbrica Italsider rimase attiva finché un forzato stop del ciclo produttivo ne sancì la chiusura nel 1992.
Fu indetto un grande concorso internazionale per la realizzazione di uno straordinario parco urbano (si proponeva di valorizzare alcune strutture monumentali legate al passato industriale), vinto nel 2006 da un gruppo guidato da Francesco Cellini e del quale nulla a oggi è stato realizzato. Su progetto di Silvio DAscia, risale al 2011 la realizzazione di una porta dingresso per la Bagnoli Futura (dal nome della Società di trasformazione urbana istituita dal Comune di Napoli nel 2002 e fallita nel maggio scorso), che si proponeva di essere una grande piazza pubblica con al centro un auditorium e un centro benessere; una volta completata, sarebbe stata un importante incubatore per la popolazione ma non si è mai messa in atto una vera politica di connessione, tanto da versare oggi in stato di abbandono. Pari destino ha conosciuto il Turtle Point, un centro per la cura delle tartarughe iniziato nel 2007 e mai consegnato (nonostante risulti ultimato) perché è da sempre assente una strada daccesso (non realizzata per il congelamento dei fondi regionali), così come mancano allacci idrici ed elettrici. Dello stesso anno è il Parco dello sport, progetto dello studio Pica Ciamarra che proponeva il ridisegno, con crateri verdi e percorsi ciclopedonali, di unarea allungata di circa 35 ettari a ridosso del costone di Posillipo; realizzato al 90%, da due anni è lasciato al proprio destino. Ancor prima, nel 1996, vide la luce (in un piccolo lotto di enclave lungo il mare, occupato dall’ex Federconsorzi) Città della Scienza, eccellenza nellambito della cultura e del sapere rimasta tale per circa un ventennio. È nella memoria di tutti limponente ciminiera del progresso ben visibile costeggiando via Coroglio. È oggi la ferita più evidente di quel che resta dal rogo divampato la notte del 4 marzo 2013. Restano ignote cause e colpevoli di quello che si è accertato essere un incendio doloso e, a distanza di più di un anno, sono ancora numerose le domande senza risposta.
Quanto è stato fatto per restituire il museo alla gente? Quanto invece si è attuato per rimettere in moto lintero sistema? Perché non si riesce a portare al centro di politiche di sviluppo quella che è da troppo tempo una periferia al margine, Bagnoli, nonostante la straordinaria collocazione paesaggistica in cui spicca lanfiteatro sul mare chiuso a Sud dal promontorio di Coroglio e bordato dall’appendice rappresentata dalla penisola di Nisida? Si è scelto invece di privilegiare altre opere, come lampliamento delle rete metropolitana, che non rappresentavano di certo una criticità urgente. Indubbie sono state le positive ripercussioni sul piano turistico; così come è fuori di discussione il ritorno dimmagine di cui archistar e amministrazioni hanno beneficiato. È però lontano dai riflettori che tutto resta fermo o mosso dalle mani di burattinai che nulla hanno per essere ritenuti organi statali. Pare ci voglia ancora del tempo affinché la proposta per il rilancio delle periferie, promossa del senatore e architetto Renzo Piano, diventi un fatto concreto. Quanto lItalia dovrà aspettare per essere al passo con le grandi capitali del Nord Europa?
Il lavoro portato avanti da Piano è un segnale forte. Il nostro è il Paese della cultura interrotta. Lart.9 della Costituzione afferma che la Repubblica tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione ma con il Titolo V, seppure in termini di materia legislativa, affida alle Regioni la valorizzazione dei beni culturali. Da noi non solo si separa la tutela dalla valorizzazione ma soprattutto non ci si occupa seriamente della produzione del patrimonio del futuro. Questa scissione è intollerabile. Altri Paesi hanno fortemente sostenuto i loro progettisti. Dando esempi di buone realizzazioni al proprio interno sono diventati attrattivi anche allestero. Sapessimo dimostrare di fare bene qui da noi, di creare spazi qualificati e felici, si favorirebbe lesportazione di prodotti e il moltiplicarsi di processi made in Italy. È quanto afferma larchitetto Massimo Pica Ciamarra, artefice del progetto per Città della Scienza e oggi tra i soggetti attivamente impegnati nei dibattiti per la rinascita del litorale flegreo. È durante le tavole rotonde che si discute sui tempi utili per concludere la bonifica e se la precedente colmata (a circa 250 metri più a Nord di Città della Scienza dove, negli anni 60, lItalsider ampliò di circa 25/30 ettari i suoi spazi con una piattaforma artificiale protesa verso il mare) vada dismessa o meno. Discorsi di natura progettuale sembrano improponibili perché, per motivi di ruoli e competenze, le opere di risanamento nell’ex comparto Italsider sono state recentemente interrotte. Senza punti fermi che senso ha allora bandire un concorso (lanciato lo scorso 12 novembre) a procedura aperta in due gradi per il nuovo Science Centre? Ovvero, rischierebbe dessere solo un fiore nel deserto?
Considerando la normativa assai farraginosa, ho sostenuto la necessità di predisporre una DIA tanto immediata quanto innovativa. Una proposta elaborata dal nostro studio nel maggio 2013 puntava a intrecciare spazialità contemporanee con parti preesistenti, prosegue Pica Ciamarra. Il percorso scelto è diverso e sicuramente più lungo. Si tratta di un concorso semplicissimo dove ci si aspetta in prima fase una larga partecipazione e grandi operazioni dimmagine. La seconda fase prevede quindici progetti preliminari ma ne retribuirà uno solo; le spese supereranno di molto lutile di chi sarà prescelto, mettendo così in atto una prassi perversa e sconosciuta in Europa. Verrà concepita una visione affrancata da assurde norme e strumenti urbanistici vigenti ma suscettibile a future varianti e Conferenze di servizi. Sui modi e i tempi della bonifica manca un vero parere scientifico anche se molto dipenderà dagli usi futuri. Personalmente credo che la colmata non vada rimossa e che il ridisegno debba considerarla perché favorirebbe un utile accesso via mare. Occorrono dati scientifici, basta dictat. Non ritengo sia improponibile se verranno applicate simultaneamente le giuste competenze. È indispensabile un pensiero globale che interessi storia, ambiente, economia, progresso, futuro. Bisogna agire in maniera spregiudicata cioè al di fuori dei luoghi comuni e in ottica metropolitana. Ad esempio, conservare la linea di costa? Va bene ma quale? Quella del 200 a.C, quella del Settecento oppure quella del 2020?“.
Nonostante manchino i presupposti fondamentali, sul versante interno di via Coroglio si continua a costruire la parte ancora mancante, rispetto al masterplan originario, di Città della Scienza. Prendono forma il Corporea, spazio dedicato al corpo umano, e il Planetario, che dovevano rappresentare gli ultimi due plessi del precedente museo e saranno i primi 5.000 mq da affiancare alla nuova struttura. Questo accadrà entro il 2016; qualora i cantieri non vengano nuovamente bloccati come avvenuto già ad agosto scorso. Sono Fintecna e Regione ad aver firmato un decreto di attuazione che non è piaciuto a Comune e associazioni cittadine. Il sindaco di Napoli imputa a Fintecna e Cementir di risarcire il danno dellinquinamento dei suoli dovuti ai pregressi scarichi industriali, mentre le associazioni leggono nell’investimento l’occasione per la cordata di guadagnare peso nellambito di future scelte su scala urbanistica. La nuova costruzione è quindi un primo passo verso la rinascita o solo un modo per aprire la strada alla speculazione? Non è forse giunto il momento di fare chiarezza?
aggiornamento sul protocollo d’intesa inerente la bonifica dei siti:
De Magistris, duro attacco contro Renzi: «Ha tradito Napoli e gli accordi presi»
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Last modified: 8 Marzo 2016
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