E passato oltre un mese dallinaugurazione. Il tempo per metabolizzare la gita a Venezia e i commenti a caldo.
Come consuetudine, per lapertura di ogni Biennale di Architettura, i giornalisti accreditati raccontano sui principali quotidiani italiani la Mostra – questanno un one man show intitolata Fundamentals – attingendo ai comunicati stampa e sintetizzando le dichiarazioni di presidente e direttore di turno. Mai unopinione personale o un commento critico, nemmeno la verifica se quanto suggerito corrisponda alla realtà per losservatore.
Ci hanno pensato un paio di architetti – Odile Decq e Peter Eisenman – a esprimere un giudizio tranchant sulla 14. Mostra di Architettura allestita dal direttore Rem Koolhaas all’Arsenale (Monditalia) e ai Giardini (Elements).
Decq si chiede: a che cosa serve una mostra che non dice cosa possiamo fare per il domani? E sempre il solito problema di Koolhaas, ha una visione nostalgica dellarchitettura, pone dei problemi, fa delle asserzioni, ma non propone nulla per il futuro. Sintetizzando, in Monditalia si narrano 41 casi studio del nostro Paese, senza proporre soluzioni o progetti. Occasioni perse senza nemmeno combattere.
Eisenman di fronte alla sofisticata sfilata di maniglie, finestre, muri, scale, rampe e gabinetti commenta: Ogni linguaggio ha bisogno della sua grammatica e se l’architettura è linguaggio non può farne a meno neanche lei. Io qui vedo invece solo elementi, sillabe e mi manca molto la grammatica. Cioè l’Architettura. Semplificando: Elements è un colto assemblage, allestito con ironia e sapienza da Koolhaas, senza proposte su come innovare la disciplina.
Ma veniamo alla partecipazione nazionale italiana, deludente sin dal titolo – Innesti – peraltro impropriamente tradotto in Grafting, riciclato dal teorico americano Jeff Kipnis che già nel 1993 nel saggio Towards a new Architecture descrive la tecnica dellinnesto in architettura e ne analizza i risultati individuando due famiglie di progetti: De-Formazione e In-Formazione. In quel caso però il Graft era sperimentato con consapevolezza per la costruzione di nuovi spazi architettonici, proprio come in botanica dove linnesto fonde due o tre piante differenti per ottenere un nuovo individuo. Invece per il curatore del Padiglione italiano linnesto, oltre gli slogan, si rivela esclusivamente cosmetico. Lo provano esempi come le varianti dei disegni per la facciata del Duomo e lexcursus sulla modernità anomala italiana-milanese che non portano ad alcuna sistematizzazione teorica o linea di ricerca progettuale. Lomaggio a Milano e la selezione di 85 gradevoli architetture contemporanee italiane, alcune datate e altre non ancora costruite, che nulla hanno in comune tra loro, non possono che confermare tutta la debolezza del tentativo di passaggio tra teoria e pratica.
Sorvoliamo sullimprobabile sezione-quadreria Taglia e Incolla che attraverso una serie di progettualmente insignificanti collage, tecnica in auge negli anni 60, peraltro inadatta a sviluppare qualsiasi tipo di innesto che ambisca allinnovazione in architettura, indebolisce ulteriormente la confusa narrazione, ovvero secondo Zucchi la sensibilità progettuale italiana del reagire a contesti urbani stratificati. Sempre per usare le parole di Kipnis Lunica forma che il collage produce è la forma del collage, luso di photoshop al posto di carta, forbici e colla non cambia la sostanza. E il prezzo da pagare per aver scelto come curatore un progettista, abile in cosmetica e maquillage, ma privo di innovazione e consistenza teorica.
Molta più attenzione e approfondimento avrebbe invece meritato la timida sezione sullExpo di Milano, tema di grande interesse politico, sociale e antropologico sia per il riaffiorare del gravissimo e inaccettabile sistema gelatinoso degli appalti che per lignota destinazione del sito al termine del periodo dedicato a nutrire il pianeta e le orde di turisti. Cosa diventerà la mega cementificazione/speculazione sui terreni privati di Rho non è dato sapere. E imbarazzante constatare che, oltre alla vergognosa storia dellurgenza creata ad hoc per bypassare le regole degli appalti e innescare il sistema delle tangenti, non si conosca ancora il destino di unarea che lo Stato sta infrastrutturando a spese della collettività sottraendo risorse preziose ad altri territori. Speriamo nei controlli e nellintervento chiarificatore del neo-presidente dellAutorità anticorruzione Cantone non solo sugli appalti irregolari pre-Expo ma anche sul decorso post-Expo.
Il Padiglione nazionale della Biennale, invece di occuparsi di cosmetica, avrebbe potuto articolare unefficace proposta al governo Renzi per risolvere alcuni dei problemi dellItalia, non solo sul dopo Expo, ma soprattutto sul dopo Taranto, Saline Joniche, Milazzo, Priolo, Portovesme, Terni, Bagnoli e Terra dei Fuochi, che con le loro contraddizioni e drammi umani costituiscono il laboratorio reale per il lavoro e leconomia del Paese. Ma programmazione e futuro in Italia, anche per gli architetti, non esistono più ed è meglio non porre domande scomode che potrebbero disturbare i manovratori.
Luigi Centola
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biennale venezia 2014 , rem koolhaas
Last modified: 9 Ottobre 2015