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Written by: Città e Territorio

E’ la Regione che decide

L’Emilia è per molti aspetti influenzata dalla recente esperienza aquilana. Il primo segnale è stata la volontà della Regione Emilia-Romagna di gestire l’emergenza autonomamente, rifiutando inizialmente il supporto del dipartimento di Protezione civile nazionale. Un rifiuto dettato, da un lato, da una solida e positiva tradizione di gestione condivisa del territorio, dall’altro dal timore di ripercorrere un cammino segnato da errori e dubbi. Con l’aggravamento dei danni seguiti alla scossa del 29 maggio, però, c’è stata una maggiore apertura e il 4 giugno è stata istituita a Bologna la DiComa.C (Direzione di comando e controllo), una struttura che rappresenta una sorta di quartier generale del dipartimento. Un secondo elemento che influenza la gestione dell’emergenza in questi giorni e che deriva indirettamente dall’esperienza aquilana (e non solo), è la pubblicazione del Dlg 59 «Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile» del 15 maggio 2012 (casualmente pochi giorni prima del terremoto). Tra le novità del decreto, la definizione di un limite massimo di 100 giorni degli stati di «emergenza» (quelli in cui la gestione è affidata alla Protezione civile). Tale limite deriva dalla volontà di non dilatare oltre misura gli stati di emergenza, limitandoli alla gestione dei primi interventi di assistenza alla popolazione e messa in sicurezza degli edifici, per poi affidare agli enti territoriali le politiche di ricostruzione edilizia e riorganizzazione delle attività produttive.
Sicuramente la gestione della ricostruzione, e la riorganizzazione delle attività produttive in particolare, sarà segnata da un’ordinanza del dipartimento di Protezione civile che farà discutere (n.0002, 2 giugno 2012), nella quale si precisa che: «Al fine di favorire la rapida ripresa delle attività produttive e delle normali condizioni di vita e di lavoro in condizioni di sicurezza adeguate», nei comuni indicati (segue elenco esteso), il titolare dell’attività produttiva deve acquisire la certificazione di agibilità sismica rilasciata «a seguito di verifica di sicurezza effettuata ai sensi delle norme tecniche vigenti» e depositarla presso il Comune. In pratica, si dice che tutti gli edifici in cui si svolgono attività produttive (i famosi capannoni) sono considerati momentaneamente inagibili e potranno avere l’agibilità solo in seguito a una verifica sismica effettuata secondo la norma vigente. Per capirne la portata, si consideri che di solito l’agibilità di un edificio viene rilasciata semplicemente in seguito a un sopralluogo di tecnici abilitati, che sulla base di un’indagine visiva giudicano la sicurezza della costruzione. Il principio che sottende la norma è sicuramente positivo, ma riesce difficile immaginare come sia applicabile. Infatti, una verifica sismica secondo le normative vigenti richiede parecchio tempo, un tempo sicuramente non compatibile con la ripresa rapida delle attività produttive.

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Last modified: 8 Luglio 2015