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Written by: Inchieste

Le irresistibili trappole dei musei virtuali

Come tutti i centri che producono cultura, anche i musei stanno subendo gli effetti della rivoluzione informatica. Ovviamente oggi qualsiasi istituzione museale è dotata di un sito e di una presenza nella rete.
È bene però fare chiarezza: il museo virtuale esiste soltanto on line, non dispone cioè di una sede fisica per le sue collezioni, non gestisce un patrimonio, non conserva nulla, se non materiale digitale. Naturalmente nel multiforme mondo della rete compaiono esperienze molto diverse, soluzioni ibride e sperimentazioni in atto, che movimentano la situazione.
Anche nel settore dell’architettura possiamo registrare,
a livello internazionale, proposte in differenti direzioni.
A Mosca il Museo di Stato Schusev, che passa per essere
il primo dedicato interamente all’architettura, fondato
nel 1934 dall’Unione degli architetti sovietici, è di fatto
un museo tradizionale, anche se ha sviluppato negli ultimi tempi vasti apparati d’informazione digitale sull’architettura (www.muar.ru/eng). In Turchia invece è recente
la creazione del Virtual Museum of Architecture (www.archmuseum.org, interamente in inglese), che vorrebbe però preludere alla fondazione di un reale spazio espositivo, non ancora realizzato e in corso di progetto.
In questo caso quindi il museo virtuale si presenta come una sorta di preparazione a quello tradizionale. In Italia esiste un effettivo museo virtuale di architettura: il Muva (www.muva.it), patrocinato dalla Regione Campania, in accordo
con il Cnappc, che propone itinerari e visite nel contemporaneo, con attenzione agli archivi e al patrimonio delle arti visive.
Un settore importante sta emergendo nello sviluppo dei musei virtuali dedicati alle città. Il MuseoTorino (www.museotorino.it) rappresenta forse l’esperimento più significativo in Italia, realizzato interamente in rete in occasione del 150° anniversario dell’Unità. Raccoglie materiali diversi sulla storia urbana, informazioni su quartieri, centri di cultura, architetture e vita sociale. Organizza mostre tematiche virtuali e rende disponibili pubblicazioni in formato digitale. Ha il merito di essere
un sito aperto al contributo di tutti gli abitanti, e pubblica una rivista scaricabile gratuitamente.
Altre esperienze innovative tentano di sfruttare le potenzialità digitali per realizzare animazioni, ricostruzioni in 3D, visite interattive. Le architetture scomparse e i siti archeologici presentano in questo caso le opportunità più interessanti. Non poteva così mancare per Ercolano il Mav (www.museomav.it), un museo virtuale degli scavi che mantiene una sede fisica, collocata in un ex edificio scolastico opportunamente recuperato, dove è possibile accedere alla visione di più di settanta installazioni multimediali e assistere all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. in formato digitale. Con queste forme di spettacolarizzazione il rischio però è che il virtuale sostituisca il patrimonio reale, come pare avvenga per le scolaresche che affollano
il museo e partecipano con entusiasmo alle riprese come
a un videogioco. In altri casi i reperti archeologici
e gli edifici in corso di scavo vengono presentati a un pubblico ampio tramite siti appositamente creati per la divulgazione, o per rendere fruibili spazi museali di difficile accesso. Risponde a queste esigenze il Virtual Museum
of Iraq (www.virtualmuseumiraq.cnr.it), realizzato in lingua italiana, inglese e araba da ricercatori internazionali
per iniziativa del Cnr, che consente di visionare immagini, filmati, ricostruzioni digitali, e di comprendere i danni causati dalla guerra ai siti archeologici.
Per l’architettura e il patrimonio edificato è il caso, però,
di chiedersi a cosa serva veramente un museo virtuale.
Non sembra essere particolarmente utile presentare immagini e storie delle opere di Bramante o di Le Corbusier, che già affollano la rete con ogni genere di materiali. Piuttosto l’utilità di un museo del genere potrebbe essere quella di documentare esperienze meno note, architetture «marginali», tradizioni locali, paesaggi, edifici degradati dall’incuria o dalla speculazione, non soltanto del passato ma anche dell’età contemporanea. In questa direzione si muovono esperienze interessanti, anche nel nostro paese.
Il Museo del paesaggio storico astigiano (www.mast.provincia.asti.it) è stato fondato di recente e raccoglie immagini di ogni genere (fotografie, carte, pitture, oggetti della cultura materiale) in grado di documentare l’assetto del paesaggio e le sue trasformazioni. Un centro di documentazione, presso la sede della Provincia, consente a tutti i cittadini di fornire i propri materiali, che verranno ospitati nel sito attualmente in costruzione, in una prospettiva di continua crescita. Un museo come questo può funzionare solo allo stato virtuale, e diviene uno strumento utile, un presidio di cultura che difende la storia dei nostri paesaggi.

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Last modified: 9 Luglio 2015