San paolo del brasile. Quante vite ha un edificio? Quante volte può morire e rinascere sulle proprie ceneri, magari a due disolati di distanza? Alla Galeria Leme, piccolo gioiello di architettura paulista progettato dal Pritzker Paulo Mendes da Rocha in collaborazione con lo studio Metro, è già successo una volta. Inaugurato nel 2004, ledificio ha attraversato un primo breve ciclo di vita fino al dicembre 2011, quando è stato demolito per lasciare spazio a una mastodontica torre per uffici voluta dallimpresa costruttrice Odebrecht, offertasi di ricostruire la galleria in un altro terreno a titolo di risarcimento. Per un certo periodo ledificio originario e la sua replica hanno convissuto a pochi metri luno dallaltro, offrendo spunto per una serie di riflessioni sulla permanenza, la memoria e lidentità agli artisti presenti alla mostra inaugurale (gennaio 2012) della nuova Leme, progettata dallo stesso studio Metro.
Loperazione pone però una serie di questioni su cui vale la pena interrogarsi e che rimandano ai possibili termini di paragone che la storia recente fornisce, come la ricostruzione del padiglione di Mies a Barcellona e dellEsprit Nouveau a Bologna, o a quella del Pac a Milano. Eppure qui non si tratta né di un padiglione effimero, né di unopera canonica del moderno, né di un edificio andato distrutto; in ossequio a una logica speculativa che poco ha a che fare con larchitettura, la demolizione stessa ne ha motivato la ricostruzione, che lungi dallessere à lidentique ha rappresentato loccasione per un ampliamento. Nella sua seconda vita la galleria ha infatti guadagnato un nuovo blocco stereometrico in cemento armato a vista collegato a quello principale, quasi identico al precedente, da una passerella sopraelevata rivestita in rete metallica. Se la continuità di linguaggio e materiali veicola lidea che limmagine delledificio non abbia subito stravolgimenti, questo ibrido fra una copia del progetto precedente e un suo adattamento a un altro sito non convince. Loriginale era pensato per un lotto compatto stretto fra una cortina di edifici, ragione sia dellestrema chiusura dellinvolucro esterno, tagliato da rare fenditure di luce, sia dellincredibile sezione triangolare, che permetteva lilluminazione zenitale dellarea espositiva al piano terra. Il lotto angolare del nuovo edificio, affacciato su strada da due lati, avrebbe richiesto un gesto urbano assai più efficace del fronte, costituito da quelle che erano un tempo facciate laterali, opaco e indifferente a un intorno urbano la cui edificazione alta poco si armonizza con il nuovo volume orizzontale.
Se è vero, come ha commentato Mendes da Rocha, che «la modernità sta facendo sì che gli immobili diventino mobili», allora perché non accettare la sfida e ripensare ledificio da zero, evitando che lattinenza fra le forme e le ragioni dellarchitettura così tipica dellopera dellarchitetto brasiliano andasse in parte perduta? Ma ancora di più dovremmo forse chiederci come mai la cultura architettonica a così alti livelli e quella della conservazione anche del contemporaneo, che in Brasile vanta illustri precedenti, non abbiano avuto alcuna voce in capitolo di fronte alla logica pervasiva del mercato immobiliare.
Articoli recenti
- COP30: per un futuro migliore, dovremo imparare dall’Amazzonia 31 Ottobre 2024
- Alto Adige, quando il benessere del territorio si riflette nella baukultur 30 Ottobre 2024
- Architettura instabile, la performance di Diller Scofidio+Renfro 30 Ottobre 2024
- In-VisIBLe, cultura accessibile a tutti 30 Ottobre 2024
- Venezia: l’Hortus Redemptoris non è più conclusus 30 Ottobre 2024
- Veneto: il patrimonio di ville e giardini valorizzato dal PNRR 30 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il colpo di grazia. (Chi ha ammazzato l’architettura?) 30 Ottobre 2024
- Festa dell’architetto 2024: Italia a due velocità 28 Ottobre 2024
- Vienna Nordwestbahnhof, la città senza qualità 28 Ottobre 2024
- Gres porcellanato effetto marmo: eleganza senza tempo per ogni stile 28 Ottobre 2024
- Alberto Ponis (1933-2024) 26 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il signor C., provetto nuotatore 23 Ottobre 2024
- Chiare, fresche e dolci acque. Urbane 22 Ottobre 2024
- Legge sull’architettura, sarà la volta buona? 22 Ottobre 2024
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Luca Gibello. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. a The Architectural Post, nuovo editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2024 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata