Visit Sponsor

Danilo Udovicki-SelbWritten by: Progetti

Bloch Building del Nelson-Atkins Museum of Art a Kansas City

Bloch Building del Nelson-Atkins  Museum of Art a Kansas City

Una volta tanto il taxi sapeva dove portarmi. Non c’è da stupirsi: a guidarlo era una donna con una laurea in ingegneria arrivata da non molto dalla Siberia. Si dà il caso che, come poi ho saputo, fosse anche un’aspirante artista che passava il tempo libero a copiare le opere dei maestri esposte nel Bloch Building di Steven Holl, ampliamento del museo Nelson-Atkins, la mia destinazione. Mentre guidava a 110 km all’ora, mi ha mostrato il grosso del suo lavoro custodito nel portatile, nell’iPod e sugli album da disegno, battendo le mani per l’entusiasmo ogni volta che riconoscevo l’originale.
Quel giorno il museo era chiuso, dandomi così la magnifica opportunità di fare una tranquilla visita di tre ore con il primo curatore, Steve Waterman. Pur non conoscendo il numero esatto dei visitatori, Waterman ha calcolato che il nuovo museo ne attira circa 100.000 l’anno in più rispetto ai 300.000 precedenti la costruzione dell’ampliamento.
Negli ultimi cinque anni gli amministratori hanno dovuto affrontare una serie di paradossi e ambiguità che Holl potrebbe aver provocato involontariamente. Quello che li diverte di più è che, nell’entrare nella hall, il pubblico perplesso deve scegliere tra l’ascensore che porta su e la rampa monumentale che porta giù (alla parte prevalentemente sotterranea del Bloch). Invece della rampa la gente prende istintivamente l’ascensore, perché in questo paese gli ascensori rappresentano l’onnipresente modalità di affrontare un edificio. Una volta al piano superiore (l’ultimo), dove si trova la biblioteca, i visitatori possono ammirare la magnifica rampa monumentale che hanno evitato. Da lì, però, viene offerta loro la clemente opportunità di intraprendere una suggestiva promenade architecturale, perché un’altra lucente rampa bianca sospesa sulla sala li riporta, stavolta a piedi, al punto di partenza.
Quando Mark Wilson, direttore del museo per ventotto anni, è andato in pensione, Julian Zugatagoitia, un basco di Manhattan, ha tentato di risolvere la spiazzante ambiguità della sala d’ingresso popolando la rampa monumentale con un numero impressionante di sculture di Auguste Rodin (assai apprezzate in America) per attirare il pubblico giù, nel vero museo Bloch. L’impressione è caotica, ma il direttore giustifica la decisione mettendo in risalto l’ attuale moda populista dei musei, ovvero interagire con il pubblico invece di ostentare un distaccato atteggiamento elitario.
Una volta giunti nel seminterrato, i visitatori sono accolti da annunci e manifesti, aggiunti di recente, altrettanto caotici (la resa di Holl in questo tipo di ampliamenti non sempre è felice), appesi sopra un nuovo punto accoglienza. Lì si viene informati che si può scegliere di uscire dal museo Bloch per visitare l’ala Nelson-Atkins adiacente del 1933, magnificamente restaurata e modificata, o procedere nelle viscere del Bloch, visibile dall’esterno solo grazie agli iconici cinque «lucernari» bianchi, unica fonte di luce naturale.
Al capo opposto dell’edificio un’altra funzione irrisolta: la parte del museo che era stata pensata come ristorante è inutilizzata. Il motivo potrebbe essere la distribuzione, per altri versi splendida, dei cinque «lucernari» nel parco: l’accesso al ristorante è infatti tutt’altro che evidente. Un ulteriore paradosso dei due musei, che vantano una democratica «porosità», sono i numerosi accessi non convenzionali tutt’intorno all’edificio (l’ingresso è gratuito), progettati per facilitare l’interazione spaziale del pubblico con il grande parco delle sculture che lo circonda. Invece di invitare la gente, però, questo aspetto complica la scelta del punto da cui entrare e di come cominciare la visita. Altrettanto spiazzante è l’eliminazione dell’ex parcheggio che serviva il vecchio museo, sostituito da un imponente garage sotterraneo. Holl e Walter de Mond lo hanno trasformato in un’enorme distesa d’acqua che, di notte e di giorno, riflette con esito spettacolare l’edificio Bloch. La scomparsa dell’onnipresente parcheggio che la gente è abituata a vedere davanti ai musei comunica l’agghiacciante sensazione che la struttura non abbia visitatori.
Infine gli spazi disegnati da Holl, impeccabili e puri dal punto di vista architettonico, soccombono alle attuali aspettative di un museo più caotico. Forse bisogna ancora inventare una cultura radicalmente nuova dello spazio artistico pubblico del ventunesimo secolo, «sostenibilità» compresa, un aspetto che Holl non ha preso in considerazione anche se le costruzioni sotterranee contribuiscono senza dubbio alla mitigazione climatica.
A ogni modo, nel salutarmi all’aeroporto, la tassista russa mi ha abbracciato con trasporto, lasciandomi con il sogno che sia possibile anche una nuova cultura del taxi.
IMG20120906132344838

IMG20120906132447715

Autore

  • Danilo Udovicki-Selb

    Laureato in Architettura e pianificazione all'Università di Belgrado, ha conseguito un master in Filosofia al Boston College e un dottorato in Storia, teoria e critica dell'architettura Massachusetts Institute of Technology. È docente associato presso la Austin School of Architecture dell'Università del Texas.Ha pubblicato molti contributi sugli anni 30 in Francia e Unione sovietica, in particolare sull'avanguardia architettonica russa, su Charlotte Perriand e Le Corbusier. La sua più recente pubblicazione ha riguardato la cura del volume “NARKOMIN: Moisej Ginzburg and Ignatij Milinis” (Ernst Wasmuth Verlag, Berlino). Attualmente, sta scrivendo un libro sulle avanguardie sovietiche nell'epoca staliniana. È corrispondente del Giornale dell’Architettura dal 2003.

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 386 times, 1 visits today)
Share
Last modified: 20 Luglio 2015