Intendiamoci subito sul significato del termine cultura. Perché, se per cultura consideriamo la gestione del territorio, e della città, allora la riflessione porta a conclusioni non entusiasmanti. Dentro la città «storica», dal dopoguerra in avanti, la memoria, i colori, le forme, il calibro delle strade, le altimetrie, la tutela degli edifici e del sistema urbano ha visto danni irreparabili che, indirettamente, una bella mostra alla Fondazione Cassa di Risparmio (Parma: immagini della città dal Ducato allUnità dItalia, conclusa a febbraio) ha rammentato. Che ne è di Via Mazzini, che ne è del sistema Pilotta collegato a quello del Petitot e del Bettoli, che ne è dellarea storica medievale e poi verdiana presso la stazione ferroviaria? Per non parlare adesso, davanti alle penose vicende del Comune, di un paio di ponti discutibili, di una pianificazione urbanistica a nord dissolta e di troppo altro. Per la provincia stiamo meglio anche se, in alcuni grossi centri, come Borgotaro e Berceto, ma non solo, alcune effrazioni del sistema urbano sono irrimediabili. Il territorio della provincia invece è stato meglio difeso. Se per cultura, poi, intendiamo quella delle «Arti», il discorso è diverso. È chiara a Parma, nei decenni del dopoguerra, una frattura fra pubblico e privato e fra temporaneo e stabile. Dopo la ricostruzione del sistema dei musei e della biblioteca per decenni laccento è stato posto sugli «eventi», vicende temporanee che hanno avuto, in diversi casi, peso turistico e anche, a volte, scientifico, ma che non hanno mutato il sistema città. La collaborazione fra Università e strutture pubbliche è stata in molti casi positiva, in altri non è esistita. Ma il vero problema a Parma sono le inspiegabili duplicazioni nel campo della musica, dellarte, del collezionismo che non permettono ai singoli poli di decollare. Quanti teatri, quante raccolte pubbliche legate alle «Arti» è in grado di mantenere la nostra città? E quanto la città saprà puntare sul nuovo dialogando con modelli avanzati di riflessione e progettazione? Speriamo.
Cultura? Intendiamoci






















