firenze. «Aperte le nuove sale agli Uffizi, sono blu»: vicenda complessa ridotta a twit dai media? Il progetto «Grandi Uffizi» (dal 1964, a firma del soprintendente Bemporad) poi «Nuovi Uffizi» (dal 1995) nasce per implementare la funzionalità museale delledificio-città di Giorgio Vasari realizzato con Cosimo I de Medici committente geniale. Anche per reagire alla strage di via dei Georgofili (1993), viene indetto un concorso limitato al padiglione per luscita (quindi per un aspetto valutabile attorno al 15-20% dellimporto presunto dei lavori), già obiettivo di alcuni disegni di Giovanni Michelucci (1989). Lo vince la «loggia» di Arata Isozaki (1996), che diviene palcoscenico virtuale per oralità e inconcludenze di ogni genere, fino a non-decidere di non-farla. Intanto, per il competitor Museo del Prado a Madrid, ampliato (1998-2007) su concorso da Rafael Moneo, lintero parlamento spagnolo si pronuncia sul progetto, e lo fa allunanimità. Mentre lisola dei musei berlinese viene sistemata (1999-2010) con doppio concorso da David Chipperfield: esempio (secondo alcuni fin troppo chiaro) di british pragmatism.
Per gli Uffizi, altri accadimenti: dalla costituzione del gruppo di lavoro ministerial-consulenziale cui si deve il progetto generale ora realizzato in stralcio, alla lettera aperta della rivista «Casabella» (2000), che solleva questioni di architettura di fronte allallora ministro dei Beni culturali Giovanna Melandri. Qualche brano di silenzio, fino al ministro Sandro Bondi e al commissariamento; e la vicenda G8/Protezione civile Spa, e i risvolti giudiziari (2010) tuttora in via di chiarimento. Nonostante nomine, intercettazioni, arresti, trasferimenti ecc., ma grazie ad alcuni eroismi, il progetto «Nuovi Uffizi» diviene realtà, raro tra gli italici lavori (pubblici). Il risultato concreto di tanto travaglio invera soluzioni «altre» rispetto alla tecnica vasariana di valorizzazione dellesistente: una «lunare» (sia per il disegno, che per lesser rivestita in pietra di luna) torre distributiva è irreversibilmente realizzata in calcestruzzo dentro quello che fu residuale spazio di «tanto mirabil fabrica». Smarrita così la chance del dialogo site-specific arte/architettura, ovvero museo/paesaggio urbano, si accede alle «salette blu» ove trovano posto (attentamente ordinati con lautorevole collaborazione di Bert Meijer) i pittori stranieri dal xvi al xviii secolo: una quadreria intrinsecamente di grande interesse e indiscutibile livello. Un paragone tra la qualità materica del color blu delle salette con quella degli intonaci di Carlo Scarpa (autore, con Michelucci e Ignazio Gardella, dellallestimento delle contigue Sale dei Primitivi nel 1953-1956, vero cult museografico mondiale) può quasi ri-compendiare le Difficoltà politiche dellarchitettura in Italia di cui scrisse Giulia Veronesi (1953).
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