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Giovanni CaudoWritten by: Città e Territorio

Stazioni dei desideri

Stazioni dei desideri

Roma. Quando nelle città italiane arrivò la ferrovia, la stazione restò fuori dal centro abitato, a una certa distanza dalla piazza da dove partiva un viale, spesso alberato e diritto, che le congiungeva. È lungo tale direttrice che molte città sono cresciute. Cavour, che in un suo viaggio in Inghilterra aveva provato il treno, fu il primo a convincersi dell’importanza strategica delle infrastrutture come fattore di sviluppo e modernità, tanto da dedicargli nel 1846 il saggio Des chemins de fer en Italie. Fu così che tra il 1861 e il 1869 la rete ferroviaria italiana passò da 2.136 km a 5.881 km. Città e stazione ferroviaria hanno rappresentato per molto tempo due opposti: una lo stare, il radicamento nella comunità; l’altra l’allontanamento, la necessità o la scelta di un posto altro dove lavorare e vivere.   Forse anche per questo la piazza del paese e la stazione restavano a debita distanza. Oggi che la città ha assorbito la stazione facendone uno dei suoi centri, riqualificare e ricostruirne una nuova implica il ripensare parti intere di città. Oggi è la stazione ferroviaria che si pone come elemento capace di suturare gli strappi della crescita urbana, di riempire quegli interstizi di suolo rimasti inutilizzati. La nuova Tiburtina intestata al conte Cavour è l’espressione di questa condizione ed è da qui che si può dire del suo rapporto con la città. La ferrovia, il fascio dei binari, si restringe e libera il suolo per nuove centralità direzionali. L’edificio viaggiatori si è trasformato in una sequenza di percorsi urbani, di piazze, di ambienti di sosta e consumo. La città è anche dentro la stazione che è sospesa su un ponte di circa 300 m; si deve salire per arrivare alla città-stazione, dove flussi di passanti e viaggiatori scorrono secondo direzioni che s’intrecciano trovandosi così immersi in uno spazio in cui stare e partire non sono più in alternativa. La sospensione eterotopica dello specchio (mi vedo lì ma so di essere qui), diventa la sensazione prevalente e i grandi spazi, le scale mobili, la facciata a vetri dietro la quale passano i treni o gli spazi sospesi in capsule verdi posti sempre più in alto, definiscono i concreti limiti di questa sensazione. Ma il cantiere della Tiburtina è ancora aperto e bisogna allora immaginare quello che ci sarà, 160.000 mq di nuove superfici utili per nuovi insediamenti immobiliari (l’equivalente di 5 edifici da 20 piani di 1.600 mq) da realizzare nelle aree lungo il fascio di binari, verso Pietralata. Lì insisterà anche il tracciato della nuova circonvallazione interna che dal Verano fino a Batteria Nomentana supererà il fascio dei binari allontanandosi finalmente dalle case per lasciare il posto a viali alberati, a piste ciclabili e al traffico locale. I lavori sono ormai abbastanza avanti, il nuovo tracciato dovrebbe essere inaugurato il 21 aprile, il compleanno di Roma. E poi c’è la questione del piazzale est, ancora intasato dalla tangenziale che lì è soprelevata e si frappone tra l’ingresso della nuova stazione e il piazzale delle Crociate. Il piano di assetto generale ne prevede l’abbattimento così da avvicinare l’ingresso al quartiere. Dalla parte opposta, verso ovest, c’è il comparto direzionale di Pietralata raggiungibile con il previsto prolungamento del percorso pedonale dell’edificio stazione. Il comprensorio è l’unico residuo del Sistema direzionale orientale che dovrebbe ospitare uffici pubblici per 218.000 mq di superficie utile. Un accordo del 2003 li assegna al ministero dell’Ambiente, all’Istat, alla Provincia di Roma e all’Università La Sapienza. Sommando le diverse parti si ottiene il più ampio (oltre 62 ettari) e complesso progetto di ristrutturazione urbana avviato a Roma, le cui conseguenze toccano la zona Est, quella che nella seconda metà del secolo scorso ha rappresentato la direttrice di crescita e di maggiore sviluppo della città. Nella nuova Tiburtina si fermeranno i treni dell’Alta velocità; per il momento sono solo 18 al giorno quelli che non proseguono più verso Termini. Presto si porrà il problema della prima (ex?) stazione di Roma e del suo ruolo urbano se il flusso dei passeggeri, come sembra, si ridurrà. Un vasto e complesso intervento che avrà conseguenze su tutta la città. La nuova Tiburtina Cavour è solo un pezzo di questo ridisegno che però rischia di restare monco nelle sue ambizioni urbane se tutti i tasselli, compresi i più lontani, non andranno al posto giusto. Anche perché, in fondo, per prendere il treno o la metro non è necessario salire sulla stazione- città: con i sottopassaggi della vecchia stazione, il percorso è più diretto e breve.

15 novembre 2011

15 novembre 2011

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Autore

  • Giovanni Caudo

    Nato a Fiumefreddo di Sicilia (1964), è architetto e professore associato di Urbanistica presso il Dipartimento Architettura dell’Università degli Studi “Roma Tre”, dove svolge attività didattica nel corso di laurea in Scienze dell’Architettura e nel dottorato. Dal luglio 2013 all’ottobre 2015 è stato assessore alla Trasformazione Urbana di Roma capitale. Svolge attività di ricerca sulla condizione urbana contemporanea studiata attraverso le forme dell’abitare e la nuova questione abitativa. A questo tema ha dedicato ricerche su aspetti specifici, sia in ambito nazionale (Territori post-metropolitani come forme emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità; Housing Italy, Padiglione Italiano all’11° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia), sia internazionale (Inclusionary housing: a comparative international analysis, Lincoln Institute of Land Policy, Cambridge Mass.) e soggiorni di studio presso l’University College di Londra. Socio della Società italiana degli urbanisti e membro della giunta, è stato rappresentante nazionale eletto dell’Associazione europea delle scuole di pianificazione (AESOP)

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Last modified: 21 Luglio 2015